Fotovoltaico, il rendimento delle celle aumenta con le vernici ibride

Il sistema, strategico per la transizione ecologica, nasce da una tecnologia fotovoltaica rivoluzionaria basata su vernici a “perovskite ibrida". lo studio pubblicato su Science Advances.

Pubblicato il 16 dicembre 2021

Il settore energetico è responsabile di circa tre quarti delle emissioni di CO2 globali: la fine della dipendenza dai combustibili fossili è il prerequisito per raggiungere gli obiettivi di transizione energetica entro il 2050, come emerso dal COP26 che identifica nelle fonti di energia rinnovabili la chiave per la decarbonizzazione.

In particolare, ad oggi, il solare è la più diffusa tra le rinnovabili, con una crescita record in Europa di capacità fotovoltaica installata di 137.2 GW nel 2020, e un potenziale enorme nei prossimi anni.

Ricerca e innovazione in nuovi materiali e nuove forme di generazione di energia solare rappresentano quindi i pilastri fondamentali per una reale transizione energetica. Un fotovoltaico moderno, dunque, “portabile”, a basso costo, facilmente integrabili in edifici, efficiente e al contempo a ridotto impatto ambientale, in grado di competere con le attuali tecnologie altamente energivore.

Il gruppo Pvsquared2 diretto dalla professoressa Giulia Grancini dell’Università di Pavia lavora in questa direzione sviluppando una tecnologia fotovoltaica rivoluzionaria basata su vernici a perovskite ibrida. Si tratta di inchiostri stampabili, facilmente integrabili mediante processi a basso costo e a ridotto contenuto energetico, in un fotovoltaico innovativo, flessibile, economico e sostenibile. Una soluzione che apre la strada allo sviluppo di nuove tecnologie a basso CapEx e facilmente scalabili.

È di recente dimostrazione, in particolare, in collaborazione con la Yana Vaynzof dell’Università Tecnica di Dresda, un nuovo metodo di deposizione di tali inchiostri che ha portato alla realizzazione di celle fotovoltaiche a perovskite (cosiddette in configurazione pin) con valori di efficienza record al mondo (circa il 24%).

“Tale risultato è ottenuto grazie a una speciale ingegnerizzazione chimica degli strati di interfaccia del dispositivo”, commenta Matteo Degani, dottorando del gruppo, responsabile di tale invenzione.



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