L’inquinamento nelle aree metropolitane: la conoscenza per la gestione

Pubblicato il 15 ottobre 2002

Indipendentemente dalle cause dirette od indirette, la presenza di elevate concentrazioni di inquinanti atmosferici nei centri urbani, ed in particolare di polvere fine, è stata correttamente messa in relazione a possibili danni sulla popolazione, che le recenti ricerche epidemiologiche hanno reso sempre più evidenti. Dunque, l’occasione data dagli episodi di inquinamento ha consentito ai responsabili della tutela della salute pubblica di prendere coscienza del fenomeno e di pianificare in modo più incisivo i programmi per il suo controllo. Negli ultimi anni, l’attenzione verso la genesi degli episodi di inquinamento atmosferico, i livelli di concentrazione degli inquinanti, i loro effetti sulla salute ed i programmi di risanamento è generalmente diminuita, grazie anche al piccolo ma continuo miglioramento che si è avuto nella qualità dell’aria dei centri urbani del Paese. L’utilizzo di nuovi propulsori, di nuovi carburanti e l’adozione su vasta scala dei catalizzatori per il trasporto privato, nonché una politica di maggiore utilizzo di gas naturale per il riscaldamento domestico, hanno infatti provocato una diminuzione generale dell’inquinamento atmosferico nei grandi centri urbani, e questo ha determinato un significativo calo di attenzione nei riguardi del problema. D’altra parte, i programmi di monitoraggio recentemente varati sulle polveri sottili PM10 hanno mostrato, nel corso dell’inverno 2001-2002, livelli di concentrazione abbondantemente superiori ai valori limite fissati dalla Direttiva 99/30. Ciò impone l’adozione di misure e programmi orientati al controllo ed al governo dell’inquinamento atmosferico, misure il cui successo è strettamente dipendente dal grado di conoscenza delle caratteristiche dei fenomeni di inquinamento, e quindi dei processi di emissione, trasformazione e diffusione delle specie inquinanti. Appare dunque opportuno esaminare da un punto di vista tecnico-scientifico i principali problemi relativi alla valutazione della qualità dell’aria, onde fornire informazioni utili al governo dell’ambiente atmosferico e all’orientamento del mondo della ricerca e dello sviluppo verso studi e soluzioni più confacenti alla realtà di un fenomeno che certamente interesserà anche gli anni a venire.

Le emergenze e la loro gestione

La gestione delle emergenze secondo la prassi consolidata dalla normativa italiana ha portato a notevoli incongruenze e all’impossibilità pratica di attuare un programma veramente efficace. Una simulazione degli effetti e del reale impatto di questi provvedimenti può essere effettuata facendo riferimento alle delibere della maggior parte delle Amministrazioni, che impongono, al superamento di determinate soglie di concentrazione, un drastico ridimensionamento delle emissioni inquinanti mediante provvedimenti tipo targhe alterne o blocchi del traffico. La simulazione è stata operata sui dati di una delle stazioni della rete di rilevamento della qualità dell’aria della Città di Roma (piazza Fermi); i risultati sono riportati nella tabella 1. La simulazione è stata effettuata assumendo che i provvedimenti vengano imposti al superamento della soglia di 70 µg/m3 e che questi possano limitare l’emissione degli inquinanti del 33% (caso B) o del 66% (caso C). La tabella fa riferimento a due diversi scenari: nel primo, il dato di partenza è il dato reale di concentrazione media annua del PM10, mentre il secondo simula la condizione di una ipotetica città con qualità dell’aria peggiore, ottenuta aumentando del 30% il dato di partenza del primo scenario. I risultati mostrano che i provvedimenti presi, per 4 giorni nel primo e per 34 giorni nel secondo scenario, si dimostrano assolutamente inutili in quanto le concentrazioni medie non sono significativamente alterate. Analogamente, il numero dei superamenti delle concentrazioni di riferimento non mostra variazioni significative in nessuno dei quattro casi. è da mettere in evidenza che tali risultati non sono inaspettati, in quanto sono facilmente desumibili dal tipo di distribuzione statistica dei dati. Quanto riportato dimostra che i provvedimenti presi in relazione alle soglie di attenzione e di allarme, oltre a porre il problema della legittimità per le Amministrazioni di fissare soglie che in base alla Direttiva 96/62 possono essere fissate solo dalla Commissione, si dimostrano inutili. D’altra parte, i provvedimenti di targhe alterne e di blocco del traffico hanno dimostrato la loro inutilità già da diversi decenni, ed appare veramente singolare che essi non siano ancora scomparsi dal paniere di provvedimenti di emergenza attualmente in uso per la riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico. Dunque, la possibilità di limitare l’inquinamento atmosferico passa solo attraverso l’adozione di provvedimenti strutturali che limitino in modo permanente le emissioni inquinanti. Ad esempio, nello scenario 1 sarebbe sufficiente abbassare i livelli di emissione del 10-15% per poter rientrare nei limiti di concentrazione previsti dall’attuale legislazione. Non a caso, infatti, la Direttiva Quadro 96/62 prende in considerazione solo i provvedimenti strutturali di limitazione delle fonti di emissione, dichiarando implicitamente l’essenziale inutilità di qualsiasi provvedimento di emergenza.

Il monitoraggio dei provvedimenti

Pianificare i provvedimenti di limitazione delle fonti emissive, ed in particolare del traffico veicolare, presuppone anche la possibilità di verificare in tempi brevi la loro efficacia pratica. Il semplice monitoraggio della concentrazione delle specie inquinanti potrebbe non fornire una risposta adeguata a questa necessità di conoscenza, poiché le emissioni sono condizionate solo dall’attività delle fonti emittenti, mentre le concentrazioni sono anche funzione della situazione meteorologica. In altri termini, la variabilità annuale dei livelli di concentrazione misurati sperimentalmente è dovuta non soltanto alla variazione dei livelli emissivi degli inquinanti, ma anche all’inevitabile variabilità meteorologica. Per valutare l’efficacia dei provvedimenti di limitazione delle emissioni, e quindi dei piani di risanamento, è dunque necessario disaccoppiare la variabile meteorologica da quella emissiva. A tale proposito, nell’Istituto è stata sviluppata una tecnica di valutazione della stabilità atmosferica basata sull’uso del radon quale elemento tracciante di questa variabile. In figura 1 vengono mostrati i livelli di radioattività naturale, dovuta al decadimento radioattivo del radon, misurati nella città di Roma durante alcuni giorni dell’estate 2001. Dalla figura si può notare che i livelli massimi di radioattività naturale sono misurati nel corso delle ore notturne e del primo mattino, periodo cui corrisponde il minimo rimescolamento atmosferico e quindi la massima stabilità. Al contrario, nelle ore pomeridiane si assiste alla minima stabilità atmosferica e al massimo rimescolamento, che corrispondono ai livelli minimi della radioattività naturale.