Gestione dei rifiuti in Italia
Cinquantaquattro milioni di tonnellate di rifiuti speciali, di cui quattro classificati come pericolosi e oltre sei costituiti da materiali inerti, ai quali devono essere aggiunti quasi ventisette milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Queste le stime, elaborate dall’Agenzia nazionale per la Protezione dell’Ambiente e dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti, relative agli scarti di produzione e di consumo complessivamente prodotti dalle imprese e dai cittadini nel 1998. Ma il Rapporto rifiuti 2001, che compendia le elaborazioni condotte dagli enti citati, fotografa in un istante dato una situazione estremamente mutevole e in continua evoluzione. Le fonti informative sulle quali si fonda la rilevazione, costituite dai Modelli Unici di Dichiarazione ambientale compilati dalle imprese e dalle amministrazioni comunali, segnalano con chiarezza questo fenomeno; basti pensare, per esempio, come i rifiuti urbani raccolti nel 1999 siano divenuti oltre ventotto milioni di tonnellate, con una crescita percentuale pari al 5,7% rispetto all’anno precedente. I dati ufficiali sulla produzione e la raccolta, secondo le valutazioni espresse nel Rapporto Ecomafie di Legambiente, dovrebbero inoltre essere ritoccati verso l’alto, se si considera che il fenomeno dello smaltimento illecito dei rifiuti sembra possa riguardare oltre 35 milioni di tonnellate di rifiuti. Ma a cinque anni dall’entrata in vigore del decreto Ronchi, la norma che ha riformato profondamente il concetto stesso di smaltimento dei rifiuti introducendo nell’ordinamento nazionale i principi comunitari della riduzione alla fonte del quantitativo e della pericolosità dei rifiuti e del recupero di materia ed energia, quale bilancio può essere tratto dall’esperienza fin qui maturata? Come si configura attualmente il settore della gestione dei rifiuti nel nostro Paese, quali strategie sono state messe in atto per realizzare concretamente gli obiettivi di recupero e quali opportunità si profilano nel medio periodo?
Gli operatori
Quasi 17.000 imprese, in prevalenza di piccole e medie dimensioni, sono iscritte all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, è impossibile – a causa dell’assenza di dati attendibili – stimare gli impianti di recupero autorizzati in regime di procedure semplificate, mentre sono disponibili informazioni ufficiali in merito al numero e alla distribuzione geografica degli impianti autorizzati in via ordinaria. In particolare, nel 1999 (non sono disponibili dati ufficiali più recenti) risultavano operativi 181 impianti di trattamento, selezione e compostaggio della frazione organica presente nei rifiuti urbani, tre impianti di produzione di combustibile derivato da rifiuti a partire dalla medesima matrice, 41 impianti di incenerimento e 786 discariche per rifiuti urbani, 171 impianti di incenerimento e 721 discariche per rifiuti speciali (dato 1988), mentre non sono stati censiti gli impianti che effettuano trattamenti finalizzati al recupero o allo smaltimento.
Raccolta differenziata
Il decreto Ronchi (D.Lgs. 22/97) ha previsto specifici obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani secondo un’articolazione temporale che avrebbe dovuto condurre a raggiungere il 15% entro marzo 1999, il 25% entro marzo 2001 e il 35% entro marzo 2003. I dati sull’attivazione di questo genere di raccolte mostrano come nel 2000 in alcune province i risultati siano stati superiori a quelli fissati come obiettivo per il 2003: è il caso di Lecco, con il 46,9%, o di Treviso, attestata al 35,7%, mentre a livello nazionale nel 1999 non è stato raggiunto l’obiettivo previsto, giungendo ad una percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari al 13,08%. Al progressivo incremento della raccolta differenziata ha contribuito l’attività di promozione, supporto tecnico e finanziario garantita alle amministrazioni comunali dal sistema Conai-Consorzi di filiera, l’organizzazione alla quale le imprese hanno affidato il compito di operare per il raggiungimento degli obiettivi di riutilizzo, recupero e riciclaggio previsti dalla Direttiva europea sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Nel corso del 2001 e del 2002 le raccolte differenziate dei materiali recuperabili sono state attivate anche in alcune regioni del Sud contribuendo a ridurre il marcato gap che ancora separa le diverse aree del Paese.
Modalità di gestione
I rifiuti urbani continuano ad essere prevalentemente conferiti in discarica, ma i dati dimostrano come l’incidenza della tradizionale modalità di smaltimento si stia gradualmente riducendo. Nel 1999, sempre secondo il Rapporto rifiuti 2001, il 74,4% dei rifiuti urbani è stato smaltito in discarica, con una diminuzione del 5,5% rispetto a due anni prima, l’11% è stato avviato ad impianti di compostaggio o di produzione di CDR (combustibile derivato dai rifiuti), il 7,2% ad impianti di incenerimento o di termovalorizzazione, mentre il 7,4% è stato destinato ad altre operazioni finalizzate al recupero o al riciclaggio. Il ricorso alla discarica, oltre che per le strategie volte ad incentivare le raccolte differenziate dei materiali recuperabili, tende a ridursi per le difficoltà di localizzazione dei nuovi impianti, osteggiati dalla popolazione, e per la conseguente riduzione della capacità di smaltimento di questo tipo di impianti. L’incremento del costo da sostenere per smaltire i rifiuti in discarica, registratosi soprattutto nelle regioni del Centro-Nord, ha contribuito a orientare verso gli impianti di recupero una quota dei rifiuti in precedenza depositati in discarica, ma la contemporanea disponibilità di alternative illecite o a basso prezzo in alcune aree del Paese ha ridotto l’effetto di questo fattore di pressione.