ELEMENTI – Mercurio, viale della Terza Transizione, 80

La tossicità del mercurio è la causa principale della diminuzione della sua produzione, soprattutto dopo che nel 1956 gli scarichi di un’industria chimica nel golfo di Minamata, in Giappone, hanno causato l’avvelenamento di migliaia di persone

Pubblicato il 19 marzo 2011

Il mercurio, l’elemento con peso atomico 200 e formula Hg, dal nome latino hydrargirium, ha avuto una storia singolare e avventurosa: il suo nome è associato, nella mente della maggior parte delle persone, al bulbo dei termometri, ma è questo uno degli usi più modesti (e anzi in via di abbandono) di questo strano metallo, l’unico che si trova in natura allo stato liquido, pesante, molto mobile, con tendenza ad aggregarsi in sferette di colore bianco lucido, argenteo. Per queste sue proprietà colpì la fantasia dei chimici medievali e degli alchimisti che lo chiamarono argento vivo e che cercarono, per secoli, di spillare soldi agli avidi potenti, promettendo di trasformare il mercurio in vero argento.

Nel 1800 erano comunque già ben note molte proprietà del mercurio e dei suoi sali; alcuni di questi erano in grado di tingere in nero le fibre proteiche, come la lana dei feltri per la preparazione dei cappelli e gli stessi capelli umani. Ben presto ci si rese però conto che all’uso del mercurio erano associate proprietà nocive e tossiche. La frase “matto come un cappellaio” si ritrova in Toscana e in Inghilterra (il cappellaio matto è uno dei personaggi di “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll) e deriva dagli effetti devastanti del mercurio sulla mente degli operai che lo maneggiavano nelle fabbriche. Si può anzi dire che questa è stata la prima volta in cui una grave malattia professionale è stata correttamente associata alla sua causa.

Il mercurio è un buon conduttore dell’elettricità (e da qui derivano vari suoi impieghi nel campo elettrico), ha la proprietà di formare leghe liquide (amalgame) con vari altri metalli come il sodio e l’oro (mediante amalgame è possibile ricuperare l’oro da rocce o soluzioni che lo contengono in bassissima concentrazione); il mercurio ha un elevato coefficiente di dilatazione termica (una proprietà utilizzata nei termometri nei quali una piccola differenza di temperatura provoca un apprezzabile aumento di volume del mercurio e un visibile innalzamento del suo livello in un sottile capillare); sali di mercurio si prestano come catalizzatori di molte reazioni chimiche; per la loro tossicità altri sali di mercurio sono usati come pesticidi e per la cura di malattie.

Il più diffuso minerale di mercurio è un solfuro (cinabro) da cui il mercurio viene ricavato per trattamento con ossigeno a caldo; il mercurio si libera allo stato di vapore e viene poi raffreddato, riportato allo stato liquido, purificato e messo in commercio in “bombole” (o “flasks”) contenenti 34,5 kg di metallo. Benché da sempre fosse nota la tossicità del mercurio e dei suoi sali, il declino di questo metallo cominciò dopo la scoperta, negli anni Cinquanta del Novecento, di un grave avvelenamento di migliaia di persone nel golfo di Minamata, in Giappone, nelle cui acque una industria chimica scaricava i suoi residui. Il mercurio viene assorbito dagli esseri viventi sotto forma di metilmercurio, una forma solubile che passa attraverso le catene alimentari; gli avvelenati di Minamata erano pescatori e consumatori di pesce che aveva assorbito in questo modo il mercurio.

L’attenzione per la pericolosità del mercurio andò aumentando e gradualmente, per motivi ambientali e igienici, sono stati vietati molti usi del metallo e dei suoi sali; dall’uso dei derivati del mercurio nei cosmetici, all’uso di composti del mercurio in agricoltura, all’impiego di derivati del mercurio come catalizzatori nell’industria chimica.
In molti impianti che producono idrato sodico e cloro per elettrolisi delle soluzioni di sale (cloruro di sodio), il mercurio è usato come conduttore di elettricità e come agente capace di fissare, in forma di amalgama, il sodio che si libera durante l’elettrolisi.

Agli inizi del Novecento la Spagna e l’Italia erano fra i principali produttori di mercurio; in Italia esistevano giacimenti sul monte Amiata e in Istria, in una zona ora in territorio sloveno. La produzione mondiale, che era di circa 3.000 tonnellate all’anno un secolo fa e di oltre 5.000 tonnellate all’anno negli anni Venti del Novecento, è scesa attualmente (2010) a circa 1.900 tonnellate all’anno, in parte di recupero. I principali produttori mondiali di mercurio dai minerali sono la Cina e il Kyrghizstan. Le miniere italiane dell’Amiata, che producevano negli anni Sessanta oltre 1.200 tonnellate all’anno di mercurio, sono state chiuse intorno al 1980.

di Giorgio Nebbia
 



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