Edizione N° 16 del 14 giugno 2006

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Energie e Ambiente

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Edizione N° 16 del 14 giugno 2006


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Fermiamo il mercato nero degli imballaggi in legno
14-06-2006 Produttori e riparatori di pallet si trovano schiacciati a monte da un aumento delle materie prime d’importazione (+15% nell’ultimo trimestre), soprattutto dall’Est europeo, e a valle da autentiche distorsioni del mercato che mettono a rischio tutto il comparto. Degli oltre 60 milioni di pallet Epal circolanti in Italia, oltre il 70% è di proprietà dell’industria e in parte della distribuzione che li utilizzano più volte per il trasporto delle merci, con evidenti benefici in termini ambientali e di costo: si tratta infatti di imballaggi con cicli di vita lunghi, riutilizzabili, riparabili, riciclabili.

Sono tre i fenomeni che compromettono l’efficienza economica e ambientale di questo circuito basato sull’interscambio fra aziende: circolazione di pallet non conformi agli standard tecnici eppure marchiati come conformi, importazione da Paesi dell’Est europeo dove la qualità tecnica e ambientale è più bassa e, soprattutto, un fiorente mercato parallelo di pallet sottratti al regolare circuito dell’interscambio. Questi bancali sono illegalmente ceduti a operatori commerciali che con estrema disinvoltura fiscale li immettono nuovamente sul mercato provocando almeno quattro tipologie di danni.

L’associazione aderente a Federlegno-Arredo ha pianificato una serie di interventi in tutte le direzioni e che saranno attuati nel corso dei prossimi mesi: cooperazione con la Guardia di Finanza, forti intese con industria e distribuzione per arginare il fenomeno del mercato parallelo, nuove procedure ispettive e di controllo più snelle e mirate, possibilità per industria e distribuzione di identificare in modo semplice e chiaro i fornitori, la provenienza dei bancali, le effettive prestazioni tecniche.

“Stop alle importazioni selvagge, ai troppi episodi di vendita sottocosto, alle contraffazioni dei marchi di qualità tecnica: a rischio ci sono l’occupazione e l’esistenza stessa delle nostre imprese, che soffrono di una redditività sempre più bassa e di una concorrenza che opera senza regole”. A lanciare il grido d’allarme sul comparto imballaggi in legno, che nel 2005 ha avuto un fatturato di 1.600 milioni di euro, con 2.300 imprese e con più di 11.000 addetti, è Michele Ballardini, presidente di Assoimballaggi, l’associazione di Federlegno-Arredo che riunisce le principali imprese del settore dell’imballaggio in legno.

Approvata la direttiva che rafforzerà la gestione dei rifiuti minerari nell’Ue
14-06-2006 Sono recenti i danni subiti dall’ambiente per l’inquinamento del Danubio da cianuro (Baia Mare, Romania, nel 2000) o l’inquinamento da metalli pesanti in Andalusia nel 1998, a cui vanno aggiunti i perduranti problemi ecologici dovuti ai rifiuti prodotti da impianti esistenti, alcuni dei quali ormai datati, che diffondono sostanze dannose nell’ambiente circostante.

“La nuova direttiva ridurrà notevolmente gli effetti delle scorie minerarie sull’ambiente dell’Unione Europea e la salute dei suoi cittadini”, si compiacciono gli esperti della Fead, Federazione europea delle Attività di gestione dei rifiuti e servizi per l’ambiente, recentemente impegnata anche a supportare la Commissione nella revisione della direttiva quadro sulla gestione dei rifiuti, nell’ambito della relativa strategia tematica.

“L’approccio della gerarchia dei tre gradini introdotti dalla direttiva: prevenzione, recupero e distruzione”, dicono alla Fead, “dovrebbe essere utilizzata come base della politica ambientale europea”. La direttiva garantirà una maggior sicurezza dei siti di estrazione, nonché la responsabilità degli operatori per gli eventuali danni procurati all’ambiente a causa delle loro attività. Così, le società saranno tenute in particolare a munirsi delle garanzie finanziarie adeguate per poter provvedere al riassetto dell’insieme dei terreni inquinati, al di là del sito di estrazione in senso stretto. Sarà vietato il metodo che comporta la formazione di alte concentrazioni di cianuro. La concessione delle autorizzazioni e le modalità di attuazione saranno regolate in modo preciso; si potrà anche verificare quali problemi ambientali sia possibile risolvere.

L’europarlamentare Jonas Sjöstedt, relatore sul testo direttiva, è soddisfatto di questo passo avanti. “Non si vedranno più quei pericolosi bacini di residui con alte concentrazioni di cianuro”, commenta Sjöstedt, “Questa nuova legislazione ridurrà i rischi di emissioni dalle miniere, tanto per quelle ancora in attività, quanto per quelle già chiuse. Sono molto soddisfatto che la Romania e la Bulgaria abbiano già promesso di rispettare la legislazione dal primo giorno dopo la loro adesione, senza chiedere la minima deroga”.

Gli argomenti a sfavore dell’adozione delle misure citate sono prevalentemente di natura finanziaria e riguardano i costi che le società dovrebbero sostenere per conformarvisi. “È importante rendersi conto che i costi legati al ripristino dei terreni rientrano, come è giusto che sia, tra i costi di produzione delle società stesse”, spiega l’eurdeputato. “Del resto l’esclusione dai costi di produzione andrebbe a vantaggio unicamente delle aziende poco serie, mentre tale direttiva favorisce le società che responsabilmente si fanno carico dei costi generati dalla politica ambientale adottata”. Inoltre, per effetto della disposizione, anche produrre nuove tecnologie ambientali sarà più facile e consentirà il trattamento dei rifiuti storici, offrendo così un’ottima opportunità alle imprese europee.

