Meno auto, incidenti ed emissioni inquinanti con le auto robot
Secondo lo studio “Self-Driving Vehicles, Robo-Taxis, and the Urban Mobility Revolution” di Boston Consulting Group, la diffusione dell’auto robot, o self driving vehicle (Sdv), porterà una serie di cambiamenti radicali nel modo di vivere la città. Anzitutto aumenterà il numero di vetture utilizzate in modalità di car sharing, possibilmente a trazione elettrica. Inoltre la diffusione di questa tecnologia porterà anche a un aumento dei robo taxi. Questi ultimi potranno offrire lo stesso servizio attualmente fornito dai tradizionali taxi con guidatore, ma a un costo sensibilmente più basso. Questo a sua volta avrà una serie di importanti ricadute sul rapporto cittadino-realtà urbana, alcune anche inaspettate.
Anzitutto, si dovrebbe ridurre sensibilmente il numero di auto private in circolazione. Ciò comporterà un aumento degli spazi disponibili per il parcheggio, ma a questo punto anche per altre attività. Inoltre si ridurrà drasticamente sia il numero di incidenti stradali che il livello di emissioni, considerato che la diffusione di auto robot sarà soprattutto a livello urbano, con veicoli dotati di motorizzazione elettrica. Evidenti i benefici, anche economici, sulla qualità dell’aria e quindi della salute. Inoltre la riduzione dei veicoli comporterà un drastico calo, anche del 90%, del numero di incidenti. Il che si riflette in più bassi oneri assicurativi. Infine, la migliorata qualità dei trasporti consentirà di abitare a maggiore distanza dai centri urbani, dove il costo delle case è notoriamente più alto, consentendo notevoli risparmi anche su quel versante.
Le auto che si guidano da sole. Una rivoluzione, di importanza paragonabile all’avvento dell’auto stessa, che si può illustrare con poche cifre: una riduzione del 60% del numero di automobili sulle strade della città, un taglio dell’80% delle emissioni di Co2, e il 90% in meno di incidenti stradali. È infatti nei grandi centri urbani, piuttosto che sulle autostrade, che l’auto a guida autonoma (Self Driving Vehicle o Sdv) eserciterà maggiormente i propri effetti. Soprattutto se si fa riferimento al taxi a guida autonoma. Il taxi a guida autonoma infatti renderà molto più facile la mobilità anche nei punti delle città di più difficile accesso, riducendo la necessità di disporre di un veicolo proprio.
Se si tiene presente che nel 2030 due terzi della popolazione mondiale vivranno nelle città, e che queste rappresentano tra il 60 e l’80% del consumo di energie e circa il 70% delle emissioni di Co2, ci si rende pienamente conto dell’importanza di una mobilità più efficiente e più basso impatto ambientale. Cosa del resto sottolineata dalle stesse Nazioni Unite nel suo Libro Bianco sugli obiettivi da raggiungere per avere uno sviluppo sostenibile. Le auto a guida autonoma, soprattutto in modalità condivisa come i futuri robo-taxi, possono ottenere questo risultato.
E non è più questione di se, ma di quando le vetture automatiche saranno la maggioranza sulle strade. Perché sempre più numerosi i produttori di auto, ma anche i giganti dell’hi-tech come Google e Apple, a ogni Salone dell’auto o della tecnologia non mancano di presentare innovazioni e sviluppi nella direzione dell’auto senza pilota. Addirittura, l’Emirato del Dubai ha stabilito per il 2030 l’obiettivo di un utilizzo degli Sdv non inferiore al 25%. Ma non si tratta della stravagante decisione di un Paese esotico dove non si bada tanto a spese. Molti Stati stanno apportando modifiche ai rispettivi sistemi normativi in modo da tenere conto dell’avvento degli Sdv, soprattutto, nella fase attuale, della possibilità di collaudarli su strada. Si va dagli Stati Uniti alla Svezia, dalla Germania, all’Olanda, dall’Austria alla Francia.
