Residuo di farmaci: un nuovo pericolo per le acque

Pubblicato il 10 aprile 2002

La grande quantità di farmaci consumata in ogni parte del mondo pone l’industria farmaceutica tra i maggiori produttori del settore secondario. Si stima, ad esempio, che in in Germania nel 1995 siano state prescritte dai medici ai propri pazienti più di 100 ton. di farmaci (Ternes, 1998). Una stima certamente per difetto se si tiene conto del fatto che il valore indicato non è comprensivo dei prodotti acquistati senza prescrizione medica (prodotti da banco) e di quelli utilizzati in campo veterinario e come additivi nelle preparazioni alimentari per animali. Recenti stime indicano che in Europa, che detiene circa il 26% del mercato farmaceutico mondiale (Anon, 1998), vengono usati più di 2000 diversi prodotti farmaceutici (Ternes, 1998), mentre i consumi annuali stimati delle sole sostanze di tipo antibiotico sono simili per quantità a quelli di alcuni pesticidi (Hirsh et al., 1999).

In Italia i farmaci più diffusi sono quelli per la cura delle malattie cardiovascolari, seguiti da alcuni antibiotici di largo spettro e da quelle per la cura di disturbi gastrointestinali. Ad affermarlo è il Ministero della Sanità in un rapporto sulla spesa farmaceutica, che ha preso in esame 181 milioni di prescrizioni mediche consegnate a 16.000 farmacie. Nel 2000 il Servizio Sanitario Nazionale ha incrementato di 19 mila miliardi la spesa rispetto al 1999, pari al 16% in più, rispetto al 1999. Un dato allarmante per gli esperti è che tra i 17 farmaci più venduti (25% del totale) ci sono medicine costosissime e che curano malattie rare quali nanismo e insufficienza renale; tali farmaci contengono gli stessi principi attivi di prodotti dopanti, come somatropina (ormone della crescita) impiegati con fini non terapeutici dai culturisti per accrescere la massa muscolare ed agenti emopoietici utilizzati da chi pratica sport di resistenza.
La grande produzione di farmaci e nel contempo la richiesta di elevata qualità dei prodotti imposta da normative ben precise fanno sì che lo smaltimento di rifiuti per le industrie farmaceutiche sia un problema primario per i farmaci scartati al controllo di qualità sia per quelli scaduti provenienti da giacenze di magazzino; inoltre le tonnellate di rifiuti organici provenienti da queste lavorazioni (reagenti in eccesso e prodotti indesiderati) richiedono un costo di smaltimento assai elevato che grava pesantemente sul bilancio di tali aziende. Infine, la sintesi di farmaci con determinate caratteristiche di resistenza ai comuni meccanismi di biotrasformazione, per protrarre la persistenza negli organismi delle sostanze farmacologicamente attive inalterate, ha portato all’ottenimento di molecole più stabili nei riguardi dei processi di degradazione chimica e biologica con conseguente incremento nell’accumulo, persistenza e diffusione di tali prodotti nell’ambiente ed in particolare nelle acque reflue alle quali pervengono. Si tenga conto del fatto che solo una modesta percentuale dei farmaci assunti viene assimilata e metabolizzata dall’organismo, il resto viene escreto attraverso le urine e le feci (Hirsch et al., 1999) e quindi smaltita in scarichi civili. Si deve infine tener conto che, benché l’informazione sulla tossicità dei farmaci scaduti e quindi sul corretto comportamento per smaltirli sia attualmente abbastanza pubblicizzata, spesso il consumatore tiene ancora, rispetto a questa problematica, un atteggiamento “selvaggio”. Recenti studi (Ternes, 1999) hanno evidenziato che i tradizionali processi di trattamento dei reflui civili possono risultare inefficaci ai fini della mineralizzazione di tali sostanze. Mentre il grado di rimozione dei prodotti farmaceutici a media polarità oscilla tra il 60 e il 90%, le sostanze farmaceutiche ad alta polarità vengono scaricate tal quali nelle acque superficiali. Le sostanze a bassa polarità sono rimosse come fanghi dai processi depurativi e introdotte nell’ambiente mediante il processo di lisciviazione dei fanghi da parte delle acque meteoriche.
Hignite e Azarnoff (1977) hanno riportato la presenza di acido salicilico e di acido clofibrico (un anticolesterico) nelle acque effluenti dall’impianto di depurazione di Kansas City. Ternes (1998) ha identificato circa una trentina tra prodotti farmaceutici e loro metaboliti negli effluenti da impianti di trattamento in Germania in concentrazioni variabili fino ad oltre i 6 microg/litro. Ancora in Germania, è stata rilevata da Hirsch e collaboratori (Hirsch et al., 1999) la presenza di 18 antibiotici in concentrazioni di alcuni microg/litro nelle acque provenienti da depuratori municipali. Gran parte degli antibiotici trovati nello studio condotto da Hirsch è stata trovata anche in Brasile sia in uscita dagli impianti di depurazione che in vari corsi d’acqua a concentrazioni comprese tra 0,1 microg/litro e 1 microg/litro (Stumpf M. et al., 1999).

Ricerche condotte in Inghilterra fin dall’inizio degli anni ’80 hanno consentito di individuare la presenza di alcune sostanze farmaceutiche anche nelle acque naturali in concentrazioni di circa 1 microg/litro (Waggott, 1981; Watts et al., 1983; Richardson and Bowron, 1985). Questi risultati sono in accordo con quelli derivati da una più recente indagine sperimentale condotta da Stan e Linkerhager (1994) sull’acido clofibrico, trovato in fiumi ed in acque di falda a livelli di concentrazione fino a 165 ng/litro. Lo studio condotto da Ternes (1998) ha evidenziato che le concentrazioni per circa una ventina di farmaci indagati in alcuni fiumi tedeschi sono comprese tra i 0,05 e i 3 microg/litro. Valori più elevati (6 microg/litro) vengono invece raggiunti in corsi fluviali di più modeste dimensioni. Sono riportati in letteratura anche esempi di contaminazione di falde freatiche da pentobarbital (Eckel et al., 1993) e da sulfonammide (Holm et al., 1995) in seguito a trattamenti non corretti dei rifiuti ospedalieri e di industrie farmaceutiche.
In Svezia (Paxeus, 1999) e in Croazia (Ahel and Jelicic, 1999) hanno evidenziato la presenza a concentrazioni di varie decine di microg/litro di alcune sostanze di tipo farmaceutico (ibuprofen, amminopirine e fanazoni) nelle acque rilasciate da discariche municipali controllate.
Da quanto riportato in letteratura e tenuto conto della presenza di farmaci anche in zone lontane da industrie farmaceutiche, emerge che una delle principali fonti di immissione nei corpi idrici sono gli scarichi municipali trattati; tale evidenza sperimentale può essere spiegata con l’incompleta metabolizzazione dei principi attivi da parte dell’organismo utilizzatore e quindi con l’immissione tramite urine e feci di tali metaboliti nel sistema idrico locale.