Sostenibilità e zero sprechi nell’industria: ideale o realtà?
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Sostenibilità e riduzione dello spreco sono due tematiche che quotidianamente e in modo omnidirezionale sono oggetto di discussioni, valutazioni e approfondimenti. Spesso queste argomentazioni si concludono con molti buoni propositi da cui potrebbero nascere idee valide; tuttavia, accade soventemente che le discussioni portino a un “nulla di fatto” o peggio, i buoni propositi rimangano inattuabili o ci si nasconda dietro un “non si può fare”. In particolar modo nel settore industriale, l’utilizzo del vocabolo “sostenibile” viene molte volte utilizzato come sinonimo di “futuristico” e “modernizzato” ma di rado questo concetto rispecchia una giusta coerenza con ciò che viene realmente fatto.
Per meglio approfondire questa tematica abbiamo interpellato 5RZero Sprechi, un’associazione che si adopera nel quotidiano per promuovere la sostenibilità e cinque importanti aspetti ad essa legati: riduzione, riuso, riparazione, riciclo e recupero. E, poiché la sostenibilità e la riduzione degli sprechi è particolarmente importante in ambito industriale, abbiamo coinvolto anche due realtà nel campo dell’energia e dei sistemi di alimentazione: GP e Sparq, due aziende facenti parte del Gruppo Cebon.
La chiacchierata ha voluto richiamare l’attenzione su numerose sfumature e pensieri, talvolta comuni, fra coloro che promuovono la cultura green e chi invece si impegna quotidianamente per produrre con un minore impatto ambientale possibile. Francesca Callegari – Go to Market manager GP, Marco Migliorati – Coordinatore Strategie e Referente di Zero Waste Italy sezione Lombardia e Luca Negri Sales Manager Sparq, hanno disegnato l’attuale scenario secondo il loro punto di vista.
Qual è l’approccio di Zero Sprechi con le aziende che offrono il loro contributo nel perseguimento degli obiettivi? E le aziende come si rapportano con questa filosofia?
Migliorati: 5R Zero Sprechi (5R ZS ndr) va a incontrare le realtà sul campo, lì dove si scambiano varie opinioni, pensieri, visioni e ci si confronta sugli obiettivi; in questo modo è possibile conoscersi in modo più approfondito. Cerchiamo di scovare aziende in base al loro operato, e alle idee che mettono in pratica oltre a quelle ritenute eccellenze per il lavoro legato all’ambiente. Un esempio sono le aziende che producono materiali e prodotti innovativi monouso a bassissimo impatto ambientale; qui 5R ZS verifica l’autenticità e se vi è coerenza fra ciò che dichiarano di fare e ciò che fanno. Capita anche che siano le aziende a cercarci per chiedere consiglio, ad esempio su come gestire le abitudini interne per creare una consapevolezza aziendale in fatto di sostenibilità e spreco. L’approccio che hanno oggi le aziende verso il green è un aspetto abbastanza complesso e non privo di trappole, perché è molto facile cadere nel green washing. E dobbiamo prestare attenzione anche noi, poiché capita che alcune associazioni, come la nostra, siano cadute in questa trappola, e siano state usate dalle aziende come “bandiera” del green. Il concetto di sostenibilità è ancora oggi fortemente influenzato dal significato che ognuno di noi dà a questo termine. Purtroppo stiamo constatando ancora molta confusione e una percezione non sempre corretta di quale sia il vero significato.
Sostenibilità è una parola che ultimamente è un po’ troppo utilizzata, sia dai media che dalle aziende. Quasi un termine “cool” per cercare di distinguersi. Qual è il vostro parere in merito?
