L’evoluzione della normativa..
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Evoluzione
Il succedersi degli aggiornamenti normativi ha delineato una linea evolutiva del sistema di incenerimento che dal punto di vista tecnico si può sintetizzare in alcuni punti fondamentali:
– determinazione di limiti alle emissioni più restrittivi, come meglio definito al punto successivo;
– definizione del limite all’emissione delle PCDD/F (policlorodibenzodiossine e policlorodibenzofurani) sulla base del concetto di tossicità equivalente;
– necessità dell’esistenza di una zona del forno in cui si verifichino condizioni ottimali di ossidazione degli incombusti, senza dovere ricorrere alla camera di postcombustione vera e propria che non viene di fatto più richiesta;
– incremento della sicurezza dell’impianto e della sua conduzione attraverso una serie di accorgimenti gestionali e costruttivi, fra cui:
– controllo in continuo delle emissioni, per quanto attiene al materiale particellare, monossido di carbonio, acido cloridrico, acido floridrico, composti organici, ossidi di azoto, ossidi di zolfo temperatura e acqua;
– controllo in continuo delle variabili di processo per quanto riguarda la temperatura dei gas e la concentrazione dell’ossigeno nella camera di combustione;
– presenza di allarme e blocco dell’attività collegato ai controlli di cui ai punti precedenti;
– rapida informazione all’autorità competente;
– trasparenza di informazione presso l’opinione pubblica;
– definizione del livello di sostenibilità dell’investimento in funzione della potenzialità dell’impianto;
– obbligo di effettuare il recupero energetico col massimo rateo possibile.
Il successivo processo evolutivo della normativa in materia di controllo delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento è rappresentato dalla nuova direttiva comunitaria 2000/76/CE del 4 dicembre 2000.
Questo nuovo riferimento si presenta come Testo Unico sull’incenerimento e quindi in Italia andrà a prendere il posto sia del D.M.n.503/97 che del D.M.n.124/2000.
Esso riguarda sia l’incenerimento che il coincenerimento dei rifiuti pericolosi e non, e ripropone nuovi limiti alle emissioni, peraltro coincidenti con quelli del D.M.n.124/2000 per le medie giornaliere, mentre per le medie semiorarie introduce anche il limite sul 97° percentile.
Oltre a fissare le emissioni in atmosfera, la direttiva 2000/76/CE impone la necessità di esercitare un maggiore controllo dell’inquinamento prodotto da un impianto nell’ambiente unitariamente inteso, ad esempio fornendo anche i limiti allo scarico delle acque reflue provenienti dalla depurazione dei fumi, sviluppando il concetto di “Autorizzazione Integrata Ambientale” introdotto dal D.Lgs.n.372/1999 sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, a sua volta parziale attuazione della direttiva comunitaria 96/61/CE IPPC.
Valori limite di emissione in atmosfera
I limiti alle emissioni relativi alle diverse tipologie di rifiuti inceneriti (sia pericolosi che non pericolosi) non si differenziano in maniera sostanziale, particolarmente per quanto riguarda i microinquinanti.
A questo proposito si ricordano i limiti fissati dai sopra menzionati decreti n.503 del 19/11/97 per l’incenerimento dei rifiuti non pericolosi (urbani, speciali non pericolosi e taluni rifiuti sanitari) e n.124 del 25/02/2000 per l’incenerimento ed il coincenerimento dei rifiuti pericolosi.
Tuttavia se risulta assolutamente di poca entità la differenziazione fra i limiti imposti dal D.M.n.503 del 19/11/1997 e quelli imposti dal D.M.n.124 del 25/02/2000, appare sicuramente molto marcata la differenza fra i valori prescritti da questi decreti e quelli contenuti nel D.M.n.51 del 12/07/1990 recante le “Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione”.
Può essere utile per seguire l’evoluzione dei limiti alle emissioni per gli impianti di incenerimento, prendere in considerazione la tabella 1 che mette a raffronto le prescrizioni dei due riferimenti normativi nazionali distanziati temporalmente di 10 anni l’uno dall’altro.
Si può notare come si passi verso valori sempre più restrittivi, anche con variazioni notevoli.
Ovviamente l’evoluzione della normativa italiana sopra riportata ha una sua spiegazione anche in termini di normativa comunitaria di riferimento, come si vede dal confronto fra i limiti imposti dalle due direttive comunitarie del 1989 e del 1994, quest’ultima relativa ai rifiuti pericolosi (tabella 2).
Prescindendo dal confronto con il passato, risulta importante anche proporre un altro raffronto fra le normative vigenti attualmente in Italia e la nuova direttiva comunitaria, citata in precedenza, che costituisce il nuovo Testo Unico sull’incenerimento (tabella 3).
Conclusioni
Il controllo delle emissioni in atmosfera prodotte da un impianto di incenerimento di rifiuti, si basa essenzialmente sia su interventi di tipo preventivo che sull’applicazione di idonee tecnologie di depurazione dei fumi.
Gli interventi preventivi sono orientati verso la riduzione della possibilità di formazione di alcuni inquinanti.
Questi interventi consistono in una serie di accorgimenti impiantistici e gestionali che favoriscono l’ottimizzazione delle reazioni di combustione e la minimizzazione dell’attività di importanti percorsi di riformazione a valle delle zone di combustione.
Fra gli interventi preventivi può essere inserita anche la raccolta differenziata e la selezione del rifiuto, al fine di allontanare quelle componenti merceologiche potenzialmente pericolose in termini di costituzione della massa inquinante nei fumi e/o nei residui solidi costituiti da ceneri e scorie.
A loro volta, i trattamenti depurativi devono essere in grado di garantire elevati valori di efficienza di rimozione del particolato, dei metalli ad esso associato, dei gas acidi e di alcuni microinquinanti organici presenti in fase vapore.
In questo contesto, l’evoluzione delle normative è indirizzata verso la definizione di specifiche condizioni realizzative e gestionali degli impianti e verso la imposizione di limiti alle emissioni sempre più restrittivi, in particolare a seguito dell’entrata in vigore dei decreti ministeriali n.503 del 19/11/1997 e n.124 del 25/02/2000.
La conseguenza è naturalmente l’obbligo di orientarsi verso l’adozione delle migliori tecnologie disponibili, con un sistema di controllo costituito da un’adeguata combinazione delle due tipologie di intervento sopra citate, con configurazioni impiantistiche avanzate dei sistemi di depurazione, soprattutto per quanto attiene al contenimento dei microinquinanti difficilmente condensabili (in particolare mercurio e organoclorurati) ed eventualmente anche agli ossidi di azoto.
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