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n.4 novembre 2011
ANALISI
ARIA
Da quanto detto, è chiaro che i
valori giornalieri di concentrazione
delle polveri, e più in generale
degli inquinanti, dipendono
fortemente oltre che dalla
entità delle sorgenti anche
dalle condizioni atmosferiche.
Le condizioni più convettive e
instabili sono quelle più favorevoli
alla diluizione/dispersione,
mentre condizioni di stabilità
contribuiscono a un accumulo
degli inquinanti nell’aria. Questo
porta ad avere differenziazioni
consistenti a livello geografico;
zone come quella di Roma
subiscono meno i fenomeni di
stagnazione per la presenza
di venti come il ponentino,
mentre nella pianura padana più
facilmente si instaurano fenomeni
di stagnazione che portano a un
accumulo delle concentrazioni
di inquinanti e in particolare del
materiale particellare PM10 e
PM2,5.
Correlazione tra parametri
meteorologici e MPA
Nel presente lavoro, si è studiato
l’andamento del PM10 e PM2,5
in relazione ad alcuni parametri
meteorologici. La stazione di
rilevamento del MPA è quella
dell’Istituto Superiore di Sanità
(ISS), ubicata in un’area
semicentrale di Roma, può essere
considerata una stazione orientata
al traffico. I dati fanno riferimento
al periodo compreso tra il 2001
e il 2007; per i dati meteorologici
sono stati utilizzati quelli relativi
al sito di misura ubicato in
Roma, nella Torre Calandrella
del Collegio Romano, scaricati
dal sito dell’Ucea. In una prima
fase sono stati considerati gli
indici meteorologici quali il Cape,
il Lift index, il CIN, e il K index.
Il Cape Index è un indice che
fornisce una misura dell’energia
di galleggiamento acquistata da
una particella d’aria finché questa
resta a una temperatura maggiore
quindi più calda rispetto a quella
dell’ambiente circostante. Il Lifted
Index è un indice della stabilità
atmosferica ed è definito come
la differenza tra la temperatura
presente a un livello di pressione
di 500 hPa e quella raggiunta,
sempre alla stessa pressione, da
una particella d’aria sollevata dal
suolo lungo un’adiabatica secca
o satura. Il CIN è l’indice che
rappresenta la porzione di profilo
in cui la temperatura della porzione
d’aria sollevata è minore della
temperatura ambientale misurata
da una radiosonda a differenza
del Cape già definito sopra che è
invece l’esatto contrario. Il K index:
fornisce una misura del potenziale
sulla base del tasso verticale
di un intervallo di temperatura,
e del contenuto di umidità
presente nella bassa atmosfera.
Questi indici complessivamente
rappresentano condizioni di
instabilità atmosferica; riportando
su uno stesso grafico questi
parametri insieme all’andamento
giornaliero del PM10 e PM2,5 non
si è evidenziata una correlazione
significativa. Visivamente gli
andamenti degli indici e della
concentrazione delle polveri sono
diversi, hanno picchi in periodi
diversi, salgono e scendono
differentemente senza una
connessione evidente per tutti i
grafici e i periodi considerati.
Pertanto si è deciso di considerare
direttamente singoli parametri
meteorologici più tradizionali quali
la pioggia e il vento. I risultati
ottenuti in tal modo sono stati
più incoraggianti; si è osservata
infatti visivamente una buona
correlazione tra la diminuzione
nella concentrazione delle polveri
e le condizioni meteorologiche
favorevoli di vento e pioggia. Ai
picchi corrispondenti a periodi di
pioggia e di vento corrispondevano
“valli” negli andamenti delle
concentrazioni del MPA.
Con questi dati si è costruita
una matrice di due righe e due
colonne, come riportato in Figura
1. È stata considerata una “soglia”
rispettivamente di: 5 mm per
la pioggia e 200 km/d (2,3 m/s
circa) per il vento, valutandoli
come valori al di sotto dei quali
l’influenza di questi parametri può
essere considerata nulla. Pertanto
sotto questi valori consideriamo
giorni di non-pioggia e non-vento.
Consideriamo i quattro quadranti
della matrice: prima riga, giorni di
pioggia. Nel quadrante 11, per il
periodo considerato, sono riportati
i casi, cioè il numero di giorni, in
cui piove e ciononostante il valore
del parametro considerato (nella
Figura 1 il PM10) cresce rispetto al
valore del giorno precedente. Nel
quadrante 12 ci sono il numero di
giorni in cui piove e il parametro in
osservazione decresce, sempre
rispetto al giorno prima. Nel
secondo rigo sono riportati i giorni
di non-pioggia: nel quadrante 21
i giorni in cui non piove e il PMx
cresce e nella 22 i giorni in cui
non piove e il PMx decresce. Il
rapporto fra i casi nel quadrante 12
e i casi totali 11+12, per 100, cioè
12/(11+12)´100, è la probabilità
condizionata percentuale che il
PMx decresca in caso di pioggia
e, rigo sotto, 22/(21+22)´100,
che il PMx decresca in caso
di non-pioggia. Se la pioggia
non è influente sul PM10 (o
sul PM2,5), le percentuali dei
rapporti dovrebbero essere uguali
in entrambi i casi. In una prima
analisi dei dati, fatta su base
stagionale, abbiamo trovato, per
esempio, nell’inverno del 2006,
una probabilità condizionata di
diminuzione del PM10 in caso di
pioggia del 64,7% contro il 32,7%
in mancanza di precipitazioni.
Per il PM2,5 la probabilità di
diminuzione è stata del 70,6% in
presenza di precipitazioni, mentre
non ha superato il 49% nel caso
di assenza di pioggia. Stessa
evidenza è stata riscontrata nella
primavera del 2007; per il PM10
le probabilità di diminuzione
sono state del 71,4% nel caso di
pioggia contro il 38% in assenza di
precipitazioni [4].
A posteriori abbiamo confrontato
i dati meteo del Collegio Romano
con quelli rilevati da una
centralina meteo ripristinata nel
2010 in ISS (Figura 2). I grafici
Figura 1 - La matrice usata per il calcolo delle probabilità condizionate.
Figura 2 - Confronto fra le temperature medie dell’ISS e del Collegio Romano.