Migliorati: Come detto, la sostenibilità, per diventare effettiva, va inserita in maniera coerente e costante nella nostra cultura del vivere quotidiano. Per quanto riguarda le aziende è proprio la coerenza che guida le migliori iniziative: trovo corretto che aziende ed enti utilizzino il tema sostenibilità a scopi promozionali ma a patto che vi siano in campo iniziative reali e che non si nasconda dietro ancora una volta il green washing. 5R Zero Sprechi si è imbattuta spesso in casi dove vi è stata una libera interpretazione del significato di sostenibilità. Un esempio tipico è quello in cui viene ripulita un’area urbana o un parco. Per molti un’azione di questo tipo rientra nelle best practice della sostenibilità che seppur lodevoli iniziative restano pratiche a sé stanti e che con la sostenibilità hanno poco a che fare. Piuttosto un’azione di questo tipo andrebbe sfruttata per capire quali rifiuti possono essere rigenerati, sensibilizzare le persone e diffonderne la cultura altrimenti resta solo un’operazione sensazionalistica per ottenere visibilità. 5R ZS è a disposizione per far comprendere ad aziende, enti e amministrazioni locali quali possono essere i materiali di cui si può fare a meno: posso fare l’esempio del plastic free, non basta ripulire un posto dalla plastica bensì occorre sensibilizzare il consumatore a non utilizzarla più. Come? Sostituendo le bottigliette di plastica e i bicchieri con la borraccia, le tazze di vetro o ceramica, ecc…. altrimenti il plastic free è inutile se viene immessa materia nuova. L’indice di Single Use Plastic italiano si discosta molto da quello europeo non solo per la plastica ma anche per la bioplastica. La bioplastica è infatti ricavata per la maggior parte dal mais e non rappresenta quindi un modo molto sostenibile di produrla poiché si sta spostando la risorsa dal petrolio ai campi di coltivazioni. E sempre in tema plastica, anche quella monouso lavabile sebbene lo sia fino a dieci volte, ha dei limiti, poiché difficilmente vediamo sciacquare un bicchiere del caffè oppure piatti posate e bicchieri utilizzati per una festa.
Callegari: Benché io sia arrivata di recente in GP, ciò che ho potuto constatare è che in questa società, parte del Gruppo Cebon, vi è un approccio decisamente orientato al mettere in pratica ciò in cui si crede. Ho potuto apprezzare come questa realtà si ponga innanzitutto obiettivi tangibili e in particolar modo misurabili, pur tenendo conto che i prodotti GP al giorno d’oggi non rappresentano un livello di sostenibilità al 100%. Questo non è un problema da poco ma ciò non significa che non ci siano soluzioni attuabili. GP sta conducendo numerosi studi e ricerche per andare a eliminare tutti gli ostacoli e modificare i processi affinché sia possibile raggiungere un livello decisamente più alto di sostenibilità per le batterie. In GP lavoriamo sempre con coerenza, in primis verso gli obiettivi dello sviluppo sostenibile come anche verso la riduzione degli sprechi, sia della materia che dell’energia, attraverso il continuo studio e l’ottimizzazione delle risorse tramite molta R&D. In questo modo è possibile individuare, lungo tutta la filiera produttiva e non soltanto all’interno di uno o più stabilimenti, dove è possibile fare a meno di qualcosa, eliminare ciò che può essere sostituito da processi meno impattanti. Eliminare l’inutile significa anche rinnovare e innovare, rivoluzionando il proprio modo di produrre. Un esempio concreto e tangibile di GP è l’impegno volto alla sensibilizzazione sull’uso delle batterie ricaricabili, per consentire meno spechi e ridurre i rifiuti come anche le confezioni delle batterie, ripensate per avere un impatto zero: abbiamo infatti adottato confezioni prodotte con carta riciclata, senza plastica e abbiamo posto particolare attenzione anche agli inchiostri utilizzati per la stampa, i quali non hanno alcun tipo di impatto ambientale. Adottare un approccio coerente è quindi possibile anche se, come abbiamo visto, comporta molti sforzi per cambiare lo stato delle cose, e perché il significato “sostenibile” non cada ancora una volta nel peggior Green Washing, situazione che sentiamo spesso….
Negri: Aggiungo a quanto detto da Francesca, sottolineando il concetto che, sebbene la batteria in sé non sia un prodotto così sostenibile, esiste l’approccio giusto per dare l’impulso verso un impatto molto più contenuto: mi riferisco al discorso delle pile ricaricabili. Scegliendo l’opzione ricaricabile rispetto a quella alcalina, quindi l’usa e getta, si può essere molto più sostenibili. Più che una tendenza è una convinzione quella di pensare che la batteria ricaricabile sia meno impattante rispetto all’alcalina, ma è davvero così? Proviamo a considerare tutti i fattori in gioco che riguardano le due tipologie, partendo dalle materie prime e ciò che implica per l’estrazione e la lavorazione, l’energia per produrre una e l’altra e la quantità per smaltirle ed estrarre nuovamente la materia. Sappiamo che una batteria ricaricabile equivale più o meno a 500 del tipo usa e getta. Con questo dato è chiaro che le quantità di materie ed energia siano decisamente sproporzionate e a sfavore dell’alcalina. Nonostante la ricaricabile richieda l’energia per la ricarica, cosa che all’alcalina non serve, alla fine del ciclo di vita delle due batterie avremo da smaltire 500 alcaline contro una sola batteria ricaricabile. A questo punto l’energia per estrarre e rigenerare i materiali sarà ben superiore a quella utilizzata per la ricarica dell’altro tipo di batteria.
