Anche il clima che cambia alla base delle migrazioni forzate: il report CeSPI, Focsiv, WWF
Migrazioni e cambiamento climatico: in 6 anni oltre 150 milioni di persone fuggite da alluvioni, tempeste e siccità Paesi e fasce più povere le più vulnerabili. Lo spostamento delle persone che vivono nelle aree a maggior rischio potrebbe diventare una strategia di adattamento
Dal 2008 al 2014, oltre 157 milioni di persone sono state costrette a spostarsi per eventi meteorologici estremi. Tra le cause che costringono famiglie e comunità ad abbandonare le proprie abitazioni ci sono soprattutto tempeste e alluvioni. Tra il 2008 e il 2014, secondo Idmc (Internal Displacement Monitoring Centre), queste hanno rappresentato l’85% della cause, seguite dai terremoti. Sempre l’Idmc ha calcolato che oggi le persone hanno il 60% in più di probabilità di dover abbandonare la propria casa di quanto non ne avessero nel 1975.
I dati sono contenuti nel rapporto “Migrazioni e cambiamento climatico” a cura di CeSPI, Focsiv e WWF Italia rilasciato alla vigilia della COP di Parigi.
Aumento delle temperature dell’aria e della superficie dei mari, cambiamento delle precipitazioni (frequenza, intensità); innalzamento del livello dei mari causato dalla fusione dei ghiacci; eventi ‘regionali’ come ‘El Niño’ e monsoni asiatici stanno portando all’intensificazione della competizione tra popolazioni, Stati e imprese per il controllo e l’utilizzo delle risorse naturali che potrebbe causare conflitti e quindi provocare migrazioni forzate.
Lo scenario più estremo dell’ultimo rapporto dell’Ipcc prevede entro il 2100 un incremento dell’innalzamento del livello dei mari di 98 cm. James Hansen, eminente climatologo già direttore del Goddard Institute for Space Studies (Giss) della Nasa, prevede un possibile aumento del livello del mare di 5 metri entro cinquanta anni, se si raggiungessero e superassero i 2°C di aumento della temperatura. Ciò vorrebbe dire la perdita della maggior parte delle città costiere. Per i piccoli stati insulari e le regioni dei delta dei fiumi, l’innalzamento del livello dei mari potrebbe avere conseguenze catastrofiche, soprattutto se associato all’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi come i tifoni.
Con un aumento delle temperature di 4 gradi, sarebbero a rischio il Mediterraneo, il Nord Africa e il Medio Oriente, ma anche i paesi dell’America Latina e i Caraibi. A essere colpite anche tutte le attività economiche umane, a partire dall’agricoltura. È purtroppo facile prevedere che questo porterà intere popolazioni a subire enormi difficoltà nel soddisfacimento dei bisogni elementari, specie se alla scarsità delle risorse e alla gravità dei fenomeni meteorologici estremi si assoceranno conflitti per il controllo delle risorse, aumento della violenza e disgregazione sociale.
Gli effetti del cambiamento climatico interagiscono inoltre con altre variabili, di tipo socio-economico ma anche di politiche di uso del suolo e di gestione della risorsa idrica: cementificazione e pratiche agricole che riducono la capacità del terreno di assorbire l’acqua, accaparramento di terre e ‘land grabbing’ sono tra quelle pratiche destinate ad amplificare gli effetti dei cambiamenti climatici, ponendo le premesse per migrazioni forzate.
Il report individua 5 “forme” di spostamento: migrazioni di carattere internazionale; a carattere permanente e di spostamento di interi nuclei familiari; sfollati interni e profughi a livello internazionale a causa di calamità naturali improvvise (il caso limite delle piccole isole del Pacifico, Kiribati o Tuvalu); ricollocazione di intere comunità per ridurre la loro esposizione a grandi rischi naturali e climatici.
Il fenomeno migratorio è complesso e le cause sono interagenti (in Siria questioni politiche si sono intrecciate con la più forte siccità degli ultimi 40 anni), ma CeSPI, Focsiv e WWF Italia chiedono alle istituzioni e propongono alla società civile una riflessione sugli strumenti legali internazionali: affinché non siano discriminanti verso le persone in difficoltà o che hanno necessità di spostarsi, ma riconosca i diritti a chi fugge dai sempre più frequenti disastri ambientali causati dai cambiamenti climatici; occorre creare nuovi regimi dei flussi a livello regionale fondati sul riconoscimento dei diritti dei migranti, integrati nei piani di adattamento al cambiamento climatico.
I cambiamenti climatici, le ricadute sulle popolazioni più vulnerabili e le conseguenti migrazioni sono al centro del pellegrinaggio “Una Terra. Una Famiglia Umana/People’s Pilgrimage” organizzato da Focsiv – Volontari nel Mondo, per la tappa italiana, e guidato da Yeb Sano, ex – ministro ed ex-negoziatore per i cambiamenti climatici della Repubblica delle Filippine, che sta attraversando, in questi giorni, l’Italia alla volta di Parigi per la Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima (COP21) di dicembre. Il pellegrinaggio per le tappe italiane è sostenuto dalla Coalizione Italiana per il Clima, di cui il WWF è parte.
Antonella Rampichini
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