“Senz’altro la direttiva non è perfetta”, conclude Sjöstedt, “Ci sono alcuni aspetti a cui, a mio giudizio, si sarebbe dovuto dare un peso maggiore. Mi riferisco, ad esempio, alle norme relative ai rifiuti non classificati come pericolosi che non sono sufficientemente severe. Anche per quanto riguarda la definizione di depositi di rifiuti, ritengo che la formulazione sia troppo generica e faccia troppe concessioni alle imprese che potrebbero così trovare delle scappatoie”.

Gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire nel diritto interno le disposizioni della nuova legislazione.

Notizia tratta da un articolo pubblicato sulla rivista Inquinamento, a cura di Stefano Valentino ed Enrico Maria Mayrhofer.

Wwf: il trasporto fluviale delle merci non deve minacciare gli ecosistemi
14-06-2006 In occasione del Congresso sul trasporto fluviale organizzato a Vienna dalla Presidenza austriaca del Consiglio dell’Unione europea per porre il problema del traffico transfrontaliero per via fluviale quale priorità della politica europea dei trasporti, Wwf (World Wide Fund for Nature) ha lanciato un appello all’Ue affinché trovi il giusto equilibrio tra i bisogni economici e le esigenze ambientali.

“La navigazione fluviale può essere considerata come un’alternativa valida al trasporto stradale di merci solo se le emissioni globali di CO2 e le incidenze locali sugli ecosistemi sono prese in considerazione allo stesso modo”, dichiara Christine Bratrich, che dirige l’équipe “Acque dolci” per il programma Danubio/Carpazi del Wwf. Bratrich aggiunge che “l’utilità funzionale degli ecosistemi acquatici – fornitura di acqua potabile, regolazione delle inondazioni, filtraggio naturale e pesca – deve essere presa in considerazione nel corso delle discussioni sui progetti di trasporto. Altrimenti, nelle zone come il Danubio, i rischi di danni all’ambiente prevarranno sui vantaggi”.

Il diritto all’acqua: il caso di Cochabamba in Bolivia
14-06-2006 Il progetto avrà una durata di un anno e i beneficiari saranno i 110 mila abitanti dei distretti della zona Sud di Cochabamba, nel Municipio di Cercado, e i circa 6.700 abitanti delle comunità di Villas de Chilimarca Municipio di Tiquipaya, nel distretto della città di Cochabamba. Circa 1.500 famiglie che hanno resistito ai processi di privatizzazione e che tra un anno potranno usufruire di un sistema idrico sanitario autogestito e potranno migliorare le loro condizioni di vita e di accesso all’acqua.

Il progetto portato avanti da A Sud, appoggiato tra gli altri dal settimanale Carta, da Ingegneri Senza Frontiere e garantito finanziariamente da Banca Etica, sarà realizzato grazie al “Fondo di Solidarietà” istituito dall’Aato della Provincia di Venezia, attraverso la tassazione di un centesimo al metro cubo del consumo locale di acqua potabile.

Reti d’Acqua” sarà gestito in Bolivia direttamente dalle comunità locali: dalla Coordinadora de defensa del agua y la vida (che ha ricevuto numerosissimi premi e riconoscimenti internazionali, a partire dal premio “Goldman” conferito a Oscar Olivera, portavoce della Coordinadora); dalla Fundaciòn Abril, strumento di raccordo e di assistenza legale e professionale delle forze sociali di Cochabamba; dal Centro “Vincente Canas”, l’organismo operativo della Coordinadora del Agua y la Vida; dai Comitati dell’acqua e le Microimprese, organizzazioni costituite dalla società civile che hanno l’obiettivo di autogestire e amministrare i sistemi idrici e gli interventi di igiene e pulizia sul territorio, ricostruendo e riorganizzando il tessuto sociale, e rendendo responsabile la cittadinanza sulla necessaria sostenibilità economica, socioculturale e ambientale del progetto; le imprese collegate al programma Agua Tuya realizzeranno il progetto a livello strutturale.

La Bolivia è un paese ricchissimo di risorse naturali (gas, petrolio, miniere, acqua), ricchezze mai state nella disponibilità del popolo boliviano. Il progetto “ Reti d’Acqua” risponde alla precisa volontà e necessità reale delle comunità locali di difendere i beni comuni, di accedere ai servizi basici essenziali, di gestirli autonomamente, in alternativa alle politiche di privatizzazione che hanno visibilmente peggiorato le condizioni di vita della grande maggioranza della popolazione in Bolivia come in altre parti del mondo.

Reti d’acqua è un progetto che costruisce ponti di solidarietà, reciprocità e pace tra i popoli del Nord e del Sud del mondo.

CiAl ottiene la registrazione Emas
14-06-2006 Un riconoscimento ufficiale a livello europeo che “premia” il raggiungimento di performance di eccellenza. Si tratta per il Consorzio di una tappa importante, a poco più di un anno dal conseguimento della certificazione Iso 14001, per una gestione finalizzata al miglioramento delle prestazioni ambientali e alla prevenzione dell’inquinamento.

CiAl, sulla base di una scelta rigorosa e volontaria, ha consolidato, attraverso Emas, un sistema di gestione ambientale implementato per sviluppare un percorso di miglioramento sottoposto a costante verifica e reso pubblico.

CiAl ritiene che la registrazione Emas, oltre che aumentare la soglia di attenzione alle prestazioni ambientali e la prevenzione dell’inquinamento, rafforzi il rapporto con le istituzioni, con tutti i suoi interlocutori e con il pubblico, al fine di preservare e migliorare la qualità dell’ambiente a beneficio delle attuali generazioni e di quelle future. Con il conseguimento della registrazione Emas il Consorzio Imballaggi Alluminio diventa così un modello di riferimento nell’ambito dei sistemi consortili di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, coniugando al meglio e pienamente i principi della responsabilità condivisa e socio-ambientale alla base delle direttive comunitarie e della normativa nazionale.