È evidente quanto sia importante la coerenza delle scelte e in quanto all’operato di Sparq, totalmente dedicata all’ambito dei sistemi di accumulo di energia verde, posso affermare che si impegna concretamente ed effettua investimenti nelle società che sviluppano l’utilizzo di questi sistemi in maniera sostenibile. Inoltre, attraverso la ricerca di sostanze a basso o bassissimo impatto ambientale, non tossiche, sviluppiamo prodotti come il super condensatore progettato con Ligna, per il quale sono state utilizzate materie prime naturali, derivanti dagli scarti della lavorazione del legno. Sparq quindi utilizza la propria esperienza per trovare soluzioni energetiche, anche scalabili, ma che siano sempre contraddistinte da una sostenibilità più elevata possibile. Per quanto riguarda il nostro Paese devo dire che la sensibilità verso il sostenibile è ancora relativamente bassa, e lo dico confrontando il livello della nazione di origine del Gruppo Cebon: la Svezia. Sono fermamente convinto che ancora prima delle best practice verso questa direzione, deve essere promossa la consapevolezza e la cultura, e uno dei compiti più importanti di Sparq è proprio la diffusione della cultura, sia di ciò che è sostenibilità sia per quanto riguarda la riduzione di sprechi e la costruzione di un pensiero comune che guardi sempre all’impatto ambientale.
La riduzione degli sprechi riguarda qualsiasi ambito, dalla vita di tutti i giorni fino ad essere contemplata nelle best practice industriali. Qual è la percezione di Zero Sprechi e quali invece sono i punti di incontro fra GP, Sparq e Zero Sprechi?
Migliorati: La mission di queste tre realtà, GP, Sparq e 5R ZS, va verso la stessa direzione, con molteplici condivisioni di vedute. Posso fare esempi di progetti come quello di Bosco Futuro portato avanti con Sparq, come anche la filosofia GP, che sposiamo appieno, riguardo al ricaricabile. E a questo proposito posso sottolineare come tempo fa per le nostre fototrappole utilizzavamo le normali pile alcaline, constatando la quantità di esauste prodotte. Con le ricaricabili invece abbiamo fatto decisamente un salto verso la vera sostenibilità, anche perché vengono ricaricate attraverso i pannelli solari, quindi, è a tutti gli effetti energia 100% pulita. Oltretutto, come spiegato da Luca, questo va anche a influire sulla riduzione dei rifiuti da smaltire. E in tema smaltimento e rigenerazione, 5R ZS sta promuovendo un progetto attivo, denominato Terre Rare, in collaborazione con il Jane Goodall Institute, da anni impegnato nel promuovere il riciclo dei telefoni cellulari. Lo scopo di questo progetto è sia sociale che ambientale e mira a ridurre l’accumulo di rifiuti tossici, la domanda di coltan, tantalio e altri minerali ed elementi che possono invece essere estratti dai vecchi dispositivi non più utilizzati. Questa iniziativa vuole sensibilizzare il consumatore incentivandolo alla riparazione di un dispositivo prima di buttarlo, come l’acquisto di uno rigenerato, limitando la richiesta di nuovi apparecchi, materie prime ed energia per produrli.
Callegari: Purtroppo devo dire che le cose non stanno andando proprio per il verso giusto; secondo gli ultimi rapporti della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e Italy4Climate, siamo in una fase di flessione per quanto riguarda l’utilizzo delle batterie ricaricabili e, come se non bastasse, è anche peggiorata la quantità di batterie conferite verso i luoghi preposti per lo smaltimento. A questo punto è necessario che i player di questo settore si impegnino maggiormente per sensibilizzare e incentivare il consumatore finale a comprendere l’importanza di un corretto smaltimento delle batterie. Esistono diverse informazioni e indicazioni su come smaltirle correttamente, tuttavia lo scarso conferimento è da imputarsi al fatto che i consumatori sono un po’ pigri…. Inoltre, quanti sanno dell’esistenza di luoghi preposti per il conferimento delle batterie esauste, come per i RAAE? E quanti sanno ad esempio che una lampadina a Led non va gettata nel rifiuto domestico ma anch’essa conferita con i RAAE?
È proprio su questi importanti punti che occorre sforzarsi, per valorizzare al massimo il recycling e cercare di chiudere la filiera, da prodotto a materia estratta dall’esausto. Per quanto riguarda GP, questa è una delle azioni che stiamo mettendo in campo in collaborazione con alcune associazioni attraverso differenti attività.
