Il rutenio, con formula Ru e peso atomico 101, appartiene al gruppo del platino (rutenio-rodio-palladio, osmio-iridio-platino) e si trova, oltre che negli Urali, nelle rocce contenenti platino nell’America settentrionale e meridionale e nel Sud Africa che ne contengono poco più del 10% rispetto al totale dei metalli del gruppo del platino. La sua produzione annua è di circa 12 tonnellate, ottenuta come sottoprodotto del trattamento dei minerali di nichelio e rame e della raffinazione dei metalli del gruppo del platino. Isotopi radioattivi del rutenio si trovano fra i prodotti di fissione dell’uranio-235 nel combustibile irraggiato estratto nelle centrali nucleari.
Le celle fotoelettrochimiche a base di coloranti organici contenenti rutenio (per esempio polipiridin-rutenio), sono state inventate dal chimico Michael Grätzel a Losanna e sembrano promettenti sia per il costo prevedibile relativamente basso, sia perché possono essere preparate come sottili fogli che possono essere applicati sul vetro, per esempio di finestre o, addirittura, secondo una recente proposta un po’ curiosa, sulle lenti degli occhiali da passeggio.
Il rendimento elettrico (chilowattore di elettricità per kWh di radiazione solare incidente) è per ora più basso di quello delle celle a silicio e vi sono alcuni inconvenienti tecnici, come la lenta degradazione per esposizione alla radiazione ultravioletta, ma possono in futuro soppiantare le, o affiancarsi alle, celle fotovoltaiche attuali, almeno in alcune applicazioni. Le “finestre” che producono elettricità, pur lasciando passare la luce, potrebbero rappresentare una svolta nel campo dell’energia solare.
A parte questa, il rutenio ha solo limitate applicazioni commerciali; nel mondo se ne produce ogni anno una dozzina di tonnellate, soprattutto, come anche altri metalli del gruppo del platino, come sottoprodotto dell’estrazione e trattamento del nichelio e del rame.
di Giorgio Nebbia