Il compostaggio per uno sviluppo sostenibile

Pubblicato il 15 gennaio 2002

Negli ultimi decenni, con il progressivo miglioramento delle condizioni economiche, con il veloce progredire dello sviluppo industriale e con l’incremento della popolazione e delle aree urbane, le problematiche connesse alla produzione di rifiuti hanno assunto proporzioni sempre maggiori. Inoltre, la diversificazione dei processi produttivi ha generato la moltiplicazione delle tipologie dei rifiuti con effetti sempre più nocivi per l’ambiente. Infine, per certi aspetti, anche le iniziative messe in atto per far fronte ad altre emergenze ambientali, quali l’inquinamento idrico e atmosferico, hanno contribuito ad accrescere il volume dei rifiuti: ne sono un esempio i fanghi o i residui di depurazione degli impianti di combustione. Per di più, se la quantità totale dei rifiuti prodotti rappresenta una misura dell’impoverimento delle risorse, l’impatto generato sull’ambiente dipende anche e soprattutto dalla qualità dei rifiuti: le sostanze pericolose in essi contenute, anche in piccole quantità, possono generare notevoli problemi ambientali. I rifiuti sono, quindi, una delle problematiche più complesse che la moderna società si trova ad affrontare e che deve trovare soluzione da un lato attraverso interventi volti alla prevenzione, ovvero alla riduzione dei rifiuti alla fonte, e dall’altro, tramite una gestione più efficiente ed un maggiore tasso di riciclo e recupero. L’utilizzo più razionale della frazione organica dei rifiuti, recuperata attraverso la raccolta differenziata, è la produzione di compost. In questo settore l’Italia risulta essere nella media europea sia come numero di impianti sia come raccolta dell’umido, che interessa ormai il 9-10% della popolazione (media nazionale).

Anche se i dati relativi alla capacità specifica di intercettazione del sistema nel nostro Paese (ca. 30 kg·ab-1·anno-1) sono ancora lontani dai circa 75 kg·ab-1·anno-1 raggiunti dalla Germania o dagli oltre 100 di Olanda, Danimarca e Austria, essi denotano una situazione di sviluppo recente, ma sostenuto, e pongono l’Italia un gradino sopra altri Paesi, quali Gran Bretagna, Francia e Spagna.

Un’industria in crescita

Fino a 10 anni fa l’industria del compostaggio era pressoché inesistente, con 10 impianti censiti nel 1993 per una capacità complessiva di trattamento di 200.000 tonnellate/anno di sostanza organica. L’entrata in vigore del D.Lgs. 22/97, che impone l’obiettivo di raccolta differenziata del 35% entro il 2003, il contemporaneo aumento del costo di smaltimento in discarica e la crescita della sensibilità ambientale hanno indubbiamente segnato un punto di svolta per la crescita del settore del compostaggio. Infatti, circa il 35% dei rifiuti urbani sono organici e quindi compostabili, per un potenziale trattamento di circa 6 milioni di tonnellate annue. Secondo i dati forniti dal Consorzio Italiano Compostatori, ad oggi, il numero di impianti di compostaggio ammonta a 114 e la quantità di compost prodotto è pari a 1,4 milioni di tonnel-late/anno dei quali 500 mila è rappresentato da compost di qualità. La potenzialità media degli impianti è relativamente bassa, circa 10.000 t/a, tuttavia i nuovi impianti hanno normalmente una capacità oltre le 30.000 t/a e, pur rappresentando soltanto il 7% degli impianti, trattano il 31% di tutte le frazioni avviate a compostaggio a differenza degli impianti più vecchi (con una potenzialità di circa 10.000 t/a), che sono il 67% degli impianti attivi ma trattano il 47% delle matrici compostabili, a dimostrazione della tendenza verso l’industrializzazione del processo.

Complessivamente, a fronte di un quantitativo trattato intorno a 1.500.000 t/a, la capacità complessiva di trattamento degli impianti oggi esistenti e funzionanti è di oltre 2.000.000 t/a, con la possibilità quindi di accettare un incremento quantitativo di raccolte differenziate di frazioni organiche senza entrare in crisi di capacità. Sempre secondo il CIC, per raggiungere l’obiettivo di raccolta differenziata del 35%, delle circa 10.000.000 t/a totali di organico disponibile nei RSU, si dovrà giungere almeno ad una raccolta di 6.000.000 t/a di frazione organica da trattare, anche attraverso incentivi ai Comuni che si trovano in difficoltà economica per avviare la raccolta differenziata. Il numero di Impianti necessari per trattare l’ulteriore quantità di 4 milioni di tonnellate di frazioni organiche dei RSU, alle quali va aggiunta una percentuale di circa il 30% di frazioni organiche di altra provenienza ed ad elevato contenuto fibroso, è stimato dal CIC in circa 150, con una capacità media di 35.000 t/a ciascuno. Gli investimenti, comprensivi delle strutture di protezione ambientale, saranno, considerando che un impianto di queste dimensioni richiede un investimento di circa 20 miliardi di Lire, pari a circa 3.000 miliardi. La dimensione economica del settore è dunque diventata rilevante (giro di affari complessivo dei 114 impianti censiti superiore ai 350 miliardi): le Aziende che raccolgono e trattano le frazioni organiche, occupano in modo diretto 1700 addetti, quasi tutti nuovi posti di lavoro creati negli ultimi anni.

Il dato più significativo è quello che proietta la dimensione economica del settore a regime, cioè quando gli impianti dovranno trattare più di 7,5 milioni di t/a di frazioni organiche e una parte dei fanghi di depurazione che non saranno più smaltiti in agricoltura: il CIC ipotizza che gli impianti daranno lavoro ad oltre 4000 dipendenti e avranno un giro di affari superiore ai mille miliardi annui.
Il dato più significativo è quello che proietta la dimensione economica del settore a regime, cioè quando gli impianti dovranno trattare più di 7,5 milioni di t/a di frazioni organiche e una parte dei fanghi di depurazione che non saranno più smaltiti in agricoltura: il CIC ipotizza che gli impianti daranno lavoro ad oltre 4000 dipendenti e avranno un giro di affari superiore ai mille miliardi annui. Se al compost di qualità si aggiungono poi gli impianti di selezione automatica, o meglio produttori di CDR e di FOS (Frazione Organica Stabilizzata), dai dati del 2000 (circa 2.000.000 di ton di RSU sottoposti a tale trattamento con un contenuto di frazioni organiche di circa 700.000 ton) si estrapola che, a fine 2002, almeno 6.000.000 di t/a di RSU saranno trattati con questo sistema.

L’industria del compostaggio, e più in generale quella del trattamento delle frazioni organiche, è quindi maturata e cresciuta ed ha ampi margini di sviluppo. Il compost di qualità prodotto in Italia ammonta attualmente a circa 500.000 t/a, di cui il 50% del totale è utilizzato da produttori di terricci, che lo mescolano con altro materiale, lo insaccano e lo vendono, il 20% da agricoltori locali e il 30% è venduto direttamente ai consumatori per il giardinaggio. Il prezzo di mercato è molto vario, tra le 20.000 e 80.000 Lire/t; comunque il compost di qualità viene generalmente venduto nonostante la mancanza di incentivi e/o contributi da parte dello Stato. Nonostante le condizioni di mercato si presentino favorevoli, il prevedibile aumento della produzione dovrà essere accompagnato da una crescita programmata del mercato.