Negri: Parliamo di educazione della persona facendo un esempio: per tutti i teenager di oggi la borraccia non è più ciò che poteva essere la moda di qualche tempo fa ma la normalità. Proviamo a considerare invece quando molti anni prima le bottigliette di plastica facevano da padrone. Funziona proprio così poiché i grandi cambiamenti richiedono comunque del tempo, non è possibile passare da un’abitudine all’altra, dall’oggi al domani. Per il discorso batterie sarà lo stesso meccanismo a far cambiare le consuetudini e la consapevolezza. Un altro aspetto che avrà forte impatto sono le normative: le direttive UE metteranno al bando nel 2030 le batterie usa e getta lasciando fruibili soltanto le ricaricabili. Questo significa che, consapevolezza e sensibilizzazione o meno, coloro che non sono in grado di muoversi oggi verso questa direzione dovranno per forza munirsi di strumenti per farlo. Ribadisco che è tutto un ciclo evolutivo facendo una considerazione: proviamo a pensare a tutto ciò che è cambiato dagli anni del boom economico dove tutto era novità. Nel corso dei decenni siamo arrivati a determinare che molte innovazioni presentavano alcune criticità in relazione agli scenari e alle esigenze, ad esempio il PVC sostituito dal PET. Concludo sul tema batterie che stiamo parlando della questione di adeguamento verso una situazione che con tutta probabilità per il discorso sostenibilità sarà la più corretta.
Quando si parla di spreco non si può non pensare solo all’ambito energia. Parliamo di spreco di energia, ma anche di risparmio, sia a livello produttivo che di fornitura. Nel caso di GP e Sparq come si coniuga l’uso di energia per produrre gli strumenti che la forniscono?
Callegari: La percezione attuale è che il consumatore presenti ancora una certa mancanza di lungimiranza poiché la tendenza è quella di scegliere ancora le batterie primarie. Molto probabilmente il motivo di questa scelta è da ricercarsi nel bisogno immediato e vi è ancora una certa diffidenza nell’ambito del ricaricabile dovuto ad alcune convinzioni spesso errate. Qui voglio fare una considerazione: le attuali batterie ricaricabili hanno una tecnologia ben lontana da quella a cui eravamo abituati molti anni fa. Il bisogno di carica iniziale prima dell’utilizzo è una prassi che non esiste più perché oggi qualsiasi batteria GP viene fornita carica. Fra l’altro queste batterie sono in grado di mantenersi cariche se non utilizzate per lunghi periodi. Nel caso delle batterie Recyko questo periodo può arrivare fino ad un anno. Vi è ancora quindi una mancanza di consapevolezza nel poter quindi utilizzare una batteria ricaricabile come se fosse una usa e getta. Se consideriamo che una ricaricabile ReCyko può essere ricaricata fino a 500 volte per l’uso domestico, e fino a 1500 volte per l’uso professionale, si fa presto a capire dove sta il vero risparmio, sia per l’ambiente che per il portafogli.
Negri: Per quanto riguarda Sparq mettiamo in pratica ogni opportunità per cercare di sfruttare al meglio tutte le energie disponibili. Facco l’esempio di quello che probabilmente rappresenta la più grossa criticità ovvero la ricarica degli EV. Le ultime statistiche di vendita nazionali (ma non solo) riguardo questi veicoli sono abbastanza allarmanti poiché i numeri registrati sono ben lontani da quelli previsti dalle stime. Ciò è dovuto a svariati motivi che possono essere imputati al prezzo elevato, alla scarsità di infrastrutture per la ricarica, i costi manutentivi, l’autonomia per ricarica, ecc. Prendiamo in esame l’aspetto forse più delicato ovvero le infrastrutture per le quali occorrerà generare una quantità di energia che va ben oltre quello che si è abituati a pensare. Infatti già oggi non siamo in grado di far fronte alla richiesta di energia per le utenze normali, basti pensare ai black out estivi dovuti al sovraccarico di climatizzatori in funzione. Per cercare di ovviare in qualche modo, è stata studiata una soluzione che consiste nell’inserire i pacchi batteria usati all’interno delle colonnine di ricarica: in questo modo i pacchi saranno destinati all’accumulo di energia da rilasciare durante i picchi di richiesta dalla rete. Sparq sta già lavorando anche verso questa direzione collaborando con alcune società per rendere implementabile questa soluzione. La direzione di Sparq ma anche quella di GP è quella di massimizzare l’utilizzo del ricaricabile nell’ambito del mercato, sia per quanto riguarda il NiMH che il Li-ON.
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