Chimica e qualità della vita
14-06-2006 Correlare chimica e ambiente per rimuovere le cause principali di inquinamento – quelle connesse ai sottoprodotti e scorie e quelle legate direttamente al prodotto utile – significa impegnare la ricerca scientifica secondo due direttrici, la prima riguardante l’affinamento delle metodiche fino alla realizzazione di processi totalmente puliti, la seconda tesa a modificare quelli attuali, onde evitare che siano immessi nell’habitat naturale prodotti finiti difficilmente degradabili.

A fronte di tali obiettivi la situazione attuale della ricerca chimica italiana appare ancora più critica e distante dalla reale problematica del Paese, per di più aggravata da un preoccupante scollamento fra ricercatori, imprenditori pubblici e privati, pubblica amministrazione. Nelle relazioni fra ricerca scientifica e attività industriali si lamentano le conseguenze di una illogica distinzione fra ricerca pura e ricerca applicata che ha portato a una crescente divergenza degli obiettivi e dei metodi di ricerca rispetto alle esigenze concrete, sia degli imprenditori sia della stessa società, disconoscendo il carattere unitario del processo di ricerca che include necessariamente sia gli aspetti fondamentali e teorici sia le ricerche di sviluppo e di applicazione. Dalla chimica dei materiali alla merceologia, dalla chimica clinica all’ecologia, dall’agrochimica alla farmaceutica: in ogni settore c’è spazio per interventi che tengano conto della richiesta sociale e delle esigenze ambientali.

La rivalutazione del ruolo della chimica e del chimico si collega da un lato, alla necessità di una maggiore aderenza dell’attività chimica alla situazione generale del Paese e dall’altro all’urgenza di un contatto più continuo e più concreto fra ricerca e mondo del lavoro. Per quel che riguarda il primo aspetto, all’infuori di qualche settore (materie plastiche, ad esempio) il contenuto tecnologico dei casi è modesto, oppure, ove lo si riscontri più qualificato, frutto della utilizzazione di brevetti, know-how, royalties acquistati da Paesi stranieri industrialmente avanzati. Il ruolo della chimica fine è ancora sottosviluppato in modo anomalo a favore di quest’ultima.

Per il secondo aspetto subito la considerazione che il tecnico deve sapere riconquistare un po’ della funzione e della credibilità che dovrebbero essergli proprie: è per lo meno strano che la denuncia di casi eclatanti di attacco all’ambiente sia venuta dalle forze politiche e sindacali, quasi mai dagli addetti ai lavori nelle proprie sedi: ci sono in tal senso ormai esempi ben noti di inquinamento di mari, fiumi, laghi, aria, suolo.

Ogni anno l’industria chimica scopre migliaia di prodotti e molti di questi sono introdotti in commercio e si conosce in genere molto poco sulle possibili conseguenze che possono avere sulla salute dell’uomo.

In generale per composti dei quali non si conosce la tossicità è indispensabile provvedere con tempestività a tutte le ricerche necessarie per raccogliere i parametri che possono garantire la sicurezza sul lavoro, sia durante la produzione sia in fase di utilizzazione, ricerche che devono essere affrontate dall’industria chimica anche per gli utilizzatori.

Si tratta di indagini complesse da estendere a migliaia di sostanze e che, per i singoli composti, si prolungano per anni: a evitare oneri eccessivi per le singole industrie, doppioni o lacune, l’argomento deve essere affrontato e programmato su base nazionale e internazionale.

Reach (nuovo regolamento europeo sulle sostanze chimiche) rappresenta in tal senso una grande occasione. L’industria chimica che intende attuare un processo dovrebbe anzitutto riflettere e rispondere a quesiti fondamentali del tipo: se la produzione può dare origine a un grave pericolo vale la pena procedere o conviene abbandonare il progetto? Se il prodotto o il processo proposto è pericoloso, esistono alternative possibili? In caso positivo, va accettata un’alternativa meno attraente?

La metodologia nota come “analisi del rischio” costituisce un utile strumento per prevenire le situazioni di grave pericolo. Informazioni di questa natura hanno essenzialmente in contenuto tecnico. Tuttavia è il comportamento del personale, la qualità del management aziendale e il livello dell’organizzazione interna che rendono possibile un reale incremento delle conoscenze già esistenti in un complesso industriale. Gran parte degli incendi più gravi non avvengono per mancanza di conoscenze tecniche o di prescrizione, ma per l’inefficienza di funzionamento dell’organizzazione aziendale. Il controllo dell’efficacia degli interventi e la verifica delle procedure in sede di attuazione sono compiti di supervisione che l’industria dovrebbe sempre svolgere.

La necessità di un impegno in chiave sociale del chimico emerge da un largo spettro di settori. Controllo degli inquinanti, smaltimento, recupero e riutilizzo dei rifiuti, lotta alle frodi e alle sofisticazioni, studio degli additivi alimentari più comuni e dei loro effetti, indagine sulle conseguenze a lungo tempo di prodotti di uso assai comune come farmaci e detersivi, messa a punto di tecniche analitiche cliniche più sicure, individuazione scientificamente concreta di valori limite di concentrazione di qualità per alcune sostanze tossiche note e determinazione strumentale dei relativi parametri, chimica dei sottoprodotti. Perché Il processo di rivalutazione del ruolo del chimico sul piano professionale e sul piano sociale si inneschi e proceda sono necessarie, oltre a quanto detto, alcune altre condizioni: educazione e sensibilizzazione dei cittadini ai problemi della chimica attraverso la riqualificazione della stampa e dei libri e la divulgazione dei risultati e degli scopi delle ricerche; creazione di banche di dati degli impianti dalle quali emergono la classificazione e l’identificazione dell’impianto, le sue caratteristiche, la localizzazione, l’entità della produzione, l’impiego, le motivazioni, la situazione ambientale, i mezzi di controllo, la regolamentazione, la difesa; la messa a punto sul piano nazionale e internazionale di forme di coordinamento e collaborazione interdisciplinare, il potenziamento delle strutture di rilevamento al fine di un controllo continuo, costante e regolare che possa fornire dati esaurienti e autorevoli per stimolare interventi preventivi e per giustificare provvedimenti repressivi dell’autorità amministrativa; la riforma istituzionale e normativa del settore ambientale le cui competenze sono oggi polverizzate, sia all’interno sia all’esterno dell’ambiente di lavoro, con la legittimazione attiva del sindacato e di gruppi di lavoratori (gruppi omogenei) per interventi diretti a tutti i livelli; riforma della ricerca scientifica indirizzata verso una programmazione finalizzata che coinvolga enti locali, forze sociali, imprenditori; riorganizzazione dei contenuti degli studi universitari, valorizzando e prestando maggiore attenzione ai problemi (fonti energetiche e alimentari, inquinamento, ecologia) sui quali si gioca il futuro non soltanto del nostro Paese, ma dell’intera umanità: la valutazione dell’apporto della chimica al miglioramento della qualità della vita non può infatti ridursi a un’analisi di rapporti fra benefici e rischi; la preparazione del chimico e la sua responsabilizzazione professionale devono essere considerati elementi primari.

