I problemi ambientali del 21° secolo

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Pubblicato il 15 novembre 2001

Seguono, inoltre, la diminuzione delle risorse idriche, la distruzione delle foreste, l’inquinamento dell’acqua e dell’aria ed il problema dei rifiuti solidi.

Molti scienziati vedono, attraverso il riscaldamento dell’atmosfera e l’effetto serra, profondi cambiamenti delle condizioni di vita sulla terra.

Ci saranno modifiche delle zone climatiche, lo scioglimento dei ghiacciai alpini e quello delle calotte polari, con gravi conseguenze sull’intero ecosistema.

Già si osservano modifiche sulla superficie dei mari, la scomparsa di piccole isole o la sommersione di aree costiere, come in Bangladesh o nei Paesi Bassi.

Per discutere sul riscaldamento globale, nel giugno del 1952 a Rio de Janeiro 150 Paesi firmarono una Convenzione sul cambiamento del clima, quale prima importante tappa a livello precauzionale.

L’obiettivo ultimo è la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas ad effetto serra ad un livello in grado di prevenire danni che possono interferire con il sistema climatico.

La Convenzione, come tutti ben sanno, richiede a ciascun Paese una riduzione delle emissioni di biossido di carbonio (CO2) e degli altri gas serra ai livelli del 1990, nonché di fornire assistenza ai Paesi in via di sviluppo.

L’attenzione degli scienziati dell’UNEP riservata ai problemi del clima (circa il 51%) è quasi dimezzata per altri problemi dell’ambiente, come quello relativo alla scarsità dell’acqua, all’inquinamento e alla deforestazione.

Sono ben lontani i tempi della Conferenza di Stoccolma, di Rio della Plata, del decennio idrologico (1980-1990) ed anche di quelle più recenti di Parigi e dell’Aja.

Anche nel nostro Paese l’interesse sembra diminuito, dando maggiore peso al problema dei rifiuti che, a nostro giudizio, è solo di tipo gestionale.

L’inquinamento delle acque è sicuramente una delle questioni più preoccupanti: nonostante l’applicazione delle politiche per la loro protezione e tutela, molti sono ancora i problemi da risolvere.

Le conseguenze del degrado della qualità dell’acqua si ripercuotono sia con la diminuzione quantitativa delle risorse idriche disponibili, sia con gli effetti sulla salute dell’uomo e degli ecosistemi acquatici.

Anche per altri comparti ambientali, come quello dell’aria, l’interesse scientifico, pur abbastanza elevato (20%), non accoglie più i favori di una volta.

Ma la popolazione come percepisce i problemi ambientali?

Due esempi recenti illustrano l’importanza della partecipazione del pubblico al dibattito sui problemi ambientali e come esso avverta e giudichi, in generale, in maniera totalmente differente da quella dei decisori.

Nel 1995 la compagnia petrolifera Shell decide di eliminare la sua piattaforma di perforazione off-shore nel Mare Atlantico del Nord affondandola sul posto, ma ha dovuto rivedere la decisione a seguito di una forte protesta del pubblico, contrario a questo sistema di affondamento.

In questi ultimi tempi si osserva un movimento di opposizione sempre più marcato della popolazione nei confronti degli alimenti transgenici.

Nato in Europa, questo movimento di opposizione ha avuto un effetto amplificato negli Stati Uniti.

La Monsanto, leader americana dei prodotti agricoli, ha tentato allora di avere dalla sua parte i consumatori europei.

Questo tentativo ha avuto però un effetto opposto, forse anche perché capitato in occasione dell’encefalite spongiforme bovina, malattia comunemente chiamata “della mucca pazza”.

Il pubblico europeo si è ribellato contro le autorità tolleranti per quanto riguarda un certo sistema di produzione agricola, che ingrassa gli animali erbivori con scarti di mattatoi e contro il lassismo dei controlli sanitari.

Questi due esempi sono significativi perché quando si tratta di prendere una decisione che riguarda problemi ambientali complessi è troppo rischioso basarsi unicamente sul parere degli esperti.

Nel caso delle biotecnologie gli scienziati cercano di determinare l’impatto potenziale degli organismi transgenici sulla salute umana e sugli ecosistemi, ma per i consumatori, o per un buon numero di questi, la domanda fondamentale è semplicemente di sapere se questa forma di produzione è per se stessa tollerabile.

È vero anche il contrario e si avrebbe torto a basarsi esclusivamente sull’opinione pubblica.

Allora, il dilemma di ogni politica ambientale è di scegliere tra tecnocrazia e populismo, ben sapendo che né l’una né l’altra sono sufficienti e che per uscire da questo dilemma è necessario trovare una procedura che associ il sapere scientifico all’aspetto sociale.

La partecipazione della popolazione nei progetti di valutazione ambientale rappresenta un passo in questa direzione e si cita il progetto europeo Ulysses (acronimo di Urban Lifestile Sustainability and Integrated Environmental Assessment) che ha come obiettivo principale lo sviluppo di metodi di partecipazione per la valutazione ambientale integrata e l’applicazione di questi metodi alle questioni dei cambiamenti climatici e del consumo di energia.

Uno dei punti rilevanti del progetto è stata la creazione di “gruppi di riflessione”, come suggerisce Berd Kasemin et al.

sulla rivista Environment (aprile 2000), per una valutazione, in luogo di informazioni dettagliate ma frammentate, che permetta a più discipline scientifiche di interpretare di combinare e di scambiare il proprio sapere, allo scopo di facilitare la comprensione di fenomeni complessi.

Nel caso di progetti sui cambiamenti climatici, i risultati di gruppi di lavoro costituiti in alcune città europee: Atene, Barcellona, Francoforte, Manchester, Stoccolma, Venezia e Zurigo lasciano intravedere che per avere una protezione accettabile del clima è necessaria una politica volta a trovare soluzioni a buon mercato in grado di ridurre considerevolmente il consumo di energia.

La valutazione ambientale integrata, che può essere estesa agli altri problemi ambientali del 21° secolo, offre due vantaggi: essa permette di pervenire a risultati migliori rispetto a quelli ottenuti dalle discipline che lavorano indipendentemente le une dalle altre; i politici e l’opinione pubblica beneficiano di informazioni scientifiche integrate e dunque di migliore qualità.