Ambiente e salute: biomasse legnose pericolose

Pubblicato il 17 novembre 2015

L’utilizzo delle biomasse per il riscaldamento residenziale non porta i benefici sperati e anzi, a causa delle emissioni di particolato (PM 2.5), incrementa l’inquinamento atmosferico e provoca danni alla salute.
Per questo motivo, le politiche di sostegno alle biomasse per uso residenziale vanno condizionate all’uso delle più efficienti tecnologie disponibili, gli standard emissivi delle tecnologie incentivabili devono diventare più rigorosi e le politiche di incentivi vanno rimodulate tenendo conto degli impatti negativi sulla salute provocati dalle emissioni di inquinanti atmosferici come il particolato.
È quanto emerge dallo studio Enea “Gli impatti energetici e ambientali dei combustibili nel settore residenziale”, presentato durante un evento promosso a Roma da Assogasliquidi e Anigas, le associazioni rappresentative dei settori gas naturale e liquefatto.
Gli aspetti sanitari sono stati evidenziati dallo Studio del Centro Controllo Malattie del Ministero della Salute, Viias (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute).
Lo Studio Enea parte da recenti analisi sulla qualità dell’aria che, in alcune zone del Paese, evidenziano una presenza di inquinanti atmosferici e composti tossici elevata, nonostante l’adozione di norme europee sulle emissioni di impianti industriali e autoveicoli.
Tutti gli scenari energetici considerati da Enea – vale a dire quello “di riferimento” a legislazione vigente, quello “a biomassa costante”, ossia con consumo di biomasse non superiore alle stime Istat del 2014 (circa 19 Mton di biomasse legnose) e quello “decarbonizzazione 2030” in linea con gli obiettivi europei su energia e clima al 2030 – mostrano che le emissioni complessive di inquinanti, come il particolato primario, si riducono al 2030 per effetto del miglioramento delle tecnologie adottate, ma le riduzioni sono minori laddove si ha un aumento dell’utilizzo di biomassa nel settore residenziale.
Il maggior ricorso alle biomasse nel settore civile non riduce dunque le emissioni di particolato altrettanto rapidamente che in altri, in particolare del trasporto stradale. Infatti, le biomasse producono oltre il 99% delle emissioni di particolato del settore civile.
Emerge quindi la necessità di rivolgere attenzione alle modalità di impiego delle biomasse legnose per il riscaldamento. Uno dei maggiori rischi presenti nelle attuali politiche di sostegno all’utilizzo delle biomasse è di ridurre i risultati positivi connessi al miglioramento della qualità dell’aria, ottenuti attraverso le politiche di contenimento delle emissioni nei trasporti, negli impianti di generazione elettrica e negli usi energetici dell’industria.
La combustione della biomassa, infatti, se è considerata neutra dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica è invece dannosa per la salute umana e la qualità dell’aria a causa delle emissioni di particolato, ossidi di azoto e composti organici volatili.
L’inquinamento atmosferico è in particolare dichiarato cancerogeno dallo Iarc (International Agency for Research on Cancer). L’incidenza delle concentrazioni di inquinanti e composti tossici (fra cui particolato e benzoapirene) nella diffusione di patologie dell’apparato respiratorio è riconosciuta da diverse indagini epidemiologiche a livello mondiale.
Il progetto Viaas del Centro Controllo Malattie del Ministero della Salute valuta per l’Italia in circa 30.000 decessi l’anno l’impatto del solo particolato fine sulla salute, pari al 7% di tutti i decessi, esclusi gli incidenti. Secondo l’Oms il particolato assume particolare rilevanza per la sua patogenicità a concentrazioni maggiori 10 µg/m3.
La situazione diventa quindi critica in alcune aree sensibili, con conseguente aumento delle patologie per l’apparato respiratorio, come Pianura Padana, Roma e Napoli, dove le concentrazioni di particolato restano superiori non solo ai 10 µg/m3 considerati dall’Oms, ma anche ai limiti europei.
Per tali aree, è necessaria una riduzione delle concentrazioni, attraverso standard emissivi più stringenti sui piccoli impianti a biomasse o misure che scoraggino l’uso delle biomasse nel residenziale, a favore della sostituzione di camini aperti/chiusi con tecnologie a gas o con produzione di calore tramite altre rinnovabili (elettriche o termiche), in linea con quanto indicato nello Studio Enea.
Alla luce dello studio Enea, le politiche di sostegno e incentivi alle biomasse in funzione della decarbonizzazione vanno quindi condizionate all’uso delle migliori e più efficienti tecnologie disponibili con conseguente beneficio, non solo per la salute umana ma anche per le casse pubbliche.
A differenza degli altri prodotti petroliferi, del gas naturale e dell’energia elettrica – soggetti ad accise o imposte di fabbricazione e all’aliquota Iva al 22% – le biomasse godono di una fiscalità agevolata. Tale trattamento preferenziale accordato alle biomasse dovrebbe quindi esser riequilibrato, per tener conto degli impatti negativi sulla salute umana e sull’ambiente.
Sarebbe poi indispensabile introdurre standard emissivi più rigorosi da applicare alle tecnologie incentivabili, in modo da costituire un’ulteriore spinta all’accelerazione tecnologica necessaria per la transizione verso sistemi energetici meno carbon intensive.
Pertanto, le conclusioni dello studio Enea possono essere così sintetizzate comw di seguito.
In un’ottica di sostenibilità più ampia, le politiche di sostegno alle biomasse in funzione della decarbonizzazione andrebbero condizionate all’uso delle migliori e più efficienti tecnologie disponibili.
Gli standard emissivi delle tecnologie incentivabili dovrebbero diventare più rigorosi.
Potrebbero essere più utili incentivi indiretti, come quelli per la ricerca e l’innovazione su sistemi di abbattimento del particolato più efficaci e a basso costo.
Qualora si adottasse un’ottica di tasse ambientali per compensare le esternalità prodotte dalle varie fonti energetiche, le tasse dovrebbero essere rimodulate tenendo conto degli impatti negativi sulla salute provocati dalle emissioni di inquinanti atmosferici come il particolato, oltre che degli impatti sul clima prodotti dalle emissioni di anidride carbonica.
I dati presentati anche dalle Arpa regionali intervenute all’evento e da Inserm (Institut National de la santè et de la recerche medicale) confermano gli impatti ambientali e sanitari derivanti dall’impiego delle biomasse nel settore del riscaldamento.



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