Tratto da un articolo pubblicato sulla rivista Chimica News, a cura di Luigi Campanella.

Basf: nel 2005 i risultati migliori
14-06-2006 Il 2005 ha consolidato tale tendenza con un +8% dei Paesi emergenti, a fronte del +1,6% in Europa. Basf, che si era posta l’anno scorso obiettivi molto ambiziosi, non ha soltanto superato tali aspettative, ma ha raggiunto i migliori risultati nella sua storia. Nel 2005 il gruppo Basf a livello mondiale ha avuto una performance pari a 42,7 miliardi di euro, con una crescita del 13,9%. Il reddito operativo (Ebit) è aumentato del 12,3% raggiungendo i 5,8 miliardi di euro.

Le vendite sono cresciute particolarmente nel settore dei prodotti chimici, nelle materie plastiche e soprattutto nel petrolio & gas. Stabile, ma sempre ai massimi livelli, il settore dei prodotti di nobilitazione. Si conferma l’importanza del mercato europeo che rappresenta il 60% del fatturato totale. Basf ha superato per il secondo anno consecutivo la remunerazione del capitale investito per un importo pari a 2,4 miliardi di euro. Per il 2006 le previsioni a livello mondiale sono di crescere ancora in misura maggiore rispetto al mercato, raggiungendo un forte ritorno operativo prima delle operazioni straordinarie e superando di nuovo la remunerazione del capitale investito. Tali previsioni sono suffragate dall’eccellente risultato del primo trimestre, con vendite superiori del 24% rispetto all’analogo periodo del 2005 ed Ebit in crescita del 19%.

Per quanto riguarda l’Italia, il settore chimico vive le stesse problematiche di quello europeo, colpito dalla forte competitività e dalla crescita dei costi delle materie prime, ma ne soffre in misura maggiore rispetto ad altri mercati europei. Infatti, le difficoltà strutturali dei settori manifatturieri tradizionali, limitano le capacità di crescita di tutta l’economia italiana. Ciò si ripercuote non solo sul sistema industriale, ma anche sui consumi e di conseguenza riduce le prospettive di crescita di tutti i principali settori della chimica.

Nonostante il contesto particolarmente impegnativo, anche nel 2005 i risultati delle società Basf in Italia sono stati ampiamente positivi. Il vicepresidente e amministratore delegato di Basf Italia, Erwin Rauhe, ha ricordato che l’Italia offre ancora molte opportunità in termini di investimenti, ad esempio la recente acquisizione di Degussa Construction Chemicals, attualmente in attesa di approvazione ultima da parte delle Autorità Regolatorie. L’attività di M&A è strategica e nel futuro di Basf in Italia vi è un ulteriore rafforzamento della presenza, sia commerciale sia produttiva. Le annunciate operazioni internazionali potrebbero avere postivi riflessi sul nostro Paese se dovessero andare a buon fine.

Polistirene espanso per il mercato italiano
14-06-2006 Basata su dati raccolti presso le aziende produttrici di materia prima che fanno parte dell’associazione, l’indagine fornisce una foto concreta e aggiornata del business italiano del polistirene espanso sinterizzato.

Dopo anni d’andamento in crescita a un tasso medio dello 5,6%, il prodotto ha registrato un leggera battuta d’arresto risentendo della persistenza d’un generale andamento economico fiacco, caratterizzato da debole produzione industriale e da consumi stagnanti. Da segnalare che l’Eps è stata la commodity che meglio ha retto in una situazione di ristagno.

Il preconsuntivo del 2005 del business italiano dei polimeri, riportato da Federchimica nel Panel congiunturale di fine anno, prevedeva infatti una diminuzione dell’1,6% dei consumi di materie plastiche. In linea con l’andamento generale, un calo di pari entità era prospettato anche per le commodities. I principali fattori che hanno inciso sulla situazione sono stati i seguenti: il forte aumento del prezzo del petrolio che si è trasferito (o si sta trasferendo) sui prezzi delle materie plastiche di base (rispetto all’inizio del 2004 il polistirene è aumentato di circa il 20%); debolezza dei consumi accompagnata da fenomeni di delocalizzazione produttiva; il settore edile, che in tutti gli anni 2000 è stato l’unico comparto sempre in crescita ed ha sostenuto la domanda di Eps, mostra segnali di calo causati anche dal rallentamento delle opere pubbliche. In questo ambito i settori applicativi del Polistirene Espanso hanno mostrato i seguenti andamenti:
– edilizia 70.000 t: -1,55%
– imballaggio 62.700 t: stabile
– varie 5.300 t: +6%

A una diminuzione di consumi dell’Eps in forma di blocchi e lastre tagliati è corrisposto un aumento del prodotto stampato. Ciò significa che il mercato edile si sta orientando verso prodotti più sofisticati, rifiniti superficialmente e che offrono proprietà tecnologiche di livello (pannelli isolanti per celle frigorifere, lastre preformate per isolamento di tetti e pareti, pannelli solaio, sistemi di pannelli antisismici ecc.). Nel settore delle costruzioni è notevolmente aumentato anche l’impiego di perle di Eps nell’alleggerimento dei terreni.

