Page 76 - Energie & Ambiente n. 5

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Non conosciamo i nomi dei primi ingegneri idraulici della storia ai quali però
dobbiamo molto dello sviluppo della nostra umanità. Le loro scoperte e
invenzioni infatti risalgono a un tempo in cui la comunicazione era affidata alla
trasmissione orale tra popoli e generazioni
Giorgio Nebbia
Tecnologie
per l’uso dell’acqu
nella storia
IMPRONTE
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n.5 marzo 2012
L’acqua è l’unico vero fattore limitante
della vita; si può essere privi di quasi tutto,
a eccezione dell’acqua dolce, con basso
contenuto salino. Come qualsiasi altro
animale, anche gli antichissimi esseri umani
devono avere capito che l’acqua salina, come
quella del mare, la più abbondante sulla Terra,
era sgradevole e che bisognava soddisfare
la sete con acqua ”dolce”, andandola a
cercare dove era disponibile. Probabilmente
fermandosi accanto alle pozze di acqua
piovana o ai fiumi che percorrevano le valli
e le pianure. Anche quando i nostri lontani
predecessori sono passati, una diecina di
migliaia di anni fa, dallo stato di raccoglitori di
frutta, erbe e radici e di cacciatori di animali
allo stato selvaggio, allo stato di coltivatori
e allevatori hanno capito subito che l’acqua
marina o salina inaridiva le coltivazioni e che
anche le piante, come gli animali, per crescere
avevano bisogno di acqua dolce, fosse quella
fornita dalle piogge o quella prelevata dai fiumi
o dai pozzi. Sulla base di queste osservazioni,
le prime comunità stanziali si sono poste
accanto alle sorgenti o ai laghi o ai fiumi per
ricavarne l’acqua dolce per bere e per coltivare
le piante e abbeverare gli animali.
Nel primo capitolo del libro biblico della
Genesi, “acqua” è la diciottesima parola del
primo versetto, e ricorre in tutti i versetti
successivi, molto, prima che compaia “l’uomo”.
E nel secondo capitolo, quando Dio vede
che non germogliava nessuna pianta, piantò
“il giardino”: “Un fiume usciva da Eden per
irrigare il giardino e di là si divideva in quattro
bracci” chiamati Pison, Ghicon, Tigri “e il
quarto fiume è l’Eufrate”.
Credo che si possa dire che la ricerca e
l’ottenimento dell’acqua dolce sia stata il primo
motore della tecnica e della osservazione
“scientifica”.
Il recupero dell’acqua piovana
La prima fonte di acqua dolce è stata
rappresentata probabilmente dalle sorgenti che
sgorgano spontanee nelle rocce di certe valli;
le sorgenti, prima di arrivare a valle nei fiumi,
potevano essere intercettate e l’acqua veniva
raccolta e portata nei luoghi di utilizzazione.
Nella Bibbia si trovano alcune località il cui
nome era associato a quello delle sorgenti:
“en”: Endor, la sorgente di Dor; Engannin, la
sorgente dei giardini; Engaddi, la sorgente dei
fanciulli.
Ma le sorgenti erano relativamente rare nelle
terre in cui sono vissuti gli Israeliti.
L’altra importante fonte di acqua dolce è stata
rappresentata dall’acqua piovana, dolce per
definizione, anche se disponibile in modo
irregolare nei vari mesi dell’anno, che poteva
essere raccolta in pozze sul terreno; per
evitare l’evaporazione per opera del calore
solare e per conservare l’acqua quando non
piove, sono state inventate le cisterne scavate
nel terreno. Sembra uno scherzo per noi,
ma la costruzione di cisterne sotterranee ha
richiesto due operazioni tecniche raffinate: la
capacità di scavare il terreno a una profondità
sufficiente per evitare l’evaporazione, quindi
con “strumenti” tecnici come zappe e pale,
e l’osservazione che la cisterna doveva
essere posta in qualche zona col terreno
impermeabile per evitare la dispersione nel
sottosuolo dell’acqua della cisterna.
A questo punto bisognava in qualche maniera
sollevare l’acqua dalle cisterne alla superficie
del suolo e questo probabilmente ha messo
in moto la ricerca di qualche ”macchina”,
azionata dal lavoro umano. La necessità di
sollevare l’acqua ha portato a scoprire che
occorre dell’energia per sollevare un corpo di
qualche metro.
Un’osservazione che a noi sembra banale,
ma che deve avere messo in moto la ricerca
di soluzioni alternative alla fatica umana per
sollevare dei secchi dalle cisterne, ha portato
a quella che forse è stata la prima “macchina”
sotto forma di una ruota con delle tazze unite
alla periferia (poi perfezionate nelle norie) con
la cui rotazione è stato possibile sollevare,
dapprima con la forza umana, poi con quella
animale, l’acqua dal fondo delle cisterne al
livello dell’utilizzatore.