Enea: la ricerca per dissetare l’agroindustria

Due brevetti Enea permettono di abbattere il potere inquinante delle acque di scarico degli impianti oleari, producendo syngas e estraendo i polifenoli per reimpiegarli come antiossidanti e antibatterici.

Pubblicato il 8 giugno 2015

Un rubinetto sempre aperto. Immaginate così il consumo di acqua in agricoltura. Un uso smodatamente intensivo confermato dai dati Fao: il 70% di tutta l’acqua disponibile sul pianeta serve a colture e allevamenti, con punte del 95% nei Paesi in via di sviluppo. E l’Italia non è da meno con 11 miliardi di metri cubi per irrigare 2,4 milioni di ettari di terreno agricolo (dati Istat). Per cambiare rotta e ridurre l’impatto ambientale senza abbassare lo standard qualitativo del prodotto, la ricerca può offrire soluzioni: ecco una panoramica delle tecnologie Enea per un’attenta gestione della risorsa idrica, sia in agricoltura sia nell’industria alimentare.

Un tema scottante quello dell’uso e dell’abuso di acqua, che pone al centro molte criticità, dalle reti idriche inefficienti, ai crescenti contenziosi fra usi civili e utilizzo industriale, tra cui la produzione di energia elettrica. La sfida oggi è come fronteggiare l’aumento della domanda globale di cibo, minimizzando l’uso dell’acqua fino al riciclo totale. Tutto questo in linea con la visione europea di “fit for use” (già indicato nella direttiva quadro sulle acque 2000/60 CE), ossia usare acque con una qualità non superiore a quella minima richiesta per l’uso che ne viene fatto.

L’Italia conta 250 milioni di piante di ulivo. Per l’industria olearia il problema principale è lo smaltimento delle acque reflue. Enea ha messo a punto due brevetti che permettono di abbattere il potere inquinante delle acque di scarico degli impianti oleari, dovuto alla presenza dei polifenoli. Il primo è in grado di produrre syngas, una miscela gassosa contenente CO2, idrogeno e metano. Il secondo brevetto, basato su tecnologie di membrana separative, estrae le sostanze inquinanti delle acque di vegetazione, i polifenoli appunto, per reimpiegarle nelle industrie alimentari e cosmetiche come antiossidanti e antibatterici. Ciò che rimane è un’acqua demineralizzata, non più inquinante, che rientra in circolo. Dal trattamento delle acque di vegetazione dei frantoi, l’applicazione della tecnologia delle membrane separative Enea trova impiego anche nell’industria lattiera, per realizzare prodotti dalle proprietà salutistiche, valorizzando e trasformando in materia prima ad alto valore aggiunto quello che sarebbe uno scarto dal grande carico inquinante. Enea sta mettendo a punto anche soluzioni tecnologiche in grado di recuperare alcuni nutrienti presenti nelle acque e particolarmente inquinanti se rilasciati nell’ambiente, come i composti dell’azoto e del fosforo, per trasformarli in fertilizzanti per l’agricoltura.

Ma la tecnologia va oltre. Un esempio è la valorizzazione energetica degli scarichi industriali. I Microbial Fuel Celles sono sistemi che, grazie all’energia elettrica prodotta dai batteri, consentono di alimentare piccoli apparati elettrici, ma che in futuro potrebbero essere utilizzati per ridurre i consumi energetici degli impianti di depurazione delle acque.

E poi le colture idroponiche, dove la terra non serve e il consumo di acqua è ottimizzato, come dimostra laVertical Farm di Enea a Expo 2015. Dietro il ciclo di vita di un prodotto, dalla culla alla tomba, c’è una storia da valutare e raccontare. Enea offre servizi per quantificare e presentare gli impatti e i benefici del ciclo di vita di un prodotto, dall’estrazione delle materie prime e delle risorse naturali al suo fine vita, consumo di acqua compreso.

La ricerca ha messo a punto un nuovo servizio per l’agricoltura, la pesca, il turismo e l’energia: sono i Climate Service, che forniscono a questi settori dell’economia informazioni e strumenti per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici, minimizzando i consumi d’acqua.



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