Pur non accusando diminuzioni di consumi, il business del packaging è quello che ha più risentito del momento di stagnazione del mercato. L’impiego del prodotto è notevolmente aumentato sotto forma di lastre e blocchi denunciando una maggior cura da parte di alcuni settori industriali nella protezione dei loro prodotti finiti (porte e finestre mobilio, vetri e cristalli, arredo bagno, sanitari ecc). Tutto l’imballaggio prestampato destinato a settori di rilievo come elettrodomestici, foto, hi-fi, ottica, tv ecc. è nel contempo diminuito a causa del forte calo dei consumi e di fenomeni di “transplant” all’estero delle produzioni. A livello di consumi globali, nel 2005 il mercato italiano dell’Eps ha mantenuto la seconda posizione a livello europeo. Vi operano un centinaio di piccole e medie aziende che per la maggior parte aderiscono all’Aipe (circa il 90%) e trasformano le 138.000 tonnellate di prodotto, utilizzate per il 50,7% dall’edilizia, per il 45,5% dall’imballaggio e per il 3,8% come applicazioni varie (vedi Grafico 2).

Situazione biotech in Italia
14-06-2006 La pubblicazione, oltre a evidenziare i trend del settore biotech in Italia e all’estero, con particolare attenzione alle Life Sciences, è completata da 37 interviste a personaggi chiave del settore che attestano i fatti e confermano la validità dei dati raccolti.

Attraverso il report “Facts & Trends Analysis”, la Provincia di Milano e Biopolo, in accordo con Assobiotec, Farmindustria e Ifom, propongono la Italian Biotechnology Directory 2006 e il sito www.biodirectory.it, come strumenti per conoscere il settore e facilitare l’incontro tra le imprese e il mondo della Ricerca. Il rapporto contiene schede aggiornate di oltre 200 organizzazioni suddivise in Aziende, Università e Istituti di Ricerca, Associazioni e Fondazioni, Parchi Scientifici, Studi Brevettuali, Investitori e Istituzioni.

Lo studio è basato su un’analisi sistematica dei fattori critici e di successo del settore ed evidenzia le opportunità e gli ostacoli che ne possono pregiudicare lo sviluppo nei principali Cluster italiani delle biotecnologie con specifico riferimento alla situazione della Lombardia, del Piemonte, della Toscana e del Friuli Venezia Giulia. In questo contesto, il Report 2006 identifica i progressi più recenti e le iniziative promosse.

A fronte dell’analisi di sviluppo locale effettuata attraverso i Clusters, il Report presenta per la prima volta una review dei principali settori scientifici che sono alla base dello sviluppo dell’industria italiana delle Life Sciences attraverso interviste a personalità dell’industria biomedica italiana e internazionale, al fine di illustrare quali siano le criticità e le potenzialità del connubio industria-accademia.

Infine, per completare il quadro, sono stati intervistati esponenti di rilievo della finanza internazionale che in passato hanno investito nel biotech italiano. Venture capitalist francesi, statunitensi e svizzeri raccontano quindi le loro esperienze nonché le prospettive per il futuro dell’industria italiana delle Life Sciences.

L’evento di presentazione del Report 2006 è anche finalizzato a proporre la messa a sistema delle componenti scientifiche, industriali, finanziarie e politiche dell’industria biotech italiana per creare un modello di cluster interregionale e individuare strategie di cooperazione tra le organizzazioni operanti nei vari cluster nazionali. A questo riguardo un primo passo è stato compiuto lo scorso Gennaio, con la firma del Protocollo di Intesa per la creazione del Network BioMilano, la rete locale tra i principali protagonisti del settore delle biotecnologie.

Firmatari dell’accordo sono stati: Provincia di Milano, Assobiotec, Assotec, Biopolo, Cnr-Itb, Comune di Bresso, Euro Info Centre – Camera di Commercio di Milano, Genopolis, Fondazione Humanitas, Ifom, Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori, Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, Milano Ricerche, Nerviano Medical Sciences, Fondazione Parco Tecnologico Padano, San Raffaele biomedical science park, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Milano-Bicocca.

I principali obiettivi di questa rete consistono nel promuovere la collaborazione tra le aziende del comparto e le Istituzioni; razionalizzare gli investimenti attraverso piattaforme tecnologiche comuni; individuare i possibili percorsi di finanziamento per le imprese; e rafforzare i sistemi informativi on line; interloquire con la Commissione europea ponendosi come strumento di aggregazione locale di vari bioraggruppamenti a livello europeo (EuroBioCluster Sud, Abc network, Net BioCluE ecc.).

Il Politecnico e Solvay Solexis inaugurano il Laboratorio Fluoro
14-06-2006 È stato inaugurato congiuntamente il primo laboratorio italiano in ambito accademico specificatamente realizzato per consentire l’utilizzo di fluoro elementare per la sintesi di materiali fluorurati avanzati. Anche a livello mondiale si tratta di una delle pochissime realtà esistenti specializzate nella manipolazione del fluoro elementare, a causa dell’elevato know-how richiesto da questo tipo di tecnologia.

Il Laboratorio Fluoro realizzato presso il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano sarà parte del Laboratorio Materiali Fluorurati Nanostrutturati (NFMLab) e opererà in stretta collaborazione con Solvay Solexis nell’ambito della convenzione che ha portato nel 2004 alla costituzione della cattedra Solvay di “Chimica del Fluoro e dei Materiali Fluorurati” presso il Politecnico di Milano.

