Remedia: Circular Economy è futuro
Remedia presenta il primo focus in Italia sulla Circular Economy: una sfida globale per il futuro.
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In occasione del decennale, il Consorzio Remedia – fra i principali Sistemi Collettivi italiani no-profit per la gestione eco-sostenibile dei Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), pile e accumulatori esausti – ha affrontato il tema della Circular Economy durante il convegno annuale Hi-Tech & Ambiente, tenutosi a Milano, con la partecipazione del Premio Nobel Woodrow Clark.
La conferenza “L’arrivo dirompente della Circular Economy” è focalizzata sulle potenzialità dell’economia circolare, un modello strategico che mira, attraverso un’attenta progettazione di prodotti e processi, a preservare il valore dei prodotti il più a lungo possibile, eliminando il concetto di rifiuto. Nella conferenza sarà presentato il primo focus in Italia sulla Circular Economy, curato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
“Un approccio strategico all’economia fondata sul concetto di sostenibilità è fondamentale per l’Unione Europea per rafforzare la propria competitività a livello interazionale attraverso la produttività delle risorse”, ha dichiarato Danilo Bonato, Direttore Generale di Remedia. “Consorzio Remedia vuole sviluppare una visione a lungo termine per sfruttare appieno il potenziale di materie prime rinnovabili e per aumentare la capacità di innovazione del settore del riciclo. Far partire il dibattito tra esperti internazionali e manager dell’industria è il primo passo per porre questo tema al centro del piano di crescita del Paese”.
L’economia industriale europea è in una posizione di forte vulnerabilità rispetto all’approvvigionamento di alcune materie prime come, ad esempio, i metalli del gruppo del platino, l’indio, il tellurio, il cobalto e le terre rare e, per questo, l’Unione europea ha già messo in moto una serie di iniziative per ridurre i rischi legati a questo settore. Una recente indagine della Commissione Europea evidenzia una situazione fortemente a rischio con pochi Paesi che detengono la quasi totalità della produzione nel mondo. Ad esempio, l’estrazione e produzione delle terre rare è concentrata per il 90% in Cina; la stessa percentuale dei metalli del gruppo del platino è detenuta da Russia e Sudafrica; il cobalto è concentrato nella Repubblica Democratica del Congo; il neodimio viene prodotto per il 77% in Brasile. Si tratta a volte di realtà a forte rischio di instabilità politica che, oltre a una volatilità dei prezzi, potrebbero determinare in futuro un corto circuito delle forniture mentre la domanda di materiali critici è in aumento, in particolare per quelli legati allo sviluppo del mercato di prodotti ad alta tecnologia per l’industria low carbon con una crescita che potrebbe sfiorare il 10% al 2020.
“Questi elementi di rischio richiedono una valutazione attenta da parte delle imprese e, allo stesso tempo, un impegno fattivo da parte del Governo nel favorire l’affermazione dell’economia circolare”, continua Bonato.
In particolare, il settore hi-tech assorbe una quota consistente nella produzione globale di metalli per oltre 7 milioni di tonnellate consumate ogni anno con un valore economico superiore a 77 miliardi di dollari (fonte Fondazione Ellen MacArthur) .
In questo contesto, il riciclo rappresenta una delle chiavi per poter introdurre il concetto di economia circolare anche in Europa. Dai Raee, ad esempio, è possibile ricavare materie prime seconde strategiche da reimmettere nel ciclo produttivo disegnando così un metabolismo industriale capace di consentire ai materiali di mantenere il loro status di risorse e di guadagnare qualità nel tempo.
La costruzione di un’economia circolare creerebbe vantaggi sia dal punto di vista ambientale – alleggerendo la pressione prodotta dalla progressiva espansione delle miniere, delle trivellazioni, della trasformazione dei suoli – sia delle imprese: il potenziale di risparmio globale per l’industria europea che nascerebbe dall’uso di risorse vale 630 milioni di euro all’anno, con un possibile aumento del Pil fino al 3,9% e una riduzione dei flussi netti di materiali del 17-24% entro il 2030. Inoltre, l’eliminazione dei rifiuti dalla catena industriale e la riutilizzazione dei materiali consentirebbero di risparmiare sui costi di produzione e gestione del rifiuto.
“Mentre l’economia tradizionale guarda all’ambiente come a una voce di costo, nell’economia circolare l’abbattimento dell’impatto ambientale diventa un vero e proprio vantaggio competitivo”, spiega Bonato.
Sempre secondo le stime della Fondazione Ellen MacArthur, per i prodotti industriali complessi, l’economia circolare nell’Ue offre un’opportunità di riduzione netta dei costi annuali dei materiali pari a 340-380 miliardi di dollari in uno scenario intermedio, mentre arriva a 520/630 miliardi di dollari nello scenario di transizione avanzata. Questa stima corrisponde al 3-3,9% del Pil Dell’Ue nel 2010.
Per quanto riguarda i beni di largo consumo, il risparmio a livello globale potrebbe arrivare fino a 700 miliardi di dollari all’anno pari all’1,1% del Pil mondiale 2010; cifre che rappresentano circa il 20% dei costi sostenuti per l’approvvigionamento dei materiali.
Inoltre, l’introduzione dell’economia circolare consentirebbe la mitigazione della volatilità dei prezzi dei metalli, tendenza destinata ad accentuarsi entro il 2030 con l’arrivo sul mercato di 3 miliardi di nuovi consumatori appartenenti alla classe media e con la progressiva crescita del tasso di urbanizzazione. Ad esempio, per l’acciaio i risparmi globali netti potrebbero superare i 100 milioni di tonnellate di minerale di ferro nel 2025. Secondo le stime della Ellen MacArthur Foundation, anche per i metalli in cui c’è già un buon tasso di riciclo, si possono ottenere benefici consistenti diminuendo le perdite causate dal mancato recupero dei prodotti arrivati al termine del loro utilizzo (52 miliardi di dollari per il rame, 34 miliardi di dollari per l’oro, 15 miliardi per l’alluminio, 7 per l’argento).
“Prezzi delle materie prime più stabili, tassi più alti di sviluppo tecnologico grazie all’eco-innovazione, produttività e qualità ambientale del suolo, resilienza e occupazione sono alcuni dei benefici che la penetrazione sensibile dell’economia circolare può portare all’Europa. In particolare, per quanto riguarda le industrie di rigenerazione e riciclo rappresentano già un milione di posti di lavoro in tutto il mondo. Lo sviluppo di questo nuovo modello economico porterebbe una vigorosa crescita di questi numeri”, conclude Bonato.
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