ATTUALITÀ
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n.8 novembre 2012
Lo avevamo conosciuto in Italia negli anni set-
tanta quando fu tradotto, presentato e ricevette
il Premio Cervia Ambiente, il suo libro: “Il cerchio
da chiudere”.
Poi nel 1977 corse dall’America a Seveso, dopo l’esplosione
della fabbrica Icmesa, per spiegare l’origine della diossina,
la sostanza cancerogena allora quasi sconosciuta, che si era
formata durante la fabbricazione del triclorofenolo e che si
libera anche negli inceneritori di rifiuti e ogni volta che delle
materie organiche vengono scaldate ad alta temperatura in
presenza di cloro.
Aveva tenuto tantissimi incontri e conferenze in Italia ed era
stato anche a Bari. Adesso Barry Commoner, l’instancabile
biologo americano, sempre in prima linea nella lotta contro
gli inquinamenti, la radioattività, la violenza della industria e
della guerra, ci ha lasciato, a 95 anni.
Era nato, infatti, nel 1917 da una famiglia di immigrati ebrei
russi e, dopo studi di biologia e di chimica, aveva ottenuto
una cattedra di biologia nella Università di Saint Louis, nello
stato americano del Missouiri, una delle Università periferi-
che dove aveva creato, negli anni cinquanta del Novecento,
un Comitato cittadino per l’informazione nucleare.
Erano gli anni in cui ogni anno diecine di bombe americane e
sovietiche venivano fatte esplodere nell’atmosfera e durante
tali esperimenti grandi quantità di atomi radioattivi ricade-
vano al suolo ed entravano negli ecosistemi: dispersi nelle
acque, venivano assorbiti dai vegetali, poi passavno negli
animali, poi negli alimenti usati dagli esseri umani e provoca-
vano nel corpo umano modificazioni genetiche responsabili
di tumori.
Commoner con le sue ricerche aveva spiegato questa circo-
lazione della radioattività e per questo aveva ricevuto l’in-
carico di organizzare la speciale commissione dell’Associa-
zione degli scienziati americani che, nel 1957, redasse un
decisivo documento sulle conseguenze sociali della scienza.
Gli scienziati non dovevano trascurare le conseguenze so-
ciali del loro lavoro e questo è stato il principio a cui si è
ispirato Commoner in tutta la sua vita.
La pressione degli scienziati fu determinante per indurre il
presidente Kennedy a firmare, insieme al segretario dell’U-
nione Sovietica Krusciov, il trattato del 1963 che vietava le
esplosioni nucleari nell’atmosfera.
Nel frattempo il Comitato per l’informazione nucleare di Com-
moner divulgava le conoscenze scientifiche alla popolazio-
ne attraverso il notiziario ‘
Nuclear Information
’,
divenuto poi
Science and Citizen
e, dal 1968, ‘
Environment
’.
Attraverso tali riviste Commoner condusse una critica serrata
dell’uso, devastante per la natura, degli erbicidi da parte de-
gli Americani durante la guerra nel Vietnam e denunciò molte
altre produzioni inquinanti nocive per l’ambiente e la salute.
La sua opera più nota, ‘Il cerchio da chiudere’, del 1972,
spiegava che i cicli della produzione delle merci avrebbero
potuto essere meno nocivi se si fossero avvicinati a quelli na-
turali che sono, appunto, chiusi, nei quali ogni materia dopo
l’uso torna ad essere utile per la vita.
Negli anni settanta in America c’era un vivace corrente neo-
malthusiana: la salvezza del pianeta, dicevano, sarebbe sta-
ta possibile soltanto fermando la crescita della popolazione
mondiale, che stava aumentando soprattutto nei paesi sotto-
sviluppati e fra gli immigrati poveri.
Commoner, di orientamento socialista, scrisse con fermezza
che responsabile della crisi ambientale non è tanto l’aumento
della popolazione quanto piuttosto la crescita della quantità
delle merci e soprattutto la qualità dei prodotti inquinanti e
non biodegradabili imposti dall’industria capitalistica.
Sostenne questa tesi in vari libri tradotti anche in italiano, fra
cui ‘La politica dell’energia’, del 1980, scritto dopo l’incidente
catastrofico del reattore americano di Three Mile Island, una
dura critica dell’energia nucleare, e ‘Far pace col pianeta’,
del 1991, in cui dimostra che la salvezza del pianeta richiede
sia mutamenti produttivi sia la volontà di fermare le guerre:
solo la pace fra gli uomini assicura una pace col pianeta.
Per molti giovani militanti ecologisti Commoner è, al più, un
nome: raccomando di leggere i suoi scritti che contengono
attualissime indicazioni e motivi di speranza in un cambia-
mento.
Giorgio Nebbia
Barry Commoner
Un ricordo