Caro energia, gli effetti sulle aziende italiane ed europee
La AHK Italien ha presentato la survey “Energy 4 Europe”, condotta dalle camere di commercio tedesche estere di Italia, Francia, Portogallo e Spagna. Obiettivo del sondaggio era quello di rilevare le previsioni delle imprese circa l’andamento dei prezzi dell’energia, l’impatto sul fatturato e le strategie di decarbonizzazione, così come le soluzioni messe in campo e le misure auspicate a livello politico a fronte dell’attuale scenario energetico.
La survey si inserisce in un contesto internazionale complesso e imprevedibile. Allo scoppio del conflitto in Ucraina, i mercati energetici europei si trovavano già in una fase di profonda crisi, con prezzi ai massimi storici e scorte ridotte al minimo. Con ogni probabilità le quotazioni resteranno molto elevate anche nei prossimi trimestri ma, secondo le analisi di Intesa Sanpaolo, dovrebbero iniziare a diminuire nel secondo semestre di quest’anno, complici l’azione delle forze di mercato e una serie di interventi politici.
Dal sondaggio emerge che l’influenza del caro energia sulla performance delle aziende è rilevante, con il dato italiano in linea con quello complessivo delle quattro camere di commercio: molte aziende hanno visto la loro spesa per l’energia arrivare al 10% di quella totale, con alcuni picchi al 20%. Nei quattro Paesi analizzati, le aziende prevedono ulteriori aumenti dei prezzi, con Italia, Spagna e Portogallo che temono di perdere competitività sui mercati internazionali. In Italia, inoltre, la preoccupazione di non trovare manodopera qualificata nei prossimi anni è superiore alla media globale: la questione energetica si salda, quindi, con problemi strutturali dell’economia italiana, ponendo sfide per la transizione ambientale e l’industria 4.0.
“Tra i fattori di rischio, rileviamo che il timore per i prezzi delle materie prime pesa ancora di più di quello legato alle quotazione dell’energia”, osserva il Consigliere Delegato AHK Italien, Jörg Buck. “Diventa sempre più limitante, soprattutto per le aziende italiane (42,3%), anche la difficoltà a reperire personale qualificato: una dinamica che osserviamo ormai da anni e che continuiamo a presidiare, soprattutto nel contesto post-pandemico”.
Nel contesto dei timori segnalati dalle imprese, l’Italia è però leggermente più ottimista rispetto al campione generale per quanto riguarda la percezione delle opportunità portate dalla transizione (a segnalarlo è oltre il 75% delle imprese italiane). Per molte aziende, infatti, il momento attuale può essere decisivo per la rimodulazione delle catene di fornitura energetica, così come per gli investimenti nelle rinnovabili e nell’aumento dell’efficienza energetica. Molto interesse, inoltre, viene mostrato per l’introduzione di misure europee di tutela della competitività e degli obiettivi ambientali, come quelle contro il carbon leakage.
“La survey condotta dalle quattro camere di commercio tedesche all’estero ci restituisce un segnale chiaro: nonostante le preoccupazioni date dal momento, le aziende non vogliono sacrificare il percorso fatto finora per la transizione ecologica, e anzi vogliono accelerare sull’efficienza energetica e su misure europee a tutela della loro competitività”: così Monica Poggio, Presidente AHK Italien e AD Bayer Italia. “È un dato molto forte, su cui Italia e Germania, i Paesi più esposti alla dipendenza da Mosca, possono costruire un ulteriore tassello della loro partnership, spingendo anche a livello europeo per un piano energetico che vada in direzione di un’autonomia strategica sempre maggiore”.
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