Biodiesel: la burocrazia ferma gli impianti

Pubblicato il 9 luglio 2007

Nonostante le recenti affermazioni del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Paolo De Castro sulla priorità e strategicità dei biocarburanti per il rispetto degli obiettivi fissati dalla Cee e per lo sviluppo della filiera agroenergetica, il biodiesel non arriva sul mercato e i consumatori continuano a utilizzare esclusivamente gasolio tradizionale. Le raffinerie, infatti, non sono in grado di rifornirsi dagli impianti di produzione di biodiesel per miscelarlo con il gasolio, nel rispetto della Direttiva Europea 30/2003 del 30 marzo 2003 che impone agli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie al fine di incrementare l’utilizzo di biocarburanti. La ragione di questa situazione è la definizione di “autotrazione” fornita in una delle sue ultime circolari dall’Agenzia delle Dogane (Ministero dell’Economia e delle Finanze), secondo cui il biodiesel deve essere usato solo nei motori che vanno su strada e non in quelli per uso agricolo e moto pesca.

“Questa volta la colpa non è dei petrolieri, non è dei produttori di biodiesel, non è degli agricoltori, ma dell’Agenzia delle Dogane che, con un’interpretazione restrittiva e non giustificata del termine autotrazione, esclude la possibilità di miscelare il biodiesel con gasolio agricolo e da motopesca, impedendone di fatto l’impiego”. È questa è la denuncia di Maria Rosaria di Somma, direttore generale di Assocostieri-Unione Produttori Biodiesel, l’associazione che rappresenta i produttori di biodiesel. “L’ampliamento della miscela gasolio-biodiesel anche al settore della motopesca e dell’agricoltura comporterebbe un beneficio aggiuntivo all’ambiente e al settore dell’agricoltura e il suo divieto non trova alcuna giustificazione di merito”.

Da fine marzo, quindi, le raffinerie italiane di biodiesel sono ferme dato che, non potendo estrarre prodotto finito dai loro serbatoi, non sono in grado di ricevere altro biodiesel; l’effetto immediato è il rallentamento della marcia dagli impianti di produzione di biodiesel fino al collasso e alla imminente sospensione della produzione. Se protratta nel tempo, questa situazione comporterà la messa in cassa integrazione dei dipendenti e degli operai che lavorano nel settore.

“Nel periodo gennaio-maggio 2007 le immissioni al consumo di biodiesel nel mercato italiano sono state il 60% in meno di quelle del corrispondente periodo del 2006”, ha dichiarato Paola Brancaccio, amministratore delegato della OilB, una delle aziende che fanno parte di Assocostieri. “Non riusciamo davvero a capire come le complessità burocratiche possano impedire di raggiungere obiettivi importanti quali lo sviluppo dell’agricoltura e dell’industria italiana, l’abbattimento delle emissioni di Co2 in atmosfera e l’autonomia energetica del nostro Paese”.

“Con la fermata degli impianti di produzione nazionale di biodiesel, sarà molto difficile garantire il raggiungimento dell’obiettivo minimo dell’1% di additivazione di biodiesel al gasolio, con la conseguenza che probabilmente si farà ricorso all’importazione da paesi extracomunitari”, ha spiegato Pier Giuseppe Polla di Novaol.

Progressivamente, lo stop degli impianti si sta ripercuotendo anche sul sistema agricolo, in quanto l’impossibilità a ricevere materia prima non consente alle aziende produttrici di biodiesel di rispettare i contratti che permetterebbero agli agricoltori di procedere con la semina che non può essere rinviata nel tempo.

“Nelle prossime due settimane dovremo decidere se rescindere i contratti con gli agricoltori, con i fornitori di olio vegetale e se chiudere lo stabilimento a tempo indefinito, vista l’insostenibile situazione che, di fatto, ha bloccato la logistica di distribuzione del biodiesel”, commenta Gianni Berloni di Fox Petroli. “Mi capita di descrivere questa situazione irreale ai nostri colleghi europei, ma nessuno mi crede, cercano spiegazioni più profonde che non l’interpretazione di un semplice vocabolo che ha sconvolto l’intero settore del biodiesel italiano”.