Sottosuolo contaminato da gasolio: bonifica con la tecnica del bioventing

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Pubblicato il 15 dicembre 2001

La contaminazione si è propagata nel sottosuolo migrando dalla sorgente sia in senso areale che verticale: il volume totale di terreno contaminato ammontava a circa 1.000 m3 interessando il sottosuolo insaturo fino a –8 m circa dal piano campagna.

La contaminazione presentava una concentrazione media di idrocarburi petroliferi totali pari a 4.000 mg/kg. L’incidente è avvenuto presso un sito a destinazione commerciale ubicato nel centro di Milano: il serbatoio interrato è posizionato in vicinanza di un edificio, in un’area normalmente destinata a parcheggio. Il serbatoio alimenta la centrale termica dell’edificio.

Caratterizzazione ambientale del sottosuolo

Nelle ore successive allo sversamento accidentale, alla presenza delle Autorità, sul punto di immissione del contaminante nel sottosuolo e concentricamente allo stesso sono stati eseguiti carotaggi “a secco” finalizzati al prelievo di campioni rappresentativi di terreno da sottoporre ad analisi chimiche di caratterizzazione e all’installazione di pozzi e punti fissi di monitoraggio del gas interstiziale necessari all’intervento di risanamento del terreno insaturo.

Nelle ore immediatamente successive allo sversamento, dai pozzi sono stati recuperati circa 1.000 litri di gasolio.
Al fine di valutare lo stato qualitativo della falda sono stati realizzati tre piezometri ubicati uno in posizione idrogeologica di monte rispetto all’area contaminata e due di valle: i piezometri di valle sono stati realizzati in modo tale da realizzare un presidio della falda in caso fosse rilevata contaminazione nella stessa. Il livello piezometrico della falda presso l’area contaminata era di –18 m circa dal piano campagna.

La contaminazione è stata rilevata solamente a carico del terreno insaturo compreso fra –3 e – 8 m dal piano campagna con concentrazioni di idrocarburi petroliferi totali comprese fra 300 e 6.100 mg/kg. La falda idrica, analizzata in varie sessioni di monitoraggio, non ha mai presentato stati di contaminazione.

Sulla base dei dati acquisiti durante la caratterizzazione ambientale del sito è stato redatto e approvato dalle Autorità un progetto preliminare e definitivo di bonifica del sito che prevedeva l’applicazione della tecnica del bioventing.

Intervento di bioventing: principi fondamentali

Il bioventing è una tecnica che prevede la ventilazione forzata del terreno insaturo affinché, in caso di contaminante biodegradabile e di condizioni specifiche del sito, si realizzi la biodegradazione del contaminante ad opera delle colonie batteriche autoctone presenti naturalmente nel terreno.

L’applicazione e il dimensionamento di un intervento di bioventing vengono definiti sulla base di prove di campo attraverso le quali si determinano i seguenti parametri:
– raggio di influenza e di trattamento del terreno contaminato;
– coefficiente di permeabilità all’aria del terreno;
– portate di ventilazione;
– tasso di utilizzo dell’ossigeno da parte dei batteri autoctoni;
– tasso di biodegradazione del contaminante.

Bioventing applicato al caso in oggetto
Prova pilota

Al termine della caratterizzazione ambientale del sito, attraverso alcuni pozzi e alcuni punti fissi di monitoraggio del gas interstiziale, è stata condotta una prova pilota di ventilazione e alcune prove respirometriche al fine di verificare l’applicabilità del bioventing al caso in oggetto.

La prova ha condotto a buoni risultati e ha permesso di avvalorare l’applicabilità del bioventing; in particolare sono stati ottenuti i seguenti valori:
• raggio di influenza e raggio di trattamento: 16 m
• coefficiente di permeabilità all’aria del terreno:
2.14×10-6 cm2
• portate di ventilazione: 20∏100 m3/h
• tasso di utilizzo dell’ossigeno da parte dei batteri autoctoni: 4,89%/giorno
• tasso di biodegradazione del contaminante: 3,16 mg/kg/giorno

Bonifica del terreno

Al termine della prova pilota è stato realizzato un sistema automatico di ventilazione del sottosuolo composto da un impianto di ventilazione collegato ai pozzi di ventilazione del terreno insaturo.

L’impianto era collegato con i pozzi di ventilazione attraverso tubazioni semirigide in PVC collocate fuori terra. Esso era contenuto all’interno di un container marino e consisteva di un aspiratore, un iniettore, separatori di umidità, filtri a carbone attivo e centralina di controllo dei gas estratti dal sottosuolo.

L’intervento ha previsto la ventilazione del sottosuolo (aspirazione dal terreno e iniezione di aria atmosferica) a basse portate (comprese fra 20∏60 m3/h) per 15 mesi: durante il trattamento mensilmente in corrispondenza di punti fissi di monitoraggio sono state eseguite misure respirometriche di O2 e CO2 quali indicatori dei fenomeni di biodegradazione in atto (figura 2). Durante le sessioni di monitoraggio al sistema venivano altresì determinati altri parametri fisico-chimici quali le portate di ventilazione, l’umidità e la temperatura del gas interstiziale nonché venivano prelevati campioni di gas interstiziale per la verifica delle concentrazioni di idrocarburi volatili presenti nel sottosuolo.

Conclusione dell’intervento e risultati ottenuti

Sulla base delle misure respirometriche effettuate mensilmente, allo scadere dei 15 mesi di trattamento sono stati prelevati campioni di terreno alla presenza delle Autorità e condotte le verifiche chimiche del terreno in vari punti, alle profondità di 4, 6 e 9 m.

Le verifiche hanno mostrato ovunque il raggiungimento dei limiti di bonifica imposti dalle Autorità (625 mg/kg di Idrocarburi Petroliferi Totali secondo quanto previsto dalla legislazione vigente nel 1998, ossia la D.G.R. della Lombardia n. 17252/96) ottenendo concentrazioni comprese fra 2 e 360 mg/kg.