Biodiversità: gli obiettivi Ue

Pubblicato il 7 ottobre 2015

Dalla revisione intermedia della strategia dell’Ue sulla biodiversità si evince che sono stati registrati progressi in molti settori, ma emerge anche la necessità di un maggiore impegno da parte degli Stati membri per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020.

Scopo della revisione intermedia della strategia dell’Ue sulla biodiversità è valutare se l’Ue è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020. I risultati dimostrano che sono stati compiuti progressi in molti settori, ma evidenziano la necessità di sforzi più intensi per tener fede agli impegni assunti dagli Stati membri in materia di attuazione. La capacità della natura di pulire l’aria e l’acqua, impollinare le colture e limitare l’impatto di catastrofi quali le inondazioni è compromessa, con potenziali costi elevati e imprevisti per la società e per la nostra economia. Un sondaggio d’opinione a livello europeo conferma che la maggioranza dei cittadini europei è preoccupata per le conseguenze della perdita di biodiversità ed è consapevole delle ripercussioni negative che questo fenomeno può avere sulla salute e il benessere degli esseri umani, e in ultima analisi anche sul nostro sviluppo economico a lungo termine.

L’Ue ha adottato una strategia per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020. Dalla valutazione effettuata a metà percorso emerge che occorre fare molto di più sul terreno per tradurre le politiche dell’Ue in azioni concrete. In primo luogo gli Stati membri devono attuare meglio la legislazione Ue in materia di protezione della natura. Più dei tre quarti dei principali habitat naturali nell’Ue sono attualmente in condizioni insoddisfacenti, e molte specie sono a rischio di estinzione. L’effettivo arresto della perdita di biodiversità dipende anche da quanto efficacemente le questioni legate alla biodiversità sono integrate nelle politiche in materia di agricoltura, silvicoltura, pesca, sviluppo regionale e commercio. La riforma della politica agricola comune offre la possibilità di una maggiore integrazione delle questioni connesse alla biodiversità, ma la misura in cui gli Stati membri attueranno i provvedimenti a livello nazionale sarà decisiva per garantirne il successo. Infine occorre riconoscere e apprezzare per il suo giusto valore il nostro capitale naturale, non solo entro i limiti delle aree protette ma in generale nel nostro territorio e nei nostri mari. La Commissione sta attualmente effettuando un controllo dell’adeguatezza (check-up) delle direttive Uccelli e Habitat, al fine di verificare se stiano raggiungendo i loro importanti obiettivi nel modo più efficiente.

Il Commissario responsabile per l’Ambiente, gli affari marittimi e la pesca, Karmenu Vella, ha dichiarato: “Possiamo trarre numerosi insegnamenti da questa relazione; abbiamo compiuto progressi e ci sono esempi validi da seguire, ma resta tanto da fare per colmare le lacune e raggiungere gli obiettivi in materia di biodiversità all’orizzonte 2020. Non c’è motivo di autocompiacersi: perdere biodiversità significa perdere il nostro sistema di sostegno alla vita. Non possiamo permettercelo, né può permetterselo la nostra economia”.

Il ripristino degli habitat naturali e la costruzione di infrastrutture verdi continuano a rappresentare delle sfide per l’Europa. La strategia dell’Ue per le infrastrutture verdi – una volta attuata – dovrebbe comportare vari benefici per una serie di settori, compresa l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca. Le specie esotiche invasive sono una delle minacce alla biodiversità che registra la crescita più rapida in Europa, causando danni significativi all’agricoltura, alla silvicoltura e alla pesca, con un costo nell’Ue pari ad almeno 12 miliardi di euro l’anno. È entrato in vigore un nuovo regolamento dell’Ue per combattere la diffusione delle specie esotiche invasive e si sta lavorando per definire entro l’inizio del 2016 un elenco delle specie invasive di rilevanza unionale.

Su scala mondiale, l’Ue contribuisce in ampia misura ad arrestare la perdita di biodiversità. Insieme ai suoi Stati membri, l’Ue è il principale donatore finanziario per la conservazione della biodiversità. L’Ue ha adottato i primi provvedimenti per ridurre le cause indirette della perdita di biodiversità, in particolare in materia di commercio della fauna selvatica e della pesca illegale, e per integrare la questione della biodiversità nei suoi accordi commerciali. La nuova agenda generale 2030 per lo sviluppo sostenibile ribadisce la necessità di mantenere gli impegni assunti a livello mondiale in questo settore.

La pubblicazione della revisione intermedia coincide con quella di un sondaggio Eurobarometro che evidenzia le preoccupazioni espresse dagli europei rispetto alle tendenze attuali in materia di biodiversità. Almeno i tre quarti dei cittadini europei ritengono che sussistano gravi minacce per gli animali, le piante e gli ecosistemi a livello nazionale, europeo e mondiale, e oltre la metà ritiene che risentirà personalmente della perdita di biodiversità.

La strategia dell’Ue sulla biodiversità fino al 2020 mira a porre fine alla perdita di biodiversità e al degrado dei servizi ecosistemici, ripristinandoli il più possibile entro il 2020, e a contribuire ad evitare la perdita di biodiversità su scala mondiale. Essa stabilisce obiettivi in sei settori principali: piena attuazione della normativa dell’Ue in materia di protezione della natura; preservazione e ripristino degli ecosistemi e dei relativi servizi; rafforzamento della sostenibilità dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca; controlli più rigorosi sulle specie esotiche invasive e un contributo più significativo dell’Ue alla prevenzione della perdita di biodiversità. La strategia dell’Ue sottolinea la necessità di tenere pienamente conto dei benefici economici e sociali garantiti dalla natura e di integrare tali vantaggi nei sistemi di comunicazione e contabili. La strategia mira anche a tener fede agli impegni mondiali in materia di biodiversità nel quadro della convenzione sulla diversità biologica e contribuisce alla nuova agenda di sviluppo sostenibile a livello mondiale entro il 2030.



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