IMPRONTE
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n.8 novembre 2012
A dire la verità il riutilizzo dei materiali dei
prodotti e delle merci usate - che sono
sostanzialmente quelli che chiamiamo rifiuti -
non è una furbizia figlia dell’’ecologia’, ma una
pratica di buon senso economico che risale
a tempi lontanissimi. Anzi le società agricole
che ci hanno preceduto, e quelle che ancora
sopravvivono, hanno cercato e cercano di
buttare via il meno possibile e di riutilizzare
tutto quello che è possibile. Ma anche una
cultura del riciclo industriale ha radici lontane.
Dagli stracci alla carta
La prima attività di riciclo si può considerare
l’utilizzazione degli stracci di tessuti di lino
e di canapa nella produzione della carta.
Una tecnica nota agli Arabi, poi trasferita
intorno al 1200 in Europa. La carta è
diventata però materiale e merce molto
importante con l’invenzione della stampa a
caratteri mobili nella metà del Quattrocento
e si è di conseguenza raffinata, proprio in
Italia, la tecnologia della utilizzazione degli
stracci. Anche perché nello stesso tempo si
diffondevano gli indumenti di tessuti di lino e
cotone che, dopo l’uso, diventavano materia
seconda’ per l’industria della carta.
Il riciclo era così importante che le città
produttrici di carta, come Parma e Lucca,
vietavano espressamente l’esportazione
degli stracci. Quando si è diffusa la peste dei
primi del Seicento per evitare la diffusione del
contagio gli indumenti usati venivano bruciati
e così sono venuti a mancare gli stracci,
con crisi per l’industria della carta privata
della materia prima. La situazione è stata poi
superata e più tardi definitivamente risolta con
la possibilità di estrarre dal legno cellulosa da
carta.
Nel frattempo si è sviluppata un’industria di
riciclo degli stracci di lana con una tecnica
di cardatura praticata da tempo a Prato, poi
diffusa in Inghilterra ai primi dell’Ottocento
ad opera di Benjmain Law (1773-1837) che
sviluppò un processo per trasformare gli
stracci di lana in tessuti denominato shoddy.
Le città di Batley e Dewsbury nello Yorkshire
furono le ‘Prato’ inglesi fino ai primi anni del
Novecento. Il tessuto cardato ottenuto dagli
stracci venne presto a far concorrenza ai
tessuti di lana vergine, i cui fabbricanti hanno
sempre diffuso l’idea che quelli ottenuti dal
riciclo degli stracci fossero merce vile, il che
non è.
Nuove ‘miniere’ di zolfo
Fin dai primi anni dell’Ottocento gli industriali
si sono trovati alle prese con i rifiuti di varie
operazioni chimiche. Il primo caso si può
considerare quello della fabbricazione del
carbonato di sodio con il processo inventato
dal francese Nicolas Lablanc (1742-1806),
consistente nel trattare il sale con acido
solforico in modo da ottenere solfato di sodio
e successiva trasformazione del solfato di
sodio con calce e carbone in soda. Come
sottoprodotto si ottenevano grandi quantità
di un fango di solfuro di calcio che veniva
lasciato all’aria aperta dove si decomponeva
con liberazione del puzzolentissimo idrogeno
solforato.
Le proteste delle popolazioni vicine e degli
agricoltori danneggiati nelle loro coltivazioni
furono le prime battaglie contro l’inquinamento,
ecologiche” in senso moderno. D’altra parte
nei rifiuti di solfuro di calcio andava a finire
tutto il costoso zolfo impiegato per fabbricare
l’acido solforico richiesto dal processo Leblanc.
Lo zolfo era una materia prima costosa che
gli industriali inglesi e francesi hanno dovuto
importare per molti decenni dell’Ottocento
dalla Sicilia che ne deteneva il monopolio, con
continue liti sui rifornimenti e sui prezzi, con il
governo siciliano prima e italiano poi, e con i
relativi concessionari.
Secondo il principio che ‘la difesa
dell’ambiente paga’ alcuni imprenditori inglesi
cominciarono a trattare le scorie di solfuro
di calcio con un processo che consentiva di
ottenere idrogeno solforato trasformabile,
per ossidazione, in anidride solforosa. Dalla
reazione fra i due si otteneva zolfo molto
puro che poteva essere rimesso in ciclo. Il
processo fu perfezionato da A. Chance (1844-
1917)
e C.F. Claus nel 1882 ed è tuttora
usato per ottenere zolfo dai gas naturali acidi,
Più che il desiderio di tutelare l’ambiente, è stato l’interesse economico a
spingere l’uomo a riutilizzare e riciclare i materiali usati. Le tecniche del
riciclo erano note già nell’antichità e sfruttate dagli Arabi nel XIII secolo.
Giorgio Nebbia
Storia del riciclo
Dagli stracci ai rottami bellici