Nuovi contaminanti nelle acque

Pubblicato il 12 maggio 2002

Nei paesi industrializzati, la trasformazione della materia prima e la fabbricazione di prodotti chimici industriali e di derrate alimentari, hanno conosciuto uno sviluppo sensibilmente superiore a quello della densità di popolazione. L’attività dell’uomo ha, da una parte, accelerato il flusso delle materie dai loro giacimenti naturali (ad esempio alcuni metalli pesanti), dall’altra ha favorito l’immissione nell’ambiente di una grande quantità di prodotti chimici industriali. Questo fenomeno ha influenzato gli ecosistemi e messo in pericolo la salute dell’uomo. Si conoscono oltre 5 milioni di composti di cui 2,4 milioni appartengono alla specie animale e 0,4 a quella vegetale. Nel 1981 fu compilato l’Inventario Europeo delle Sostanze Chimiche Esistenti (Einecs), comprendente oltre 100 mila voci (Commissione Europea, 1990). Secondo le stime, quelle commercializzate attualmente sono tra le 20.000 e le 70.000. Le sostanze nuove introdotte ogni anno sul mercato sono diverse centinaia. La produzione complessiva di sostanze chimiche nei Paesi dell’Unione Europea è passata da 1 milione di tonnellate nel 1930 a 400 milioni di tonnellate al giorno d’oggi. Per 10.000 la commercializzazione in termini di volume supera le 10 tonnellate, mentre circa 20.000 raggiungono quantitativi compresi tra 1 e 10 tonnellate. Pur disponendo di dati insufficienti sulle emissioni, si può affermare che la presenza di sostanze chimiche è ampiamente diffusa in tutte le matrici ambientali, compresi i tessuti animali e umani. In un ecosistema naturale, infatti, le possibilità che composti chimici e organismi possano interagire risultano infinite, se si tiene conto anche delle modifiche che avvengono a livello delle sostanze naturali. L’EPA negli anni ‘70 predispose un elenco di 139 sostanze chimiche (114 organiche) che, data la loro pericolosità per l’ambiente, dovevano avere priorità nello studio delle loro caratteristiche. Queste sono successivamente state inserite nelle diverse legislazioni sia americane che europee.

Il grado di pericolosità di molte di queste sostanze chimiche continua a essere difficilmente valutabile per la mancanza di conoscenze riguardo la loro concentrazione e come circolano e si accumulano nell’ambiente, con conseguenti effetti sull’organismo umano e su altre forme di vita. La CEE emanò nel 1976 una direttiva (76/464/CEE) concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico, con due elenchi di possibili gruppi di sostanze tossiche da eliminare o ridurre. Altre direttive, peraltro recepite nella nostra legislazione, in materia di scarichi industriali di sostanze pericolose nelle acque (82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 88/347/CEE e 90/415/CEE) o della loro protezione (80/68/CEE), riprendono gli elenchi sopra citati ed indicano altresì i valori limite e le norme di emissione. A partire dal 1994 sono stati formulati alcuni elenchi di sostanze prioritarie, che richiedevano un’attenzione immediata, al fine di controllarne e valutarne i rischi. Il primo elenco è contenuto nel regolamento (CE) n. 1179/94, il secondo nel regolamento (CE) n. 2268/95, il terzo nel regolamento (CE) n. 143/97 ed il quarto nel regolamento (CE) n. 2364/2000. Tutte queste sostanze sono state prese in considerazione per la stesura della direttiva quadro in materia di acque, 2000/60/CE. In attuazione di questa direttiva è in discussione una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio (COM, 2001), relativa all’istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque, comprese quelle individuate come “sostanze pericolose prioritarie”. Tale elenco sostituisce quello dell’allegato della direttiva 76/464/CEE sopra ricordata. Si tratta di 32 sostanze o gruppi di sostanze che vengono proposte come “sostanze prioritarie”: 11 rientrano tra le “sostanze pericolose prioritarie” e 11 tra le sostanze prioritarie oggetto di riesame. Per le altre 10, che risultano pericolose ai sensi della Direttiva 67/548/CEE sull’etichettatura, non è dimostrato che risultino tossiche, persistenti ed accumulabili. Per le sostanze incluse nell’elenco di priorità è prevista la progressiva riduzione o la graduale (entro 20 anni) chiusura di scarichi, emissioni e perdite. L’elenco delle sostanze prioritarie, pur non esistendo una procedura dettagliata, né criteri di identificazione, soglie o valori limite specifici, è stato redatto tenendo presente:
• le “valutazioni dei rischi” già disponibili in base: ad alcune direttive, come la 67/548/CEE, relativa alla classificazione ed etichettatura delle sostanze pericolose, e la 91/414/CEE, sulla valutazione dei rischi; alle valutazioni contenute nella direttiva 76/464/CEE e in quelle derivate; alla convenzione UNECE sull’inquinamento transfrontaliero a lunga distanza;
• le considerazioni contenute in altre normative o in accordi internazionali di settore;
• la produzione e l’utilizzo della sostanza interessata;
• le ripercussioni socioeconomiche connesse con l’eliminazione o la riduzione graduale della sostanza;
• la sospetta capacità di alterazione del sistema endocrino.
Nel nostro paese per le sostanze inquinanti si fa riferimento alle seguenti norme:
• il D.lgs dell’18 agosto 2000, n° 258, “Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 11 maggio 1999, n° 152, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, a norma dell’articolo 1, comma 4, della legge 24 aprile 1998, n° 28”. Il decreto sostituisce tutti gli allegati del D.lgs 152/99 (art. 25);
• il D.lgs del 02 febbraio 2001, n° 31, “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”;
• il D.M. del 25 ottobre 1999, n°471, ”Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n° 22, e successive modificazioni ed integrazioni”.

Alcune sostanze appaiono per la prima volta nella normativa e numerose sono le molecole “nuove” che entrano nella formulazione di tensioattivi, anticrittogamici, vernici, ecc., o che risultano da reazioni chimiche, fotochimiche, biologiche. è il caso di alcuni idrocarburi presenti nelle acque sotterranee, come il butadiene, che si degradano per via microbiologica (Mantica & Botta, 1996), del percloroetilene, che si trasforma in CO2, e dell’atrazina che si trasforma nel suo metabolita, la dietilatrazina, nel processo di ossidazione con UV/H2O2. L’ambiente scientifico e le organizzazioni internazionali hanno posto recentemente l’attenzione su alcune di queste sostanze, in particolare quelle che alterano il sistema endocrino, “endocrine distruptors (EDs)”.