Sicurezza energetica e unione dell’energia sono priorità europee per fronteggiare gli eventi geopolitici e i cambiamenti climatici che mutano il panorama energetico globale: Paesi emergenti sempre più energivori e nuove tecnologie che variano le fonti, con lo shale gas americano che rivoluzionerà il mercato futuro. L’Italia deve fare la sua parte, investendo in innovazione ed efficienza energetica, come spiega il ministro dell’ambiente Gianluca Galletti, che prospetta una nuova fiscalità ambientale che premi le produzioni che fanno un uso più intelligente delle risorse, con riciclo delle materie prime e maggior efficienza energetica.
Verso l’economia circolare
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono già oggi evidenti, con sconvolgimenti economici e migrazioni di massa tra Paesi, richiedendo misure comuni a livello globale, come afferma Gianluca Galletti, ministro dell’ambiente: “Per molti anni abbiamo ignorato i cambiamenti climatici come riguardassero un lontano futuro, continuando una politica industriale ed energetica che prescindeva dal problema. Oggi non lo possiamo più fare: anche per il nostro Governo deve diventare prioritario contrastare questi cambiamenti. I target di riduzione di CO2 imposti dell’Europa saranno vincolanti: possiamo subire questo vincolo, o utilizzarlo investendo risorse su questo grande business”. Per Galletti serve un cambio culturale nell’industria: “Adeguarci a questi vincoli comunitari e globali non è una sventura ma una grande opportunità che abbiamo, in quanto dobbiamo tornare al livello di avanzamento industriale pre-crisi, ma con un tipo di produzione completamente diversa. Il ciclo produttivo del ‘900 non è più sostenibile, perché consuma troppe materie prime, produce troppi rifiuti e inquina troppo. La materia prima quando scarseggia diventa meno accessibile a costi convenienti per la produzione. I rifiuti inoltre devono diventare un’opportunità e dare redditività, lungi dall’essere un problema e una fonte di costo. La vera sfida per le imprese italiane è quindi passare da un’economia di tipo lineare all’economia circolare”.
Fiscalità ambientale
Galletti auspica un cambio culturale anche guardando alle giovani generazioni: “All’interno del mio ministero – spiega il ministro – ho creato una direzione chiamata Nativi ambientali: penso che la risposta a medio periodo all’esigenza di un cambio di direzione stia nell’informazione e nel fare cultura ambientale, ad esempio facendo sì che i giovani facciano la raccolta differenziata meglio di come la fa la mia generazione. Occorre però fare qualcosa anche subito, e qui parlo della necessità di un piano industriale per il nostro Paese che incentivi tutte le produzioni che vanno verso una minore emissione di CO2 e un maggiore impiego di energie rinnovabili: penso a una fiscalità ambientale, che premi i comportamenti virtuosi nell’industria. La fiscalità impostata sul ‘Chi inquina paga’ segue un principio sbagliato, anche dal punto di vista fiscale, in quanto non ha senso un’imposta che punta alla propria riduzione. Il fisco non colpisce chi ha dei comportamenti scorretti, nel qual caso interviene una sanzione, di natura completamente diversa: dobbiamo premiare i comportamenti virtuosi, e tante sono le leve fiscali con cui possiamo dirigere una determinata impostazione industriale, ad esempio un’IVA agevolata per prodotti riciclati, indirizzando così la produzione su tipologie ambientalmente corrette”.
Ambiente e Mise alleati per crescere
Altro provvedimento necessario cui il Ministro pensa è dare stabilità a misure come le detrazioni fiscali del 65% per l’efficienza energetica: “Gli investitori, italiani ed esteri, hanno bisogno di certezza dallo Stato. L’incentivo per l’efficienza energetica si è pagato da sé, generando un introito più elevato dello sconto fiscale concesso. Penso pertanto sia un provvedimento non solo da prorogare, ma che potendo andrebbe reso anche stabile, in quanto interventi fiscali temporanei di tal genere aprono un orizzonte di incertezza deleterio per gli investimenti. La grande sfida di cui ci stiamo incaricando è far capire che oggi puntare sull’ambiente è la chiave per la crescita dell’occupazione e del Paese: e questo getta una nuova luce sul mio ministero, nato in origine per creare una cultura ambientale che in Italia non esisteva. Oggi le cose sono cambiate, e il ministero dell’ambiente non è più una sorta di controparte del Mise e dell’agricoltura, ma deve anzi essere il loro miglior alleato. E non a caso durante la crisi le uniche aziende cresciute sia in termini di fatturato che occupazionali sono proprio quelle legate alla green economy”.
