Freddas: il sole “irriga” le terre del Senegal

Con il progetto Freddas, la resa agricola è più che triplicata, il consumo idrico abbattuto del 70% e costo dell’energia elettrica dimezzato grazie a nuovi impianti fotovoltaici e pompe ad alta efficienza.

Pubblicato il 10 aprile 2015

Coltivare terreni a rischio desertificazione utilizzando tecnologie innovative che abbinano impianti fotovoltaici con elettropompe ad alta efficienza per l’irrigazione. È quanto sta accadendo in Africa, nel nord del Senegal, grazie a know how italiano applicato nell’ambito di un progetto Freddas finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale con il supporto di un gruppo di tecnici Enea.

Gli esperti dell’Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile hanno curato la progettazione e la realizzazione dei due impianti fotovoltaici da 100 kWp e 50 kWp che alimentano sistemi di irrigazione goccia a goccia, utilizzando l’acqua del fiume Senegal e di alcuni pozzi. In questo modo il consumo idrico si riduce del 70% ed è possibile coltivare circa 60 ettari di terreno, assicurando il fabbisogno alimentare di oltre 900 persone.

L’energia elettrica prodotta dai moduli è pressoché costante nell’arco dell’anno e, nei periodi in cui non serve per il pompaggio, viene utilizzata per conservare i prodotti in celle frigorifere. Un piccolo generatore diesel integra la produzione fotovoltaica per le richieste di picco.

“Finora per pompare l’acqua le famiglie utilizzavano motopompe diesel, con un costo di produzione di 40-50 centesimi a kilowattora”, spiega Marco Stefanoni, il tecnico Enea che ha progettato gli impianti. “Con l’irrigazione solare, invece, la spesa si dimezza ed è possibile ottenere fino a tre raccolti annuali, aumentando sia la resa agricola sia il reddito dei beneficiari”.

L’utilizzo di questi nuovi impianti favorisce inoltre il miglioramento delle attività di conservazione e trasformazione dei prodotti alimentari, un aspetto fondamentale per un continente dove la popolazione raddoppierà da 1 a 2 miliardi entro metà secolo.

“Per una realtà come quella dell’Africa con un’economia che quadruplicherà in meno di 40 anni, ma dove ad oggi solo 300 milioni di persone hanno accesso all’energia elettrica, il ricorso alle rinnovabili sarà decisivo non solo per contrastare la povertà”, sottolinea Giovanni De Paoli, responsabile per l’Enea del progetto Freddas, “ma anche per limitare l’uso dei combustibili fossili e contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici”.

“Nonostante l’insolazione particolarmente favorevole tutto l’anno, in Africa lo sviluppo del fotovoltaico incontra ancora molti ostacoli quali la scarsa qualità dei componenti, la mancanza di tecnici locali, le difficoltà di accesso al credito e i rischi legati alle situazioni politico sociali. Progetti come Freddas”, aggiunge De Paoli, “consentono di superare queste barriere”.

Prima di costruire gli impianti, i tecnici Enea – agronomi, ingegneri e biologi – hanno lavorato per 2 anni insieme alle comunità locali per individuare le soluzioni tecniche ed economiche più appropriate. Oltre alla formazione di tecnici locali, il progetto Freddas ha realizzato un modello di simulazione, fruibile sul web, per l’analisi tecnico-economica delle prestazioni dei sistemi fotovoltaici off-grid, cioè non collegati alla rete.

“Oggi sono già presenti in Africa imprese cinesi, indiane, coreane che si occupano di elettrificazione”, conclude De Paoli. “Ora, perché l’Italia che è a un passo dall’Africa non deve sfruttare la grande opportunità di mercato rappresentata dall’elettrificazione off grid dell’Africa? In particolare l’Enea, grazie alle conoscenze interdisciplinari di cui dispone, può svolgere un ruolo fondamentale nel potenziamento e nella qualificazione dei progetti promossi dalla Cooperazione Italiana e nel favorire l’ingresso di imprese italiane nei nuovi mercati africani di tecnologie verdi”.



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