Come se non bastasse, un ostacolo che a prima vista potrebbe apparire ovvio, cioè la disponibilità dei cittadini a farsi trasportare da un veicolo che si guida completamente da solo senza che abbiano controllo su di esso, sta rapidamente aumentando. Da un recente sondaggio effettuato dal Bcg e dal World Economic Forum su 5.500 persone in 27 grandi città di dieci Stati, emerge che il 58% degli intervistati non avrebbe problemi a farsi trasportare da una vetture completamente automatica, e il 69% salirebbe su una macchina che lo è parzialmente. Certo, la preferenza è maggiore tra gli utenti di più giovane età (63% degli intervistati under 29, contro il 46% degli over 51). Ma comunque l’auto robot sarebbe molto bene accolta dagli utenti. Soprattutto perché li solleverebbe dalla preoccupazione di trovare un parcheggio.
Le autorità cittadine, dal canto loro, sono alla continua ricerca di modelli di mobilità che consentano a tutte le fasce sociali di muoversi in poco tempo a costo ragionevole al tempo stesso con un basso impatto ambientale. A questo scopo si stanno incoraggiando, anche con l’adeguamento delle infrastrutture, modalità come il trasporto pubblico, in particolare su ferro, il car e il bike-sharing. Il problema è rappresentato dall’ultimo miglio, ovvero la distanza tra i punti di accesso alle reti pubbliche e le abitazioni. Un problema sentito soprattutto nelle periferie, verso le quali è peraltro difficile aumentare la disponibilità di infrastrutture, a causa del loro costo che non sarebbe adeguatamente ripagato da un utilizzo inevitabilmente inferiore rispetto alle tratte di maggior traffico.
Al tempo stesso, cresce l’ostilità delle amministrazioni cittadine verso la presenza delle auto private in centro, in quanto tra le principali fonti di emissioni di Co2, e questo in diversi Paesi. Addirittura a Oslo l’obiettivo è di bandirle dal centro cittadino entro il 2020, ma in altre città lo stesso obiettivo non è molto più lontano nel tempo. Sai va dal 2025 al 2030. I self driving vehicles, soprattutto quelli a propulsione elettrica o ibrida e in modalità “shared” possono offrire un’efficace soluzione al problema del primo e dell’ultimo miglio. Che poi sarebbe anche una soluzione a diversi problemi abitativi, perché sarebbe molto più comodo e attraente vivere in periferia, il che comporterebbe anche costi residenziali sensibilmente più bassi.
Delle 25 autorità cittadine intervistate dal Bcg, il 90% vorrebbe che una flotta di robo-taxi fosse operativa entro il 2025. Tuttavia c’è ancora parecchia cautela nei confronti delle vetture robot. Molti amministratori affermano di voler aspettare i risultati nelle altre città prima di decidere in tal senso. Nel frattempo la tecnologia della guida autonoma va avanti, e attualmente si possono prefigurare quattro scenari, il cui verificarsi dipende in ciascun caso dal costo degli sdv e anche dalla misura in cui le autorità pubbliche incoraggiano questo tipo di veicolo, soprattutto in modalità condivisa e a trazione elettrica. Il primo scenario vede l’affermarsi di un sdv “premium”, ovvero una vettura costosa perché ad alto contenuto tecnologico, che contribuisce a ridurre le emissioni inquinanti ma sostanzialmente non modifica gli attuali modelli di mobilità urbana. Il secondo scenario vede la diffusione delle auto a guida autonoma, anche grazie alle autorità che estendono degli incentivi all’acquisto. Il terzo scenario vede l’affermarsi del robo taxi elettrico, che fa capo a un gestore pubblico, come la principale modalità di trasporto. Il quarto scenario, il più estremo, vede in pratica il tramonto, almeno nei grandi centri urbani, dell’auto privata, a favore di un sistema articolato su auto condivise e taxi automatici a trazione elettrica, che si integrano con altri sistemi di mobilità urbana, come bus (anche essi automatici ed elettrici) e metro.
Nella realtà le cose non andranno esattamente così e ciascuna area urbana troverà il modello ottimale, andando anche per tentativi. Però diverse città in tutto il mondo, da Singapore a Pittsburgh, passando per Goteborg e Amsterdam, hanno cominciato a collaudare vetture a guida autonoma da integrare con gli altri sistemi di mobilità urbana.
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