La volatilità del costo dell’uranio incide minimante sul prezzo del chilowattora
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Per molti economisti, l’attuale febbre dei prezzi dei carburanti è stata salutare, in quando ha contribuito a riaccendere l’interesse nei confronti delle fonti rinnovabili di energia come il solare, l’eolico e il geotermico. In Italia, in particolare, questa mutevolezza dei prezzi ha riaperto il dibattito sul nucleare, bandito dopo il referendum del 1987.
Dopo il crollo degli anni Ottantaa seguito degli incidenti in diverse centrali nucleari e degli accordi di smantellamento degli armamenti nucleari tra Russia (URSS) e Stati Uniti, il consumo dell’uranio ha superato oggi la produzione e i giacimenti esistenti si stanno esaurendo. Attualmente il 33% della produzione proviene dalle scorte militari e civili che dovrebbero diminuire del 70% entro il 2030, mentre l’estrazione crescerà solo del 20%. Le attuali riserve naturali sono sufficienti a coprire le esigenze esistenti per 70 anni, ma la World Nuclear Association (WNA) stima che la capacità nucleare installata potrebbe anche raddoppiare entro il 2030.
Negli ultimi anni, infatti, l’utilizzo sui mercati dell’elettricità è cambiato, ma non ha particolarmente risentito dell’aumento del 1.000% del costo dell’uranio registrato negli ultimi sette anni. Questo perché il prezzo del chilowattora in uscita dalle centrali nucleari è dipendente solo per il 20% dal costo del carburante nucleare. Il resto è dovuto agli investimenti iniziali, alla manutenzione, all’arricchimento del carburante e al trattamento delle scorie. Il chilowattora “nucleare” è, quindi, abbastanza insensibile alla volatilità del prezzo dell’uranio: un incremento del 50% della materia prima porterebbe solo a un aumento del 3,2% del prezzo in uscita dalle centrali.
Queste considerazioni unite alle tensioni sul mercato del petrolio e del gas, alla necessità di sviluppare fonti energetiche che non provocano emissione di gas ad effetto serra e alla volontà dell’Italia di condurre una politica energetica di maggiore indipendenza fanno, quindi, supporre che il nucleare ritornerà in scena nel nostro Paese, come evidenziato anche dai lavori e dagli investimenti condotti di recente da Enel. È però altrettanto certo che questo rilancio del nucleare in Italia si accompagnerà dell’aumento dell’uso delle energie rinnovabili e dei biocarburanti nel settore trasporti.
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