Le utility e la digital transformation

Dallo European Energy Market Observatory (Eemo): la digital transformation rappresenta per le utility una fantastica opportunità per adattarsi alla transizione energetica, aumentando al tempo stesso la competitività.

Pubblicato il 12 novembre 2015

Capgemini, una delle maggiori aziende di consulenza e servizi di tecnologia e outsourcing a livello mondiale, in partnership con il team Global Research di Natixis, I4CE – Institute for Climate Economics e CMS bureau Francis Lefebvre, ha pubblicato la diciassettesima edizione del report European Energy Markets Observatory (Eemo). Lo studio evidenzia che nel 2015, così come nel 2014, i mercati europei dell’elettricità e del gas sono rimasti molto instabili e che nonostante il rafforzamento dell’Europa dell’Energia annunciato a inizio 2015, le misure che saranno attuate per ripristinare condizioni di mercato coerenti e migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento non sono abbastanza veloci né concrete. In questo scenario cupo i fornitori di utility devono assolutamente agire per raccogliere i frutti della trasformazione digitale. Inoltre, alla vigilia di COP21, l’Osservatorio approva le iniziative di Stati Uniti, Cina ed Europa, ma richiama l’attenzione dei partecipanti alla conferenza sullo specifico scenario odierno generato dal basso del prezzo degli idrocarburi.

Dal report dell’Osservatorio di quest’anno si possono desumere tre evidenze principali.

La prima è la transizione energetica e trasformazione digitale: due mutazioni che beneficiano l’una dell’altra in modo positivo. In Europa, oltre a dover migliorare la produttività, le aziende di utility sono chiamate ad affrontare una transizione energetica che determinerà un forte impatto sul loro modello di business. Antonio Barile, Vice President Energy and Utilities di Capgemini Italia, dichiara: “In questo duplice scenario è imperativo che le aziende di utility attuino la trasformazione digitale in modo rapido e completo, in quanto questo consentirà loro di adeguarsi alla situazione dei nuovi mercati e aumentare la produttività. La coincidenza di queste due mutazioni offre ai fornitori di utility la reale opportunità di trasformarsi in aziende di servizi, occasione che devono cogliere al volo”. L’Osservatorio prende atto dei molteplici cambiamenti nei modelli di business innescati dalla transizione energetica, come ad esempio la produzione distribuita, la gestione complessa della rete elettrica con una quota crescente di energie rinnovabili (smart grid), la gestione della domanda, i “prosumer”, i contatori intelligenti che migliorano la conoscenza dei consumatori da parte degli operatori (data mining), nuove relazioni con i clienti, Internet of Things. Questi cambiamenti coincidono con la depressione dei mercati all’ingrosso dell’elettricità e del gas e con il drastico calo dei prezzi del petrolio che accentua la flessione dei prezzi di tutti i prodotti energetici.

Infine, come evidenziato dal team Utilities nell’ambito del Global Markets Research di Natixis, “La situazione finanziaria delle aziende di utility rimane difficile e le performance dei loro titoli sono scarse. Molti operatori di settore europei sono fortemente influenzati dalla tendenza al ribasso dei prezzi all’ingrosso. In questo contesto, negli ultimi anni le aziende di utility europee hanno adottato diverse iniziative di rafforzamento del bilancio come la vendita di asset e l’emissione di debito ibrido. Tuttavia, nonostante queste iniziative, i loro livelli di indebitamento restano alti”.

