Cresce in Europa il mercato del biodiesel

Pubblicato il 9 luglio 2007

Il desiderio dell’Europa di dipendere in misura minore dalle importazioni di petrolio ha riacceso l’interesse nei confronti dei carburanti alternativi. Questa necessità di essere autosufficienti ha portato all’emanazione di leggi da parte dei governi dei singoli Stati membri che stanno incoraggiando e spingono il mercato del biodiesel.

Una nuova analisi condotta da Frost & Sullivan, Analisi del mercato europeo del biodiesel e delle materie prime 2007, rivela che il mercato ha registrato entrate pari a 2,93 miliardi di euro nel 2006. Secondo le previsioni, questa cifra dovrebbe raggiungere i 9,75 miliardi di euro nel 2013.

“Il mercato del biodiesel ha tratto beneficio dal supporto della Commissione Europea tramite il Protocollo di Kyoto e le Direttive 2003/30/EC e 2003/96/EC, che cercano di promuovere in modo specifico i biocarburanti e di fissare obiettivi di massima per il loro utilizzo nel settore dei trasporti”, spiega l’analista di Frost & Sullivan Robert Outram.

Si prevede che queste normative portino a un maggiore utilizzo di biocarburanti e li rendano competitivi in termini di costi rispetto agli altri carburanti minerali. Incoraggiati dalle normative dell’Unione Europea, i singoli stati membri hanno, inoltre, approvato una serie di incentivi come alleggerimenti fiscali, RTFO (Renewable Transport Fuel Obligation, che impone ai fornitori una determinata percentuale di vendite da biocarburanti) e norme sulla miscelazione.

In generale, le norme sulla miscelazione hanno particolarmente aiutato il mercato del biodiesel e il settore dei carburanti. Questa legislazione richiede, infatti, che le aziende petrolifere miscelino una percentuale prestabilita di carburante fossile in tutti i loro carburanti, il che per le aziende stesse costituisce un’enorme sfida dal punto di vista logistico.

“Le aziende petrolifere avranno bisogno di enormi volumi di carburanti fossili per soddisfare i livelli di miscela, anche se le percentuali sono solitamente contenute – spiega l’analista di Frost & Sullivan -. Questo significa che le aziende petrolifere potrebbero unirsi ai produttori di biocarburanti con accordi a lungo termine o perfino investire nei loro impianti”.

Queste norme sulla miscelazione dovrebbero, comunque, contribuire a un aumento dei prezzi delle materie prime.

Poiché la produzione di olio vegetale in Europa Occidentale ha raggiunto la piena capacità ed è rimasta costante nel corso dell’ultimo decennio (fra gli 11 e i 12 milioni di tonnellate), il mercato del biodiesel, altamente competitivo, è sotto pressione nella ricerca di materie prime a prezzi competitivi. Anche con il contributo di 1 milione di tonnellate aggiuntive proveniente dai nuovi stati membri dell’Unione Europea, per soddisfare le Direttive dell’Unione Europea – il cui scopo è quello di fare in modo che il biodiesel costituisca il 5,75% di tutti i carburanti da trasporto – saranno necessari all’incirca 9,5 milioni di tonnellate di biodiesel.

“Stimando una conversione di 1 a 1 dell’olio vegetale in biodiesel, in termini di volume, sarebbe necessario l’80% di tutto l’olio vegetale prodotto attualmente in Europa per il mercato del biodiesel”, sottolinea Outram.

La grandissima domanda di prodotti finiti colpirà inevitabilmente i prezzi dei biocarburanti fino a giungere a un livello in cui i margini di profitto dei produttori cominceranno a diminuire. Poiché i costi delle materie prime costituiscono il 70% di tutti i costi di funzionamento di un impianto, i produttori di biodiesel faranno in larga misura affidamento su efficaci strategie di recupero delle materie prime oltre che su costi logistici ridotti.

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