Il gallio, peso atomico quasi 70, ha una curiosa storia: Mendeleev, quando ha preparato la sua celebre tabella periodica degli elementi, quella che trovate riprodotta qui sopra, sistemando in righe e colonne, secondo le affinità di caratteristiche chimiche, i circa sessanta elementi noti al suo tempo, ha dovuto lasciare molte caselle vuote; ha avuto però anche la fortuna di assistere, nel corso della sua vita, alla scoperta di alcuni degli atomi “mancanti”, che andavano a collocarsi esattamente dove aveva previsto con la sua tabella del 1869.
Una delle caselle vuote si trovava sotto l’alluminio e, nel 1875, il francese Paul Emile Lecoq (1838-1912) ha scoperto l’esistenza dell’elemento che possedeva le proprietà esattamente corrispondenti a quelle attese per l’atomo di tale casella. L’elemento fu chiamato, in onore della patria dello scopritore, gallio, col simbolo Ga.
Dapprima considerato una curiosità, il gallio ha trovato, col tempo, varie applicazioni tecniche prima nei termometri (una lega di gallio-indio-stagno, galistan, è usata al posto del mercurio), poi in elettronica, poi, sotto forma di arseniuro di gallio, nelle celle fotovoltaiche che trasformano la radiazione solare in elettricità e in altri dispositivi che trasformano una corrente elettrica in un segnale luminoso, una proprietà utile nel campo degli schermi per televisori e per calcolatori elettronici.
Il gallio si trova per lo più associato con i suoi due immediati vicini nella tabella periodica degli elementi: lo zinco, alla sinistra, e l’alluminio, nell’appartamento subito sopra, al numero 13 dello stesso gruppo. La produzione industriale del gallio parte dalle soluzioni che si formano come sottoprodotto nel processo Bayer per la trasformazione della bauxite (il più importante minerale per la produzione industriale dell’alluminio) in idrato di alluminio. Dalla soluzione contenente l’idrato di alluminio il gallio può essere estratto con vari procedimenti. Il gallio può anche essere ottenuto dai sottoprodotti dell’estrazione dello zinco, dai suoi minerali e eventualmente anche dalle ceneri del carbone. Da qualsiasi materia si parta, alla fine il concentrato ricco di gallio viene trattato con acido cloridrico in modo da ottenere una soluzione acquosa contenente il cloruro di gallio che viene estratto con solventi.
I lettori più attenti avranno visto che si è fatto un gran parlare di un celebre esperimento che ha rivelato l’arrivo sulla Terra di un flusso abbastanza persistente di neutrini, particelle molto difficili da svelare. Una teoria vuole che nella fusione dei nuclei di idrogeno nel Sole, la reazione nucleare che consente al Sole di irraggiare nello spazio grandissime quantità di energia, si liberino grandi quantità di neutrini; ma finora erano sfuggiti all’osservazione perché sono capaci di attraversare qualsiasi materiale senza interagire.
Una delle rare eccezioni è rappresentata dall’elemento gallio che, quando è colpito da neutrini, si trasforma in germanio-71 radioattivo, che ha una vita abbastanza breve (perde metà della radioattività in 11 giorni) ma sufficiente per poter misurare la sua presenza.
Per svelare i neutrini è stata scavata una gigantesca galleria sotto il Gran Sasso e vi sono stati installati dei grandi contenitori pieni di trenta tonnellate di una soluzione acquosa di cloruro di gallio. Dalla misura della radioattività del germanio si può calcolare la quantità di neutrini che sono arrivati nella caverna dopo aver attraversato lo spazio che ci separa dal Sole e dopo aver attraversato alcuni chilometri di roccia. Dal 1991 al 1997, il periodo di durata dell’esperimento chiamato Gallex, è stato osservato il passaggio di circa 250 neutrini all’anno un numero che gli scienziati considerano elevato. Per preparare le molte tonnellate di cloruro di gallio necessarie per riempire i contenitori dell’esperimento, si è dovuto accelerare la produzione industriale, abbastanza limitata, di questo composto. Altri studiosi, negli Stati Uniti e in Russia, hanno misurato il flusso di neutrini solari usando dei rivelatori a base di gallio metallico.
Giorgio Nebbia