Col suo bellissimo e poetico nome, ispirato alla Luna, il selenio, simbolo Se, peso atomico 79, è stato scoperto dal chimico svedese Jons Jacob Berzelius (1779-1848) mentre cercava la causa dell’avvelenamento che colpiva gli operai di una fabbrica svedese di acido solforico. Berzelius identificò la fonte della nocività nei fanghi che si formavano durante il processo, attribuendola dapprima all’elemento tellurio e poi riconoscendo che il metalloide tossico era il selenio. La fabbrica svedese evitò l’avvelenamento dei lavoratori cambiando la fonte dello zolfo, la materia prima impiegata fino allora. Già un interessante esempio di come i danni ambientali e alla salute possono essere evitati ricorrendo ad una buona chimica e cambiando materie e processi tecnologici.
Per un po’ di anni del selenio non si è più parlato fino a quando è tornato all’attenzione mondiale in seguito alla scoperta che la sua resistività elettrica cambia quando il selenio è illuminato. Ha cominciato l’americano Alexander Bell (1827-1922) a costruire dei fotorivelatori al selenio, predecessori degli esposimetri per macchine fotografiche. Ma la seconda avventura del selenio era appena cominciata. Nel 1883 Charles Fritts costruì una cella fotovoltaica al selenio che trasformava la radiazione solare in elettricità con un rendimento fra l’uno e il 2 %. Un valore basso, ma neanche tanto se si pensa che oggi le celle fotovoltaiche al silicio hanno rendimenti fra il 10 e il 15 %.
Comunque la scoperta delle proprietà fotoelettriche del selenio ne hanno fatto un materiale utile nel campo della fotografia e della televisione. I primi rudimentali e ingegnosi televisori, all’inizio del Novecento, sfruttavano il principio di colpire, con una successione di segnali luminosi, una superficie rivestita di selenio; si generava così, punto per punto una corrente elettrica che poteva essere trasmessa a distanza e ritrasformata in segnali luminosi.
Mentre la televisione cominciava i suoi passi trionfali (uno dei primi usi fu in Germania durante le Olimpiadi del 1936 e, nello stesso anno, in Inghilterra per le cerimonie dell’incoronazione di Giorgio VI), nel 1937 un biologo americano scopriva che la causa delle malattie di molti animali negli allevamenti del Dakota era dovuta all’elevato contenuto di selenio di alcune piante dei pascoli.
Ma la terza vita del selenio comincia nel 1957 quando il biochimico Klaus Schwarz negli Stati Uniti, scoprì che alcune malattie metaboliche degli animali erano dovute invece proprio alla mancanza di selenio e potevano essere curate addizionando selenio alla dieta. Strano elemento questo metalloide, chimicamente vicino come proprietà allo zolfo, utile per migliorare la qualità dei vetri e per colorare le ceramiche, biologicamente utile a basse concentrazioni, ma tossico a concentrazioni elevate, tanto che le norme internazionali prescrivono che la concentrazione del selenio nelle acqua potabili non debba superare 0,01 milligrammi per litro.
Giorgio Nebbia