considerazione riguarda la
prospettiva di analisi. In un’ottica
sociale, oltre ai costi diretti,
necessari per trattare le diverse
frazioni di rifiuto, e i benefici diretti
ricavati dal collocamento sul
mercato dei sottoprodotti, devono
essere presi in considerazione i
costi esterni relativi alle emissioni
inquinanti di ciascuno scenario,
nonché i benefici esterni, questi
ultimi corrispondenti al valore
delle emissioni evitate nei cicli
produttivi che vengono sostituiti
attraverso il recupero di materiali
e energia dai rifiuti. In termini
di costo industriale, gli scenari
basati su raccolte stradali
presentano costi inferiori (103-112
euro/ton per il bacino piccolo)
rispetto a quelli in cui si effettua
una raccolta capillare (166-181
euro/ton per il bacino piccolo).
I sistemi di raccolta porta a
porta e le complesse filiere
che è necessario mobilitare a
valle implicano dei costi fissi
importanti, che possono essere
convenientemente assorbiti solo
se le rese sono molto elevate.
Passando dai costi industriali ai
costi esterni l’analisi consente
di smentire in modo abbastanza
netto l’opinione comune secondo
cui il recupero diretto sarebbe
da preferirsi da un punto
di vista ambientale rispetto
all’incenerimento.
Il costo effettivo netto totale, nel
caso del bacino piccolo, resta
infatti a 51 euro/t nello scenario
raccolta su strada con 35%
di riciclo, a 46 euro/t in quello
raccolta su strada con 50%
di riciclo, mentre non scende
sotto i 70 euro/t negli scenari
con raccolta porta a porta ed
elevati livelli di riciclo (Tabella 2).
Un’ultima conclusione riguarda
il fatto che comunque tutti gli
scenari considerati rappresentano
significativi passi avanti rispetto
allo status quo; ma questo passo
in avanti deve molto al fatto che la
soluzione tradizionale, imperniata
sulla discarica, incontra limiti
crescenti derivanti soprattutto
dalla scarsità di suolo. Senza la
componente “costo di scarsità”
i valori economici in gioco non
dimostrerebbero con assoluta
certezza la desiderabilità del
recupero. L’effetto della scarsità
si può misurare in una rendita di
scarsità (percepita dai proprietari
dei siti, dai comuni o dalla regione
sotto forma di royalty e ecotasse).
In altre parole, se non vi fossero
vincoli all’apertura di discariche,
queste ultime, anche includendo i
costi esterni, rappresenterebbero
la soluzione meno costosa; ma
una volta preso atto del vincolo,
le cose non stanno più così.
Quest’ultima considerazione è
importante, soprattutto alla luce
della tendenza del mercato a non
anticipare per tempo la crisi, ma
a precipitarvi in modo repentino
non appena si profilano le prime
difficoltà a realizzare nuovi siti.
Fino a quel momento, la discarica
esercita una sorta di “concorrenza
sleale”, poiché chi può continuare
a usarla non ha incentivo ad
adottare soluzioni alternative
e più costose, soprattutto se
queste ultime implicano scelte
politicamente difficili. Per evitare
di precipitare nella crisi, è
opportuna dunque una strategia
di prevenzione che ‘accompagni’
l’uscita di scena della discarica
anticipando convenientemente
il suo esaurimento introducendo
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