I dati delle aziende chimiche italiane sono in linea con il protocollo di Kyoto

Pubblicato il 14 ottobre 2008

L’industria chimica in Italia ha fatto la sua parte e ora chiede che le decisioni comunitarie in tema ambientale non la penalizzino in produttività e competitività con gli altri continenti. La presentazione dei dati del 14° Rapporto Responsible Care, programma volontario dell’industria chimica, dimostra inequivocabilmente l’impegno ambientale del settore, proprio alla vigilia del delicatissimo incontro del Consiglio d’Europa che delibererà anche in materia di Emission Trading. Dal 1989 ad oggi l’industria chimica in Italia ha ridotto del 91% le emissioni in aria e ha ridotto le emissioni di CO2 del 46% tra il 1990 e il 2006, nel pieno rispetto degli obiettivi di Kyoto. Giorgio Squinzi, presidente di Federchimica, ha sottolineato: “In presenza di una crisi finanziaria epocale, da più parti si sta invocando il ritorno alla centralità dell’industria; temo però che si tratti di uno slogan, non accompagnato dai fatti”.

Qualche giorno fa, infatti, la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha votato il
provvedimento finale sullo schema europeo di Emissions Trading che penalizza gravemente il
sistema industriale, già in crisi di competitività verso le economie emergenti. “Le politiche per il cambiamento climatico devono tener conto della crisi finanziaria attuale, che sta già avendo pesanti riflessi sull’attività industriale”, ha proseguito Squinzi. “Mi sembra invece che anche l’approccio al problema del risparmio energetico metta l’industria all’angolo, penalizzandola oltre il lecito. L’Europa non può permettersi di scaricare costi sull’industria per obiettivi parziali, dubbi e, in ogni caso, non perseguiti dalle altre aree del mondo. Non è una battaglia di retroguardia, ma di competitività: il pacchetto europeo “clima e energia” deve essere reso compatibile con le esigenze industriali, anche tramite una valutazione seria dei costi e dei benefici, che non sopravvaluti i vantaggi e minimizzi gli effetti che gli oneri avranno sulla nostra produttività”.

La chimica ha dato e sta dando il proprio contributo perché, come ha spiegato Squinzi: “è centrale
nei processi di riduzione dei consumi di energia. Ogni unità di energia impiegata nella chimica determina un risparmio da tre a cinque volte da parte degli utilizzatori”. Questo settore è parte importante della soluzione dei problemi del cambiamento climatico e della riduzione dell’impatto ambientale; basti pensare che il 2.5% del fatturato dell’industria chimica, 1434 milioni di euro nel 2007, è dedicato alle aree della sicurezza, salute e ambiente.

“Chiedo al nostro Governo di far valere in sede europea le ragioni dell’Industria. Noi ci auguriamo, ha concluso Squinzi, che questa gravissima situazione possa almeno rappresentare una svolta nell’atteggiamento nei confronti della chimica da parte di chi deve informare, formare, governare. Un atteggiamento che dimostri finalmente che si è compreso il ruolo virtuoso della competitività industriale, in particolare di un settore responsabile come il nostro”.



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