Futuro incerto per l’industria del cemento

Pubblicato il 4 luglio 2016

Il nuovo report CDP sull’industria cementifera mondiale, che vale 106 miliardi di euro, evidenzia il profilarsi di un punto di svolta per il settore. Risulta infatti essere sempre più necessario l’orientamento all’innovazione al fine di crescere in efficienza.  Il rapporto rileva che delle 12 società analizzate, nel caso in cui fosse implementato un “carbon pricing” pari a 8.7 euro, le imprese meno performanti sarebbero esposte fino al 114% dell’EBIT. Il rapporto mostra che la maggior parte delle strategie aziendali volte a ridurre le emissioni scadrà nei prossimi anni. Con gli accordi di Parigi che stabiliscono l’obiettivo “emissioni zero” entro la metà del secolo, le aziende dell’industria cementifera si trovano a fronteggiare una scelta epocale che può fissare nuove basi future per il business. È da ricordare infatti che l’industria cementifera globale è responsabile del 5% delle emissioni globali e che dovrà necessariamente implementare innovazioni nei prodotti, nei processi, nelle tecnologie e nello stesso business model se vuole raggiungere gli obiettivi di Parigi.

Tarek Soliman, Senior Analyst, Investor Research in CDP spiega: “Questa è la prima parte di una ricerca più ampia che vuole fare luce su come le principali aziende ad operare nel settore del cemento si stanno muovendo per ridurre le emissioni di CO2 in linea con quanto stabilito a Parigi. Il cemento rappresenta proprio un elemento cruciale nella messa in pratica degli accordi poiché pesa per il 5% delle emissioni globali per mano umana. Il risultato è evidente: si avvicina la svolta per il comparto” – e aggiunge – “Poiché le misure che regolano la CO2 si irrigidiscono e il prezzo del carbone resta fluttuante, gli investitori si aspettano di vedere cambiamenti rapidi e strategici da parte delle industrie, fra cui un miglior utilizzo delle risorse disponibili e investimenti di lungo periodo, sia che si tratti di produzioni a basso consumo di carbonio che processi che ne richiedono l’utilizzo e lo stoccaggio.”

Il report raccomanda che per essere in linea con gli accordi di Parigi le aziende cementifere devono incrementare l’utilizzo di fonti energetiche alternative, attuare misure per migliorare l’efficienza energetica e utilizzare materiali sostitutivi, a basso consumo di CO2, su più larga scala. Sono solo 3 le aziende che all’interno del rapporto hanno delineato in modo chiaro i propri piani per ridurre le emissioni in linea con i budget globali di CO2  – calcolati su base scientifica. Inoltre, le restanti aziende interpellate hanno dimostrato di non essere sufficientemente ambiziose. All’industria si chiede perciò di adottare strategie e target più aggressivi dopo il 2025. Più del 50% degli stabilimenti è attualmente collocato in aree a rischio idrico e il report evidenzia come la scarsità di acqua rappresenti una potenziale allarme da tenere sotto controllo. In particolare, ciò è evidente per due società indiane, Ultratech e Shree Cement, così come altre aziende che operano in paesi dove la scarsità d’acqua e gli effetti sul cambiamento climatico possono influire negativamente sullo sviluppo del business.

Le peggiori performance arrivano dalle aziende che meno supportano la legislazione in ambito di cambiamento climatico, sebbene una regolamentazione sempre più stringente stia guidando il cambiamento. Per esempio la stretta nel sistema di trading delle emissioni a livello europeo (EU ETS) attualmente in corso di negoziazione, colpisce almeno 8 delle aziende interpellate nel report.  Sebbene nel breve periodo le scelte siano ancora lasciate alla libertà del singolo, un segnale forte è auspicato nel medio termine così come una drastica riduzione delle emissioni. Chi resta fuori si troverà a dover gestire significativi impatti finanziari. Le recenti aggregazioni offrono un potenziale di miglioramento alle performance delle aziende in ambito ambientale, vedi il caso di LafargeHolcim. A cui si aggiunge l’acquisizione di Italcementi da parte di Heidelberg Cement nel 2016 che potrà rappresentare per il gruppo italiano un’occasione di miglioramento e adesione alle buone pratiche di Heidelberg Cement.

Anhui Conch Cement (Cina), Siam Cement (Thailandia), Dangote Cement (Nigeria) e Vulcan Materials (USA)  che nel complesso valgono 60 miliardi di dollari di capitalizzazione, hanno scelto di non aderire al questionario CDP 2015 e non sono perciò incluse in questo report. Gli investitori si domandano il perché di questa scelta poco trasparente sulle strategie ambientali.



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