La seconda evidenza che si può desumere dall’Osservatorio è che è improbabile che la conferenza COP21 porti a misure sufficientemente forti e tempestive tali da limitare l’aumento della temperatura globale di 2°C. Pertanto è fondamentale che, oltre agli sforzi di mitigazione per gestire le emissioni di gas effetto serra, vengano adottate e finanziate iniziative di adattamento che limitino gli effetti del riscaldamento globale sulla popolazione e le infrastrutture. La conferenza sul clima COP21 si svolgerà in un contesto sfavorevole a breve termine: dato il basso prezzo degli idrocarburi, il ritorno sugli investimenti finalizzati a sostituire questi prodotti e quindi a limitare le emissioni di gas effetto serra non è sufficiente. Con la fine programmata delle tariffe di riacquisto, la diminuzione di questi prezzi avrà ripercussioni anche sulla velocità di sviluppo delle rinnovabili, dato che i loro prezzi di vendita saranno sempre più legati ai prezzi del mercato all’ingrosso. Alla vigilia di COP21 l’Osservatorio prende atto dei progressi positivi compiuti dai principali responsabili delle emissioni di CO2. Negli Stati Uniti il presidente Obama si è impegnato a ridurre del 26-28% le emissioni di CO2 del Paese entro il 2025 (rispetto al 2005) e sta cercando di imporre una regolamentazione più severa alle centrali a carbone. In Cina il premier Li Keqiang è impegnato a ridurre l’intensità del carbonio per unità di Pil del 60-65% entro il 2030 (rispetto al 2005). L’Osservatorio rileva inoltre che l’Europa è in una certa misura la “brava della classe”. Tuttavia, è necessario armonizzare le varie misure adottate per ridurre le emissioni di CO2 (ad esempio Emissions Trading Scheme o Ets, rinnovabili, efficienza energetica, tecnologie Carbon Capture and Storage o Ccs) poiché queste iniziative generano costi molto diversi e danno al mercato segnali incoerenti.

La terza evidenza deducibile dall’Osservatorio riguarda i mercati energetici europei che rimangono molto instabili. Diversi fattori influenzano i mercati europei dell’energia. I prezzi al mercato all’ingrosso dell’elettricità sono bassi (meno di 40 euro/MWh nel primo semestre 2015, in calo dal 2014), mentre i prezzi al dettaglio sono in aumento (+2,9% tra il secondo semestre 2014 e il secondo semestre 2013). Inoltre, in alcuni Paesi europei sussistono rischi in merito alla sicurezza della fornitura di energia elettrica o gas dovuti ai rapporti tesi con la Russia. Infine, gli investimenti a lungo termine nella capacità di generazione programmabile sono scarsi, mentre dovrebbero raggiungere 1,1 trilioni di euro entro il 2025 per le infrastrutture elettriche e del gas, di cui 500 miliardi destinati alla generazione.

“Nonostante un’analisi rilevante, gli annunci dell’Unione dell’Energia all’inizio del 2015 non lasciano intravedere misure sufficientemente rapide e tangibili per ripristinare un mercato coerente e migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti”, spiega Colette Lewiner, esperta Capgemini di livello mondiale per l’energia e le utility. “Una ripresa coerente del mercato comporterebbe: l’accelerazione della riforma del mercato Ets dell’Ue con l’attuazione, entro la fine del decennio, della Market Stability Reserve adottata dall’Unione europea (questo meccanismo consentirà di adeguare, con regole predefinite, il volume delle quote di carbonio da scambiare sul sistema Ets dell’Ue in modo da garantire la stabilità di questo mercato) e l’introduzione di un organismo di regolamentazione centrale per questo mercato, l’implementazione obbligatoria di nuove regole e norme di efficienza energetica per gli edifici e per tutte le fonti rinnovabili intermittenti (in particolare solare ed eolica), la rapida sospensione delle tariffe di riacquisto e la loro sostituzione con prezzi di vendita agganciati al mercato”.

Per migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, l’Osservatorio emana quattro raccomandazioni: implementazione in modo più rapido e coerente di meccanismi di remunerazione della capacità; continua esplorazione del gas di scisto per uso domestico; studio e finanziamento dell’implementazione di una rete ad alta tensione realmente unificata e più intelligente; l’assegnazione di maggiori risorse di ricerca e sviluppo per soluzioni competitive di immagazzinamento dell’energia elettrica.



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