In occasione dell’inaugurazione sono intervenute le più alte autorità accademiche insieme ai dirigenti del Centro di Ricerca e Sviluppo di Solvay Solexis di Bollate – Milano. La giornata è stata inoltre completata dai contributi scientifici da parte di relatori nazionali e internazionali che sono intervenuti presentando le più recenti applicazioni dei materiali fluorurati nei più diversi ambiti quali le celle a combustibile, la chimica eco-compatibile, il trattamento delle superfici, i materiali elettro-ottici. Da un punto di vista delle applicazioni infatti, le proprietà uniche dei materiali fluorurati offrono importanti opportunità sia in campo chimico e farmaceutico siae nel campo delle nanotecnologie, aprendo la strada a materiali del tutto inediti.

Air Liquide fornisce idrogeno e ossigeno ai sommergibili della Marina Militare
14-06-2006 Il Servizio include, da parte di AL, la gestione completa delle singole fasi del rifornimento tramite una stazione dedicata di riempimento. Grazie a tale accordo, il primo in assoluto di Air Liquide con Marina Militare, Air Liquide fornirà per ogni rifornimento 20.000 m3 di idrogeno e 10 mila metri cubi di ossigeno liquido.

I gas forniti serviranno per il sistema di propulsione dei sommergibili che combina un generatore diesel e un sistema di propulsione AIP (air-indipendent propulsion), utilizzato per la navigazione silenziosa, con una cella a combustibile equipaggiata con uno stoccaggio di ossigeno e
idrogeno.

I due sommergibili, si caratterizzano per la capacità di percorrere lunghe distanze in immersione: l’ossigeno, oltre ad alimentare il sistema di propulsione, sarà quindi necessario agli equipaggi per il mantenimento dell’atmosfera respirabile in fase di immersione.

“Siamo molto soddisfatti di essere stati scelti come fornitore della Marina Militare Italiana”, commenta Olivier Imbault, Amministratore Delegato di Air Liquide Italia. “La Marina Militare Italiana si propone come esempio per numerose società italiane nel campo dell’utilizzo dell’idrogeno che, oltre a vantaggi in termini di flessibilità e di discrezione come in questo caso specifico, offre elevati livelli di rendimento, superiori a quelli dei gruppi diesel-generatori classici e una riduzione del 30% delle emissioni di CO2. L’idrogeno sarà sicuramente una delle fonti di energia pulita del futuro. Air Liquide è già presente su questo mercato, come dimostra la sua partecipazione al Progetto Hychain varato dalla Commissione Europea nel gennaio 2006 e che prevede la realizzazione di veicoli urbani alimentati con idrogeno.”

I sommergibili sono stati costruiti da Fincantieri nello stabilimento spezzino del Muggiano. Il primo, “Salvatore Todaro”, varato nel novembre 2003, è stato consegnato alla Marina alla fine di marzo. Il secondo, “Scirè”, varato nel dicembre 2004, sarà consegnato nel corso di quest’anno.

Flussi di rifiuti da riciclo a base di polietilene (PE) secondo Du Pont
14-06-2006 Questo copolimero di proprietà tecnologica migliora sia le prestazioni dei prodotti sia la produttività. Ciò si traduce in un risparmio di costi per i produttori di imballaggi industriali e compositi plastici caricati con fibre naturali, come farina di legno e per coloro che operano nel campo della trasformazione mediante soffiaggio e stampaggio a iniezione, nonchè per i produttori di materiali compositi e chiunque utilizzi PE riciclati.

Rispetto ai tradizionali modificanti graffati, il modificante polimerico Fusabond E EC-603D offre importanti vantaggi come una finestra operativa più ampia per quanto riguarda i contaminanti quali copolimeri etilen-vinil-alcol (EVOH), tolleranza all’umidità e ai lubrificanti quali a base di stearato di zinco. Ciò consente ai produttori di avere accesso a una disponibilità più ampia di materiali da riciclaggio (riciclo) e di ridurre i costi grazie all’utilizzo di miscele di materiali da riciclaggio diversi, questi sono meno costosi rispetto a quelli più selezionati.

Inoltre, i risultati dei test indicano che Fusabond E EC-603D migliora significativamente la resistenza all’impatto all’urto delle miscele ad alto tenore di umidità (700 ppm di acqua) e delle miscele che contengano lubrificanti. Fusabond E EC-603D allo 0,5% è risultato infatti più efficace dei tradizionali modificanti graffati all’1,0% (vedi grafico allegato). Pertanto, è ora possibile aumentare la resistenza all’impatto all’urto e ridurre i costi impiegando livelli di modificanti più bassi.

Oltre a questo copolimero straordinario, la linea di prodotti DuPont(tm) Fusabond(R) include altre resine polimeriche funzionalizzati (solitamente mediante l’innesto chimico di gruppi anidrida maleica) a base di etilene acrilato, etilen vinil acetato, polietilene, metalocene, gomme etilen propilene e polipropilene utilizzate come tenacizzanti polimerici, promotori di adesioni tra matrice polimeriche e cariche minerali o naturali e compatibilizzati per miscele polimeriche.

notizie
Biodiesel: 67 milioni ai Paesi poveri dalla Fao
13/06/2006 Tra i fattori che spingono verso questo cambio di direzione del mercato energetico mondiale vi sono i rischi ambientali – l’aumento del riscaldamento globale e i limiti imposti dal Protocollo di Kyoto alle emissioni di biossido di carbonio e di altri gas serra – e la crescente consapevolezza da parte dei governi del pericolo di una totale dipendenza dal petrolio.

L’interesse della Fao per la bioenergia scaturisce dall’impatto positivo che le coltivazioni per i biocombustibili potrebbero avere sulle economie rurali e per le opportunità che potrebbero offrire ai Paesi a reddito più basso nella diversificazione delle proprie fonti energetiche.

