Non potremmo avere computer, satelliti artificiali e fotocelle solari, telefoni ecc., non esisterebbe quella che molti chiamano “l’età del silicio”, se qualcuno non avesse scoperto la possibilità di estrarre silicio purissimo dalla sabbia, quella che si trova sulla riva dei fiumi o del mare, su cui ci si stende gradevolmente d’estate.
La sabbia è costituita da fini granelli di silicati e principalmente da silice, o biossido di silicio. La strada che porta dalla sabbia ai chip dei computer è difficile, ed è stato possibile percorrerla grazie a molte invenzioni talvolta rivoluzionarie. Il primo passo consiste nel trattamento in forno elettrico della silice con carbone: il silicio così ottenuto è utile per alcune applicazioni tecniche, ma è troppo impuro per usi elettronici. Deve perciò essere trattato con cloro che trasforma il silicio in triclorosilano, una sostanza in cui le quattro ”valenze” del silicio sono “occupate” da tre atomi di cloro e un atomo di idrogeno. Il triclorosilano può essere più facilmente purificato e viene trasformato di nuovo in silicio, questa volta abbastanza puro, per trattamento con idrogeno con eliminazione di acido cloridrico.
Adesso si tratta di trasformare il silicio in barre cilindriche da cui tagliare delle sottili fettine che saranno poi rielaborate nei componenti semiconduttori. Il silicio puro viene fuso entro un crogiolo di quarzo rotante sulla cui superficie viene “appoggiato” un cristallo di silicio purissimo; su tale cristallo si deposita e solidifica il silicio fuso. Lentamente la barretta così formata viene sollevata e aumenta di volume fino a diventare un grosso cilindro: un abile artifizio, inventato nel 1918 dal fisico polacco Jan Czochralski (1885-1953) il cui nome è quasi sconosciuto da noi (che pure gli dovremmo essere ben riconoscenti per la sua invenzione), ma è giustamente onorato in Polonia fra i grandi scienziati di quel paese. Sulle finissime fettine tagliate dalla barra di silicio ultrapuro sono poi stampati i circuiti elettronici.
Con opportune addizioni si possono ottenere fettine di silicio adatto per la costruzione di celle fotovoltaiche, quelle che trasformano direttamente l’energia solare in elettricità, create originariamente, negli anni cinquanta del Novecento, per alimentare i satelliti artificiali e ora usate largamente non solo per applicazioni spaziali, ma anche a terra come fonti di elettricità commerciale derivata dal Sole.
Giorgio Nebbia