Accadueo, dibattito sullo smart water management per combattere le perdite idriche
La digitalizzazione delle reti e le tecnologie più all’avanguardia contro le perdite idriche sono stati i temi al centro della recente manifestazione dedicata al sistema idrico Accadueo. L’evento, che ha visto la partecipazione di speaker nazionali ed internazionali di provata esperienza, ha inteso favorire la collaborazione tra gli stakeholder del settore idrico, la condivisione delle conoscenze e l’adozione di innovazioni per migliorare l’efficienza dei sistemi idrici.
Sono stati presentati casi studio di successo nell’applicazione delle best practice per la riduzione delle perdite e la sostituzione strategica delle reti, con esperti da Olanda, Regno Unito, Danimarca, Taiwan, Medio Oriente, Italia e Spagna. Ha portato il suo contributo Rosario Mazzola, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha sottolineato l’importanza e la volontà di supportare con strumenti finanziari e tariffari l’efficientamento del servizio idrico, ravvisando la necessità di affinare meccanismi premiali per i gestori efficienti.
Quanto alla digitalizzazione dei sistemi idrici è stato sottolineato quanto possa contribuire fattivamente a una riduzione significativa del livello di perdite e dei consumi energetici per il funzionamento del sistema idrico, con stime anche superiori al 30 per cento di riduzione di entrambi i parametri.
“Ci troviamo di fronte a una grande opportunità offerta dal Recovery Plan di migliorare l’efficienza e ridurre le perdite nei nostri acquedotti e questa opportunità può essere colta a pieno grazie alla digitalizzazione delle reti. Quest’ultima ci consente di migliorare le performance del servizio idrico e questo è particolarmente importante per gestire sia la crisi energetica che stiamo vivendo sia la scarsa disponibilità di acqua. In uno scenario di cambiamento climatico, non possiamo più accettare livelli di inefficienza che storicamente hanno afflitto la gestione dei nostri sistemi idrici”, ha commentato Marco Fantozzi, Managing Director per l’Italia Isle Utilities, che ha curato due convegni sul tema.
Durante la giornata sono state messe a confronto esperienze internazionali e dell’innovazione a supporto dei gestori italiani nell’implementazione del PNRR. Si è parlato anche dei vari usi dell’acqua, con un focus particolare sui sistemi produttivi manifatturieri. È stato ricordato che in Italia vengono prelevati 30,4 miliardi di metri cubi di acqua all’anno dai principali comparti d’uso. Di questi, il 31% per l’uso civile, il 56% per l’irrigazione, mentre circa il 13% è destinato ai processi produttivi manifatturieri (dati 2015/2019). Questi ultimi sono strettamente connessi alle infrastrutture e alla disponibilità di acqua nel territorio come anche al tipo di attività produttiva.
Le imprese hanno ribadito la loro forte volontà di investire nello sviluppo di nuove tecnologie e pratiche di gestione che abbiano come obiettivo la riduzione dei prelievi di acqua, ottenuta ad esempio tramite il riuso delle acque reflue.
Altro tema toccato è l’importanza dei dati per una gestione sostenibile della risorsa idrica. “È sempre più importante avere informazioni su quelli che sono gli utilizzi e i prelievi di acqua sul territorio. Queste informazioni sono utilissime per avere un quadro di quelli che sono gli stress sui corpi idrici e quindi quanto noi andiamo ad utilizzare in riferimento alla disponibilità. Sicuramente le condizioni ambientali stanno cambiando e cambieranno, quindi questo porterà anche un cambiamento nell’utilizzo della risorsa e dei processi. Di conseguenza è importante avere informazioni sul territorio attraverso un’analisi capillare con l’ausilio di reti informative che ci permettano di assumere delle informazioni specifiche”, ha spiegato Stefano Tersigni, Istat della Direzione centrale per l’analisi e la valorizzazione nell’area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR.
Quanto alle nuove tecnologie, il convegno a cura di IATT, Italian Association for Trenchless Technology, ha messo in luce il ruolo che le tecnologie No Dig, o trenchless technology, ricoprono nella riduzione delle perdite idriche delle reti acquedottistiche.
In particolare le No Dig permettono di effettuare la posa e il risanamento delle infrastrutture interrate riducendo al minimo, o eliminando del tutto, lo scavo a cielo aperto. Si tratta di tecnologie a basso impatto ambientale che consentono il rispetto dei canoni di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Minimizzando o annullando lo scavo a cielo aperto, si riducono infatti, di conseguenza, il materiale movimentato, le emissioni di CO2, i blocchi alla circolazione e il costo economico ed energetico dei cantieri.
“Le tecnologie No Dig sono a basso impatto ambientale e riducono drasticamente le emissioni di CO2 e di altre polveri sottili e sostanze inquinanti perché si elimina o si riduce sensibilmente lo scavo rispetto alle tecnologie tradizionali quindi non c’è movimentazione di cantiere, non c’è materiale che va in discarica né dalle cave materiale che entra all’interno delle città per ricoprire gli scavi. Inoltre sono minori i macchinari che intervengono sui cantieri quindi c’è minore consumo i combustibili fossili”, ha commentato Paolo Trombetti, Presidente IATT.
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