Sersys Ambiente, azienda di Rivoli (Torino) specializzata nell’offerta di servizi ambientali, ha avviato le procedure di autorizzazione per la realizzazione di due impianti di produzione di biometano da frazione organica del rifiuto solido urbano nei comuni di Civitavecchia e Gricignano d’Aversa (Caserta).
Per l’azienda si tratta dei primi investimenti nel campo delle energie rinnovabili e del biometano in particolare. La potenzialità complessiva prevista per i due impianti è di 230.000 tonnellate/anno, di cui 190.000 tonnellate di rifiuti organici provenienti principalmente dalle raccolte differenziate dell’umido e 40.000 tonnellate provenienti dalla manutenzione del verde. L’investimento previsto sul territorio è di circa 80 milioni di euro per entrambi gli impianti, che saranno gestiti dalle società Ambyenta Lazio e Ambyenta Campania, controllate da Sersys Ambiente.
“Le due richieste di autorizzazioni costituiscono il primo passo di una più articolata strategia di investimento di Sersys Ambiente nel campo delle energie rinnovabili e del biometano, in particolare” ha evidenziato Marco Steardo, AD di Sersys Ambiente. “Attraverso la costituzione di nuove realtà sul territorio o l’acquisizione di impianti esistenti, puntiamo a diventare nel medio periodo un attore strategico nella produzione di biometano, un settore che presenta grandi potenzialità anche nel campo dei trasporti e della mobilità sostenibile e può costituire la via italiana alla decarbonizzazione”.
La realizzazione degli impianti consentirebbe a due Regioni, storicamente penalizzate da una forte carenza di impianti di gestione rifiuti, di trattare sul proprio territorio un’ampia parte dei rifiuti che oggi vengono inviati altrove per trovare adeguato trattamento. Il tutto con un impatto positivo sia economico per le amministrazioni pubbliche, sia sotto il profilo ambientale, evitando le emissioni collegate al trasporto dei rifiuti verso altre Regioni. Senza dimenticare il prezioso contributo al raggiungimento dell’aliquota di combustibili rinnovabili imposta dall’Unione Europea.
Grazie all’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, gli impianti limiteranno al minimo l’impatto sull’ambiente circostante, prevedendo la depurazione di tutti i liquidi e il trattamento dell’aria per tutte le fasi che possano generare fenomeni odorigeni, peraltro già limitati in questo tipo di impianti, rispetto ai classici impianti di compostaggio, in quanto tutti i processi avvengono al chiuso.
Le analisi effettuate non prevedono significativi impatti in termini di consumo di suolo, né sul traffico veicolare, e sarà garantita l’integrazione dell’intervento sul territorio anche attraverso misure di mitigazione. “Per promuovere una corretta e trasparente informazione relativa agli impianti, in merito alle loro caratteristiche tecnologiche e alle loro prestazioni ambientali, e favorire la partecipazione della cittadinanza” sottolinea Marco Steardo, “promuoveremo un percorso di condivisione, mettendo in campo strumenti e attività di comunicazione che faciliteranno il dialogo con il territorio”.
Dalla frazione organica al biometano
Si tratta di impianti di ultima generazione in grado di ricevere la frazione organica del rifiuto solido urbano e il verde proveniente da potature e manutenzione e sottoporle a un processo di digestione anaerobica (con tecnologia wet) tramite cui, in assenza di ossigeno e grazie a reazioni biochimiche a opera di specifici batteri, la sostanza organica viene trasformata in biogas (costituito per il 50%-60% da metano e il 30%-40% da anidride carbonica). Un successivo processo di purificazione (eliminazione di CO2, umidità e impurità) e raffinazione del biogas permette di ottenere il biometano, un prodotto ecosostenibile e fonte energetica rinnovabile.
Il biometano è di fatto un combustibile molto simile al metano naturale che sostituisce, che può essere immesso nella rete del gas (come previsto per l’impianto di Civitavecchia) o, una volta liquefatto, essere utilizzato nel trasporto (come proposto per quello di Gricignano), garantendo una mobilità a zero emissioni, interamente proveniente da fonti rinnovabili.
Il trattamento anaerobico della frazione organica da raccolte differenziate con produzione di biometano comporta, rispetto al solo compostaggio, un miglior bilancio in termini di CO2 e un recupero energetico. La CO2 recuperata sarà ceduta a società operanti nella fornitura di gas.
Ciò che resta dal trattamento anaerobico, il cosiddetto digestato, è un ottimo fertilizzante naturale in grado di sostituire la concimazione chimica di origine fossile.
Il biometano prodotto dai due impianti consentirà di risparmiare un quantitativo annuo di energia equivalente a quello prodotta da oltre 13.000 tonnellate di petrolio.
Secondo il CIB – Consorzio Italiano Biogas, l’Italia ha un potenziale di produzione di biometano pari a 10 miliardi di metri cubi. Se il biometano potenzialmente producibile in Italia fosse interamente destinato ai trasporti (come previsto dal relativo decreto incentivi) potrebbe alimentare un terzo del parco circolante con energia rinnovabile al 100%.