Consumi e fonti globali che cambiano
Diversi eventi geopolitici, ma anche lo sviluppo di nuove tecnologie estrattive, mutano oggi consumi e fonti energetiche nel mondo. “I consumi si spostano dai Paesi Ocse a quelli emergenti – illustra Fabrizio Barbaso, vice direttore generale DG Energia della Commissione europea -: nel 2013, il 90% dell’aumento del consumo globale è stato rappresentato da Cina e India, e da qui al 2030-2035 aumenterà di 1/3, tutto al di fuori dei Paesi Ocse, che per contro riducono o mantengono i loro consumi”. Cambiano anche le fonti energetiche: l’incidente di Fukushima ha portato a un ripensamento sul nucleare in molti Stati europei, e lo sviluppo tecnologico oggi permette l’estrazione di shale gas a costi competitivi, direzione presa con decisione dagli Stati Uniti, i quali di qui a qualche anno non importeranno più né petrolio né gas, andando verso una prospettiva di esportazione: “Ciò richiede ancora tempo per costruire gli impianti e ottenere le autorizzazioni – spiega Barbaso -, due sono state già date, e il nuovo corso si accompagna a un rilancio delle industrie chimica e pesante americane. Gli esperti dicono che gli americani esporteranno ai migliori prezzi sui mercati, non è pertanto detto che lo faranno verso l’Unione Europea: ma ad ogni modo l’export di shale gas da Usa e Australia avrà un forte impatto sui prezzi”.
Sicurezza e unione dell’energia in Europa
In Europa, le tensioni tra Russia e Ucraina hanno portato a una battaglia sul prezzo del gas, ma generano insicurezza
anche le ridotte esportazioni dalla Libia e l’Iraq, toccato dalle occupazioni dell’Isis nel Kurdistan. “La sicurezza energetica è oggi la priorità nella politica che la Commissione propone da qui al 2030 – spiega Barbaso -, unitamente all’unione dell’energia, che implica l’europeizzazione delle politiche energetiche, con più attenzione al coordinamento delle decisioni riguardo l’uso e la condivisione delle risorse. L’Europa deve attenuare il suo alto grado di dipendenza: ciò si può ottenere con diverse politiche, quali la moderazione della domanda, una maggiore efficienza energetica, e il completamento del mercato interno, con la realizzazione di infrastrutture che consentano al mercato comunitario di funzionare come un grande mercato nazionale”. Necessario è però anche rilanciare le risorse nazionali: le rinnovabili, con incentivi più commisurati ai diversi Stati, per non ricreare le bolle speculative e i sovraccosti generati in passato, ma anche lo shale gas, ancora controverso nell’Ue. “Sullo shale stiamo lavorando moltissimo, seppure riteniamo che il potenziale in Europa sia inferiore a quello americano, per ragioni sia di densità che giuridiche, in quanto i titoli di proprietà, che negli Usa vanno fino in profondità, nei Paesi europei rimangono in superficie, il che frena gli investimenti. Stiamo però creando una rete tecnologica e scientifica europea per mappare le risorse disponibili, e analizzare i pro e i contro sotto i profili tecnologico e di protezione ambientale. Occorre quindi continuare a credere nell’energia verde, che oggi genera ricchezza e nuova occupazione, e creare un mercato pan europeo dell’energia con i nostri vicini, che potrebbero applicare la nostra stessa regolamentazione, aprendo il mercato a una maggiore concorrenza con una spinta al ribasso dei prezzi”.
Energia, le sfide per l’Italia
La Commissione vede tre sfide nell’energia per l’Italia: in primo luogo la dipendenza energetica, nel nostro Paese superiore al tasso medio europeo che è del 54-55%. “Questo rappresenta un rischio: l’Italia deve continuare a diversificare le proprie fonti – commenta Barbaso -, senza dipendere tanto fortemente dal gas. In secondo luogo, il prezzo dell’elettricità ha raggiunto livelli fortemente anti-competitivi: uno studio condotto a Bruxelles mostra che il prezzo all’ingrosso dell’elettricità in Europa è sceso del 35% tra il 2008 e il 2012, oggi quasi allineato con gli Usa. Di contro, il prezzo al dettaglio è salito del 3,5% annuo per l’industria, e del 5,1-5,2% per le altre utenze. E i prezzi in Italia salgono più che negli altri Paesi. Abbiamo quindi scomposto il prezzo tra materia prima, costo delle reti e tasse e oneri di sistema: con il prezzo all’ingrosso in diminuzione, e gli investimenti necessari per ammodernare le reti, l’aumento grava sulla terza componente. Dal momento però che istanze comunitarie chiedono di appesantire la tassazione ambientale, difficilmente prevediamo uno spazio per frenare l’aumento. La risposta è continuare a investire per aumentare l’efficienza energetica, dove l’Europa fa già molto bene, rappresentando il 40% degli investimenti globali in efficienza, ma dove c’è ancora ampio margine di miglioramento, anche in Italia. Quindi puntare sull’innovazione tecnologica, inesauribile fonte per ridurre i costi, e favorire la creazione di un grande mercato pan europeo”. Infine, l’Italia deve continuare a investire per creare le infrastrutture necessarie a migliorare il funzionamento del mercato interno dell’energia, ancora incompleto nei collegamenti tra nord e sud ma anche con l’Europa.