La Fao ha quindi previsto prestiti per 67 milioni di euro per spingere i produttori subsahariani a orientarsi verso la produzione di biocombustibili. Dalle colture di granoturco e zucchero è possibile infatti ricavare l’etanolo, un biocombustibile liquido, fonte trainante di bioenergia rinnovabile. Questa soluzione ben si accorderebbe con la chiusura che i mercati europei hanno imposto a questi Paesi.

Bruxelles ha limitato le quote del Kenya a 5.000 tonnellate l’anno di zucchero, molto meno del potenziale locale. Quindi, grazie alla produzione di canna da zucchero e di granturco, così come di piante erbacee come il sorgo, i Paesi subsahariani potrebbero trasformarsi in grandi esportatori di combustibili estratti da risorse naturali rinnovabili. Gustavo Best, coordinatore del settore energetico della Fao ha dichiarato che l’importanza della bioenergia è che la sua produzione può essere adeguata all’ambiente locale e ai bisogni energetici. È per questo motivo che la Fao ha deciso di finanziare questi progetti che aiutano gli agricoltori locali, l’economia del Paese e, nello stesso tempo, danno una mano all’ambiente.

Fotovoltaico made in Lombardia
14/06/2006 Il progetto, del valore di 24 milioni di euro circa, cofinanziato con nove milioni, prevede la realizzazione di un impianto pilota di produzione automatizzata in linea di moduli fotovoltaici a film sottile di telloruro di cadmio. In pista una ditta italiana che fa capo al Gruppo Marcegaglia Energy, partecipata anche da una banca e da società che operano nel settore dell’ingegneria e dell’innovazione tecnologica.

La capacità produttiva massima annuale dell’impianto sarà di circa 18 MW, per un numero di moduli poco inferiore a 250 mila, corrispondenti a una superficie quadrata di circa 180 mila metri quadrati. L’efficienza di conversione fotovoltaica dei moduli sarà al di sopra dell’11%.

Si prevede che il costo industriale del modulo, al di sopra di una produzione annua di 10 MW, non supererà 0,5 euro per watt, avvicinandosi al costo dell’energia elettrica prodotta da fonti tradizionali. Se saranno rispettati gli obiettivi del progetto, l’industria italiana sarà all’avanguardia nello sfruttamento efficiente ed economico dell’energia solare, con prevedibili risultati positivi sia sul mercato interno sia su quello internazionale dell’energia”.

Finora i dispositivi fotovoltaici si basavano quasi esclusivamente sul silicio, materiale utilizzato prevalentemente nell’industria dell’elettronica e che è disponibile sui mercati a costi molto elevati. Gli sviluppi più recenti della ricerca scientifica, in Italia e a livello internazionale, hanno reso possibile l’impiego in laboratorio di materiali alternativi, con caratteristiche migliori nella conversione fotovoltaica e producibili in film sottile con processi veloci ed economici.

Risparmio energetico come risorsa
15/06/2006 Le industrie italiane di grandi dimensioni e quelle ad alta intensità energetica hanno già avviato gli adeguamenti necessari a migliorare la loro efficienza energetica, mentre interventi decisivi devono ancora essere intrapresi dalle imprese di piccole e medie dimensioni, che hanno bisogno di un maggiore supporto tecnico.

L’Unione Europea identifica nel sistema energetico il punto di snodo di diversi fattori connessi alla crescita dei mercati nazionali e internazionali, il cui ruolo trainante sarà determinato dalla capacità di rispondere alla crescente domanda di energia sempre più decentrata sul territorio.

L’attuale sistema energetico tenderà a trasformarsi comportando uno spostamento della produzione di energia direttamente nei luoghi dove c’è la necessità di utilizzarla (distretti energetici territoriali): è opportuno proporre e realizzare modelli territoriali innovativi di integrazione tra produzione e sistema energetico, sostenibili dal punto di vista tecnologico ed economico e destinati a valorizzare il ruolo dei distretti territoriali e delle Pubbliche Amministrazioni Locali.

Per realizzare il nuovo modello energetico-sociale promosso dall’Ue è necessario affrontare una molteplicità di problematiche di tipo tecnologico, socio-economico e territoriale, normativo e legislativo. L’Enea, che ha competenze multidisciplinari nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie, intende integrare queste problematiche con un approccio sistemico, con l’obiettivo di realizzare un “nuovo modello di energia sostenibile”, da attuare in collaborazione con il sistema produttivo nazionale, la Pubblica Amministrazione e il mercato (produttori/consumatori).

A questo scopo, l’Enea mette a disposizione le proprie conoscenze tecnico-scientifiche sia per l’individuazione e la dimostrazione di soluzioni d’avanguardia frutto delle proprie attività di ricerca, sia per l’adozione di misure di carattere normativo ed economico atte a incentivare il risparmio energetico e a rendere obbligatorio il rispetto dei valori di emissione. In tale ambito, fin dagli anni Ottanta, l’Enea ha svolto attività di ricerca, sviluppo, dimostrazione e promozione industriale per il risparmio e l’efficienza energetica dei sistemi produttivi, per l’uso razionale di energia, per la formazione professionale di esperti di efficienza energetica, per le diagnosi energetiche presso industrie e servizi, per il supporto tecnico-scientifico alle Regioni. L’efficienza energetica rappresenta anche un’opportunità di crescita economica e sociale, in grado di favorire la creazione di nuovi posti di lavoro grazie alla nascita di nuove professionalità qualificate.

Ecomondo 2006: la nuova frontiera del trattamento e riciclo della materia
15/06/2006 “Ecomondo”, spiega Alessandra Astolfi, product manager della manifestazione, “mantiene fermo il suo timone verso la valorizzazione del grande comparto economico costituito dalle imprese legate alla nuova frontiera del trattamento e riuso della materia. Un mercato sul quale si stanno affacciando nuove società, anche nel campo dei servizi. Una ricchezza di saperi e di nuovi prodotti che una fiera come Ecomondo non può non valorizzare. Ecco allora che il rapporto con le istituzioni che le rappresentano ci consente di offrire spazi anche collettivi, per definire un palcoscenico sempre più completo”.

