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Ecologia alimentare: il risoERT

Tutti i lettori conoscono il riso, quei chicchi bianchi che possono essere preparati in innumerevoli gradevoli forme alimentari. Si sa che il Piemonte è la patria del riso, che l’Italia è un importante produttore di riso, circa 1,4 milioni di tonnellate nel 2013, ed è anche un Paese esportatore di riso: circa 700.000 tonnellate nello stesso anno. Ma questi numeri impallidiscono davanti a quelli della produzione e del commercio mondiali. Nel mondo nel 2013 si sono prodotti circa 750 milioni di tonnellate di risone, la forma del chicco del riso così come viene raccolto; nel risone la cariosside, la parte alimentare, è ricoperta da alcuni sottili strati di glumelle, una pellicola ricca di cellulosa e lignina.

Fra i cereali il riso è preceduto dal mais, la cui produzione mondiale annua ammonta a 870 milioni di tonnellate, ed è seguito dal frumento, la cui produzione nel 2013 è stata di circa 670 milioni di tonnellate.

Il maggiore produttore mondiale di riso è la Cina, con 200 milioni di tonnellate annue, seguita da India, Indonesia, Bangladesh e Vietnam. Benché il riso sia consumato soprattutto nei Paesi che lo producono, è anche coinvolto in un grande commercio internazionale. Anche l’Italia, che pure esporta metà della sua produzione di riso, importa riso a basso prezzo dai Paesi asiatici, il che crea problemi per la coltivazione nazionale.

Prima di arrivare sulla nostra tavola il riso deve subire numerosi trattamenti. Innanzitutto una molitura per eliminare dal risone le glumelle che vanno a far parte della “lolla”, un residuo che ha alcune applicazioni industriali (in passato è stata utilizzata per produrre il furfurolo, un solvente impiegato nell’industria chimica); dal germe, altro sottoprodotto, si estrae un olio alimentare. La cariossiode, bianca, ricca di amido, con circa il 7% di proteine, è il riso vero e proprio che viene recuperato come “riso lavorato” in ragione di circa il 60-70% rispetto al peso del risone. Il riso, ricco di vitamine del gruppo B, fosforo e calcio, è largamente impiegato in cucina come risotto, in brodo, come contorno e in insalata e in tante altre forme.

Si trovano in commercio numerosi tipi e varietà di riso: i più noti sono il riso comune, il riso originario, semifino, fino, superfino; il riso parboiled è preriscaldato in modo da fargli assumere una maggiore resistenza alla cottura e da conservare al suo interno i fattori nutritivi che altrimenti andrebbero dispersi nell’acqua di cottura. Una farina di riso è usata come alimento per l’infanzia.

La coltivazione del riso comporta vari problemi ambientali; è possibile dove esistono grandi quantità di acqua ed è accompagnato da erbe infestanti che devono essere eliminate; il ricorso al lavoro delle mondine, immortalato nel film “Riso amaro” (1949) di Giuseppe De Santis, è stato in gran parte sostituito con l’impiego di erbicidi, alcuni dei quali hanno provocato problemi di contaminazione delle acque e sono stati vietati. La coltivazione del riso è accompagnata dalla formazione di “gas serra”, responsabili del riscaldamento planetario, come l’ossido nitroso e, soprattutto, il metano, un potente gas serra perché il suo effetto, a parità di peso, è circa venti volte superiore a quello dell’altro, il più importante, gas serra, l’anidride carbonica. La liberazione di metano nell’atmosfera ammonta, nelle risaie, a circa 10-20 chilogrammi per ettaro, corrispondenti a circa 2-5 chilogrammi di metano per tonnellata di risone, un valore che si può considerare il “costo ambientale” della produzione di questo importante cereale.