Gli effetti del nuovo sistema di codifica e classificazione dei rifiuti

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Pubblicato il 11 marzo 2002

Rifiuti in primo piano. L’entrata in vigore del nuovo catalogo europeo dei rifiuti sovverte alcune certezze consolidate e, imponendo in molti casi l’analisi di laboratorio anche ai fini della classificazione del rifiuto, conduce le imprese a confrontarsi con inedite difficoltà. Fra queste ultime emerge, in particolare, il problema della corretta individuazione degli operatori autorizzati a gestire gli scarti di produzione e di consumo. L’introduzione di ben 260 nuove tipologie di rifiuto classificate come pericolose, infatti, comporta la necessità di sottoporre a verifica i titoli abilitativi (iscrizioni, comunicazioni, autorizzazioni) dei fornitori di servizi di recupero o di smaltimento, un’operazione non certo agevole, se si considera la complessa articolazione delle categorie di iscrizione all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti e la non meno intricata identificazione delle autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni, in un periodo in cui il processo di progressivo decentramento sta mutando radicalmente una situazione che era rimasta immodificata per molti anni. Ogni rifiuto, infatti, anche se considerato privo di particolari problemi di gestione, comporta per il produttore la necessità di verificare in primo luogo se il codice identificativo continua a essere adeguato, in considerazione del fatto che il nuovo catalogo europeo ha introdotto ben 470 codici che in precedenza non esistevano, e in secondo luogo se vi è stato un mutamento della classificazione del rifiuto, in altri termini se il rifiuto prima considerato non pericoloso abbia acquisito carattere di pericolosità (e viceversa). Il mutamento di classificazione di un rifiuto, infatti, oltre a dispiegare il proprio effetto sulla scelta dei fornitori di servizi di recupero e smaltimento, può comportare anche una modifica delle modalità di deposito temporaneo (lo stoccaggio dello scarto nel luogo ove è stato prodotto), imponendo diversi limiti sia quantitativi sia temporali, e degli adempimenti connessi alla gestione dei rifiuti, comportando, per esempio, la necessità di istituire il registro di carico e scarico e di presentare il modello unico di dichiarazione ambientale. Ricordando che è possibile inviare telematicamente i quesiti al servizio “A colloquio con l’esperto” servendosi del sito internet di Inquinamento o degli indirizzi di posta elettronica della redazione, passiamo senz’altro ad esaminare alcuni dei problemi posti dai lettori negli ultimi giorni.

Gli adempimenti ambientali di un commercialista

Vorrei sapere se uno studio di commercialisti che produce esclusivamente rifiuti costituiti da nastri e cartucce di toner per le stampanti è tenuto a compilare il registro di carico e scarico e a presentare il modello unico di dichiarazione ambientale?
Desiderei sapere, inoltre, se è corretto che l’impresa incaricata del ritiro di questo genere di scarti si rifiuti di accettare il formulario di trasporto, sostenendo che non è necessario in quanto si tratta di materiale destinato al recupero. I soggetti obbligati alla presentazione del MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale) e, di conseguenza, alla tenuta del registro di carico e scarico, sono costituiti da: “chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti […] ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento, nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti che producono rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 7, comma 3, lett b), c) e g)” (articolo 11 comma 3 del D lgs. 5 febbraio 1997, n. 22; c.d. Decreto Ronchi). I rifiuti di cui all’articolo 7 comma 3 lett. c), d) e g) sono i rifiuti da lavorazioni industriali, quelli da lavorazioni artigianali, quelli derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, nonché i fanghi prodotti dalla potabilizzazione delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e dall’abbattimento di fumi. In primo luogo, quindi, la produzione di rifiuti non pericolosi comporta l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico e di presentazione del MUD solo con riferimento agli scarti generati da alcune specifiche attività economiche, tra le quali non è inquadrabile l’attività propria di uno studio professionale. Nel caso in cui, invece, lo studio abbia prodotto anche rifiuti classificati come pericolosi, l’indicazione in merito agli obblighi di tenuta dei registri e di presentazione del MUD non è univoca, in quanto dipende dall’estensione che in fase interpretativa può essere attribuita ai termini “imprese” ed “enti” con i quali la norma identifica i soggetti obbligati.

Non è chiaro, infatti, se con queste locuzioni il legislatore volesse indicare o meno tutti i produttori di rifiuti pericolosi. Sembra più corretto, però, propendere per un’esclusione dall’obbligo, in quanto nel definire i soggetti obbligati l’articolo 11 comma 3 del decreto legislativo citato non si riferisce a “chiunque” produca rifiuti pericolosi, come avviene quando il legislatore intende riferirsi a tutti i soggetti che esercitano attività di gestione dei rifiuti, bensì specifica che rientrano tra i soggetti obbligati le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi. Per questo motivo lo studio di un commercialista, a meno che non sia dotato di un’articolazione organizzativa che si configuri come impresa, non può essere ricondotto a nessuna di queste due categorie. È necessario comunque precisare che, con l’entrata in vigore del nuovo Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER 2002), il codice identificativo del toner ha subito modificazioni. Il vecchio codice non pericoloso 080309 toner per stampa esaurito (comprese le cartucce) trova oggi corrispondenza in due diversi codici CER: lo 080317* toner per stampa esauriti, contenenti sostanze pericolose o lo 080318 toner per stampa esauriti diversi da quelli di cui alla voce 080317*. Questo significa che alcuni rifiuti costituiti da toner possono essere classificati come pericolosi e che il produttore di questi scarti ha l’onere di verificare l’esatta qualificazione e codificazione dei medesimi.