L’impegno di Ecomondo sul fronte del riciclo della materia, fino all’esposizione del prodotto finale, è nei fatti testimoniato dagli spazi progressivamente a disposizione per il settore specifico, passati dai 24.000 m2 del 2003 agli oltre 31.000 previsti per l’edizione 2006 che si svolgerà dall’8 all’11 novembre a Rimini Fiera. Da qui l’intenzione di concentrarsi in maniera forte sui singoli materiali (carta, legno, vetro, alluminio, acciaio, plastica, gomma e rifiuto elettronico), valorizzando progetti e tecnologie per il trattamento, oltre al prodotto finito. La realizzazione del Rapporto annuale sull’Italia del recupero, presentato da Fise Unire in occasione di Ecomondo, rappresenta un importante supporto a quanti, a vario titolo, sono coinvolti nelle attività recupero dei rifiuti”.

Oggetto di attenzione a Ecomondo anche i materiali inerti derivanti da demolizioni: è allo studio un’iniziativa in collaborazione con le Edizioni Pei per la realizzazione di uno spazio che associ le imprese, un’area convegni e un’area mostra con la visualizzazione delle varie applicazioni, delle tecnologie e dei settori di riutilizzo dei materiali riciclati. Molta l’attenzione dedicata al progetto europeo Pmi ed energia – generatori di efficienza – promosso da Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Cna, Confcommercio, Confesercenti.

L’iniziativa è volta a sviluppare le potenzialità dei sistemi che privilegiano l’efficienza energetica, la generazione distribuita e le fonti di energia rinnovabile. A Ecomondo si svolgerà il ‘2° Forum energia intelligente per le Pmi’: un’importante area dimostrativa sui concetti di efficienza energetica, generazione distribuita, produzione/utilizzo di biocombustibili e altre fonti rinnovabili nei vari comparti dell’economia. Concetti esemplificati con un progetto sostenibile nel settore dell’edilizia, legato in particolare alla realizzazione di un albergo a ‘basso consumo’, oltre a un’area dedicata sulle attrezzature utili ai processi di coltivazione e trasformazione di prodotti e sottoprodotti agricoli in biocombustibili. Dal 1° luglio, infatti, i produttori di carburanti diesel e benzina saranno obbligati a immettere sul mercato biocarburamti di origine agricola in misura dell’1%, da incrementarsi di un punto percentuale ogni anno fino al 2010.

In contemporanea a Ecomondo 2006, si terrà la seconda edizione di Ri3 Rigenera Ricarica Riusa, la rassegna che propone le imprese dedite alla rigenerazione e ricarica dei supporti di stampa (cartucce a getto d’inchiostro e toner), al recupero del materiale elettrico ed elettronico come computer e telefoni cellulari. Un settore economico, quello dei rifiuti Raee, in rapida evoluzione e che va organizzandosi in consorzi per i singoli prodotti da recuperare.

Assocarta: prospettive di crescita
15/06/2006 L’Italia si pone al quinto posto nella classifica europea come produttore di carta e cartone, subito dopo Germania, Finlandia, Svezia e Francia, mentre risulta al primo posto nella produzione di carte per usi igienico sanitari. Il comparto di cui maggiormente si attende una crescita per il biennio 2006-2007, seppure modesto come produzione, è sicuramente quello per uso domestico. Comunque per i diversi comparti ci si attende una crescita che varia dal 2 al 2,5%.

La produzione del 2005 è stata di 10 milioni di tonnellate per un fatturato di 7,4 miliardi di euro un netto calo rispetto al 2001, anno in cui il fatturato era pari a 7,6 miliardi di euro ed erano state prodotte 8,9 tonnellate di carta. Nonostante l’aumento di produzione i maggiori costi di energia e gas hanno sicuramente pesato sulla diminuzione del fatturato, rispetto agli altri paesi europei in Italia il costi sono maggiori del 20/30%. Per questo l’associazione cerca da tempo di richiamare l’attenzione dei governi per risolvere un problema che affligge non solo le cartiere ma tutte le aziende italiane.

La crescita maggiore dell’industria cartaria è relativa ai mercati esteri, l’export è aumentato dal 2001 al 2005 del 32% mentre l’import si è attestato a livelli più modesti: l’11,7%.

Altro punto sfavorevole rispetto alla crescita dell’azienda “carta” è sicuramente l’Emission Trading: l’acquisto di quote da parte dell’Italia sono insufficienti per coprire le esigenze delle aziende che negli anni passati hanno già raggiunto alti livelli di efficienza energetica che difficilmente potranno essere nuovamente ridotti.

Il vice presidente di Assocarta, Paolo Mattei, ha sottolineato l’impegno delle cartiere per migliorare l’approccio positivo nei confronti dell’ambiente. Il settore sostiene con forza l’adesione ai sistemi volontari di gestione ambientale in quanto strumenti efficaci di controllo degli impatti e di miglioramento delle prestazioni ambientali. Sono cresciute negli anni le aziende che hanno sottoposto a certificazione i loro sistemi Iso 14001 e Emas.

Dal 1995 al 2004 è stato ridotto l’uso di acqua fresca, è stata migliorata l’efficienza energetica grazie alla cogenerazione che evita ogni anno l’emissione di 1,8 milioni di tonnellate di CO2. Le cartiere amiche dell’ambiente infatti utilizzano legno coltivato e si battono per la certificazione delle foreste e lottano da anni contro il taglio illegale degli alberi.

Per il futuro Assocarta vuole continuare ad impegnarsi in ricerca e innovazione supportando delle attività sperimentali e partecipando a progetti di ricerca come quello europeo Sustainpack.