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Ecologia alimentare: i peperonciniERT

Szeged, la bella città dell’Ungheria meridionale, si vanta di essere la capitale del peperoncino per due motivi: uno di carattere agricolo, per le sue estese coltivazioni di questa pianta di origine americana, diffusa dal XVIII secolo nella penisola balcanica, l’altro per essere stata la patria dello studioso, Albert Szent-Györgyi (1893-1986), che dai peperoncini ha estratto la sostanza identificata come vitamina C antiscorbuto, l’acido a-scorbico.

Le navi che intraprendevano i lunghi viaggi intercontinentali portavano a bordo delle scorte di succo di agrumi che conteneva una sostanza capace di evitare lo scorbuto fra i marinai. Nei primi del Novecento tale sostanza fu chiamata vitamina C, ma la sua natura chimica rimase sconosciuta fino a quando Szent-Györgyi identificò il fattore antiscorbuto come l’acido esuronico che aveva isolato nel corso delle ricerche sul meccanismo biologico di ossidoriduzione. Per accertare che l’acido esuronico fosse effettivamente la vitamina C occorreva disporne di una quantità sufficiente che Szent-Györgyi pensò di estrarre dai peperoncini coltivati su larga scala intorno a Szeged, dove insegnava. Le prime prove di estrazione furono fatte nel 1931 quando la stagione di raccolta era alla fine e fornirono pochi grammi; l’anno dopo l’estrazione cominciò all’inizio della campagna agricola e fornì qualche chilogrammo di acido ascorbico che poté essere distribuito ad altri laboratori.

Il peperoncino appartiene al genere Capsicum, uno degli 85 della famiglia delle Solanacee. La specie più diffusa è il Capsicum annuum, le cui bacche essiccate costituiscono la paprica, apprezzata spezia. Il sapore piccante è dovuto alla capsaicina.

Per le sue ricerche Szent-Györgyi ebbe il premio Nobel per la medicina nel 1937. Oggi l’acido ascorbico viene prodotto artificialmente su larga scala, partendo dal glucosio, e trova impiego anche come antiossidante, oltre che in medicina. E tutto è cominciato con i peperoncini ungheresi.