IMPRONTE
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n.8 novembre 2012
dall’aumento di piccoli
incettatori, i rottamat, gli
stracciaioli, i robivecchi,
che cercavano di
guadagnare qualche
soldo aiutando le
famiglie a liberarsi di
oggetti ingombranti e
rivendendone una parte
a imprese di riciclo,
soprattutto di metalli.
L’Esercito della Salvezza,
già nei primi anni del
Novecento in Inghilterra
e poi negli Stati Uniti,
raccoglieva cose riutilizzabili e riciclabili dalle
famiglie per rivenderle a riciclatori e aiutare,
col piccolo ricavato, i poveri.
La crescente disponibilità di rottami metallici
stimolò il perfezionamento di forni fusori
capaci di trasformare direttamente i rottami
in acciaio, utilizzando come fonte di calore
l’elettricità che si stava diffondendo. I forni
elettrici furono inventati dall’italiano Ernesto
Stassano (1859-1922) nel 1898 e poco
dopo dal francese Paul Héroult (1863-1914)
nel 1907. Una grande ondata di rottami si
ebbe con le due guerre mondiali, soprattutto
con la seconda guerra mondiale, durante
le quali furono impiegate grandi quantità di
acciaio per cannoni, veicoli, carri armati,
navi militari e da trasporto. Alla fine della
guerra, nel 1945, l’esercito americano lasciò
in Europa, in altri Paesi e anche in Italia,
montagne di residui, in molti casi sotto
forma di macchinari, autoveicoli, natanti,
motociclette, quasi nuovi, ma anche residui
e rottami di materiale bellico, ricchi di metalli
preziosi per paesi devastati e impoveriti:
acciaio, ma anche cromo, nichelio, rame. Il
governo italiano organizzò il recupero e il
commercio di queste scorie di guerra creando
addirittura un ente pubblico denominato
Arar (Azienda Rilievo Alienazione Residuati)
la cui presidenza, per essere certi che non
avvenissero speculazioni e furti, fu affidata
a Ernesto Rossi, patriota e moralista per
eccellenza. Fino allora la siderurgia italiana
era stata basata su pochi grandi impianti a
ciclo integrale: Bagnoli, Genova, Piombino,
Terni, buoni per fare cannoni e corazzate; la
ricostruzione aveva bisogno di tondino di ferro
per l’edilizia e il rottame stimolò la nascita di
una nuova siderurgia, basata sulla fusione
del rottame in forni elettrici sparsi in gran
parte nelle valli del Bresciano, grazie anche
ai perfezionamenti tecnici dei forni elettrici e
alla disponibilità, nelle valli alpine, di energia
idroelettrica. Si è formata così una nuova
generazione di imprenditori, spesso operai,
ben presto diventati piccoli (o talvolta) grandi
industriali. La grande svolta nella cultura del
riciclo si è avuta con la ‘nuova’ attenzione per
l’ecologia, a partire dagli anni sessanta del
Novecento. Riutilizzare gran parte delle merci
usate che, in quantità crescenti, finivano
nei rifiuti urbani e industriali è diventato
così un impegno per sfruttare di meno le
risorse naturali, per evitare l’invasione di
cave e terreni con discariche e anche per
consumare meno energia, dal momento che
la produzione di una unità di merce partendo,
in tutto o in parte, dai materiali (ferro, vetro,
plastica, carta, vetro, alluminio ecc.) separati
dai rifiuti, comporta un minore consumo di
energia e, in genere, un minore inquinamento
rispetto ai processi che partono dalle materie
prime naturali.
Le leggi del riciclo secondo Georgescu-
Roegen
Con una cautela: la possibilità di
recuperare qualcosa di utile attraverso il
riciclo sfortunatamente deve sottostare
ad un vincolo fisico e chimico al quale il
professore romeno-americano Nicholas
Georgescu-Roegen (1906-1994) ha dato,
spiritosamente, una forma di ‘legge’ simile
al secondo principio della termodinamica.
Così come per il ‘secondo’ principio, nell’uso
dell’energia si ottiene sempre una minore
quantità di energia ‘utile’, così per il ‘quarto
principio’ di Georgescu-Roegen, dal riciclo si
ottengono sempre materiali in quantità minore
e di qualità peggiore rispetto a quella del
materiale che è stato ‘rifiutato’.
Oggi il riciclo dei rifiuti coinvolge grandi e
piccole imprese e presuppone una efficiente
raccolta differenziata delle materie suscettibili
di riciclo - soprattutto carta, vetro, metalli,
plastica - in modo che diventino materie
prime o ‘seconde’ per nuovi cicli produttivi.
La pratica del riciclo della materia presente
nei rifiuti, è espressamente raccomandata,
anzi imposta, dalle leggi europee e italiana,
e internazionali e comporta anche rilevanti
traffici di materiali da riciclare.