Sistemi di gestione ambientale..

Pubblicato il 16 gennaio 2002

Le spinte del mercato

Chiariti i termini del problema e presentate, sia pur sinteticamente, le principali motivazioni che possono condurre un’azienda ad adottare un sistema di questo tipo, è necessario però comprendere come il mercato valuta questi nuovi strumenti di garanzia delle prestazioni ambientali.
Le grandi imprese, e in special modo le multinazionali, hanno avviato un processo che porterà nel breve periodo alla certificazione del sistema di ecogestione di ogni sito produttivo ubicato nei paesi più sensibili al tema della tutela dell’ambiente. Ma i grandi gruppi industriali non si limiteranno a questo primo, anche se importante, passo. Il timore di essere accusati di esternalizzare le fasi di lavorazione “più sporche” o di trasferire le produzioni ad elevato impatto ambientale nelle regioni del mondo meno attente alle questioni ecologiche, comporterà di fatto due conseguenze: da un lato, verrà richiesto ai “terzisti” ed ai fornitori – anche se in una prima fase solo a quelli “strategici” – di offrire garanzie di correttezza ambientale attraverso la certificazione del loro sistema di gestione; dall’altro, si metteranno in opera tali sistemi anche nei luoghi di produzione più remoti.
Si è dunque innescato un circolo virtuoso destinato a coinvolgere migliaia di imprese, anche di piccole e medie dimensioni, operanti in ogni settore. Il rispetto dell’ambiente è, infatti, destinato a diventare un elemento di valutazione dei fornitori e quindi un terreno sul quale è necessario acquisire un vantaggio competitivo. Ma le aziende italiane sono pronte a raccogliere questa nuova sfida?

La situazione italiana

Ridurre in modo significativo l’impatto ambientale di un’attività produttiva non è certo un’operazione semplice: la corretta analisi degli effetti ambientali del processo produttivo, l’individuazione degli interventi necessari ad ottimizzare le diverse fasi di lavorazione, l’introduzione di nuove tecnologie più rispettose dell’ambiente richiedono competenze ed esperienze non sempre presenti nelle imprese di piccole e medie dimensioni. Queste ultime, è opportuno ricordarlo, costituiscono oltre l’80% delle imprese operanti nel nostro paese, e la piccola dimensione, non favorendo la definizione di strutture organizzative precisamente stabilite, la chiara e univoca attribuzione delle responsabilità, e la progettazione di un’adeguata strutturazione del flusso documentale, rende problematica l’introduzione di sistemi di gestione della Qualità o dell’Ambiente.

Ma, paradossalmente, non è questo il maggiore ostacolo che si incontra lungo il cammino che porta ai sistemi di gestione ambientale: nel nostro paese il vero ostacolo è rappresentato dalla complessità, dal carattere provvisorio, dalla contraddittorietà e dalla mancanza di visione strategica che affligge la legislazione ambientale. Le piccole e medie imprese faticano a raggiungere l’obiettivo minimo costituito dal rispetto della normativa vigente, per questo la sfida ambientale rischia di essere molto pericolosa per il sistema Italia.
I fattori citati, e nel caso di EMAS anche il ritardo nella definizione degli organismi deputati a gestirne l’applicazione in Italia, hanno reso il processo di diffusione degli strumenti di gestione ambientale meno rapido rispetto a quanto è avvenuto in altri Paesi europei. I dati relativi alla diffusione di EMAS sono estremamente significativi al riguardo (tabella 1) e, allo stesso modo, il numero di certificazioni di sistemi di gestione ambientali conformi a ISO 14001 non disegna una situazione radicalmente diversa.
Le valutazioni sul processo di diffusione di questi strumenti spesso sono fondate sull’indicatore costituito dall’incremento, in termini assoluti o percentuali, delle aziende certificate e dei siti registrati o, nei casi migliori, sul rapporto tra il numero di certificazioni e gli abitanti di ogni nazione.

Questo approccio, che tende a enfatizzare i risultati ottenuti e le prospettive di sviluppo, pur essendo parzialmente giustificato dalla necessità di promuovere l’adozione dei sistemi di gestione ambientale, non sembra essere del tutto corretto. Meglio sarebbe, infatti, utilizzare indicatori in grado di valutare non tanto il numero delle imprese certificate o registrate quanto piuttosto la significatività delle medesime nell’ambito del settore d’appartenenza in termini, ad esempio, di fatturato o di valore aggiunto generato. Introducendo grandezze di tipo economico nella valutazione dell’attuale livello di diffusione dei sistemi di gestione ambientale le prospettive tenderebbero ad apparire meno rosee, mostrando come il percorso di coinvolgimento delle piccole e medie imprese nel processo di progressivo miglioramento delle prestazioni ambientali richieda ancora sforzi, e investimenti, tutt’altro che trascurabili. Anche in presenza di innovazioni significative quali quelle introdotte dalla nuova edizione del regolamento comunitario, infatti, la diffusione dell’informazione in merito ai vantaggi associati agli strumenti di carattere volontario continua ad avere una funzione decisiva.