Edizione N° 4 del 11 maggio 2005

Tutte le newsletter

Energie e Ambiente

Iscriviti alla newsletter


Edizione N° 4 del 11 maggio 2005


software
Piano d’azione UE anti-inquinamento in discussione
11-05-2005 Il piano d’azione, che si propone di attuare la strategia UE per l’ambiente e la salute chiamata ‘Scale’, fissa come obiettivo prioritario il miglioramento delle conoscenze sull’impatto dell’inquinamento ambientale sulla salute.

I deputati accusano la Commissione di non aver tenuto conto di recenti studi che già evidenziano la correlazione tra esposizione a fattori ambientali e le quattro malattie prioritarie (asma e allergie infantili, disturbi neurologici, tumori, perturbatori del sistema endocrino). Lo stesso accade per l’identificazione e la prevenzione di nuove minacce sanitarie causate da fattori ambientali. Secondo l’Europarlamento, l’assenza di certezze scientifiche e la necessità di approfondire la ricerca sulle malattie multifattoriali non devono essere un alibi per ritardare la messa in opera di azioni urgenti per ridurre le esposizioni di bambini e adulti all’inquinamento ambientale.

La carenza maggiore è la mancata applicazione del principio cautelare che permetterebbe di agire a monte, eliminando progressivamente l’uso di sostanze pericolose per la salute: ftalati, metalli pesanti, solventi clorati, mercurio usato nelle mescole per uso dentario e apparecchi di misura e controllo, cadmio e pesticidi. Inoltre, il piano d’azione non prevede l’immediata messa in opera al livello Ue di un sistema di bio-sorveglianza basato sul controllo dei rivelatori biologici per misurare l’esposizione alle sostanze inquinanti presenti nell’ambiente.

Per gli eurodeputati, la bio-sorveglianza dovrebbe contribuire a una politica di valutazione dei rischi e dedicarsi in particolare alle malattie infettive come legionellosi e tumori il cui legame con certe sostanze inquinanti è facile da determinare (amianto – tumore della pleura, arsenico – tumore dei reni, alcuni pesticidi – leucemia, tumori linfatici e della prostata).

Per migliorare il programma di azione l’Europarlamento chiede alla Commissione di dare la priorità alla ricerca per produzione e uso di categorie di prodotti di consumo corrente non contenenti prodotti chimici che possono provocare allergie o tumori umani; inserire nelle priorità del programma la definizione delle condizioni ambientali accettabili nei luoghi in cui i bimbi si trovano spesso e a lungo (asili, parchi giochi, scuole); realizzare una valutazione di impatto dei nuovi materiali edili per la salute; redigere un Libro verde sull’inquinamento domestico tenendo conto delle fonti di inquinamento dell’aria all’interno degli edifici; integrare nel piano la descrizione dei rischi inerenti ai luoghi di lavoro e alle professioni, il seguito delle loro conseguenze sulla salute e la definizione di migliori pratiche per la protezione sanitaria; realizzare una valutazione scientifica e sistematica dell’impatto delle concentrazioni urbane su salute e benessere delle popolazioni; lanciare un’iniziativa per ridurre nel 2010 le emissioni aeree di sostanze tossiche di origine industriale (diossina, cadmio, piombo, cloruro di vinile monomero e benzene). È stato proposto, infine, di attribuire fondi ulteriori alla ricerca per le malattie dovute a prodotti chimici.

Accordo per il dopo-Kyoto
11-05-2005 Dopo intense discussioni alimentate dalle divergenze tra gli Stati membri maggiormente ambiziosi (Lussemburgo, Francia, Danimarca, Austria, Regno Unito, Germania, Repubblica Ceca e, in minor modo, Belgio, Ungheria e Slovenia, favorevoli a un obbiettivo a lungo termine pur non volendo dati precisi entro il 2020) e quelli più recalcitranti, la Presidenza lussemburghese dell’UE è riuscita a giungere ad un compromesso che propone di negoziare al livello globale una riduzione dal 15% al 30% entro il 2020 e dal 60% al 80% entro il 2050 per tutti i Paesi industrializzati del pianeta.

La proposta consente un certo margine di flessibilità per lo svolgimento dei negoziati internazionali, previsti a Montréal a dicembre. Si tratta di un segnale forte che l’Unione ha voluto dare al resto del mondo, all’altezza del ruolo chiave che intende continuare a svolgere nella lotta contro il riscaldamento del clima e per tentare di trascinare nel processo, mostrando l’esempio, gli Stati Uniti e i Paesi emergenti con forte crescita. Spetterà all’UE prefiggersi un obiettivo e definire il proprio mandato di negoziato nelle prossime settimane.

Arrivano gli standard UE per gli imballaggi eco-compatibili
11-05-2005 Si tratta della fase conclusiva di un processo decennale avviato con la direttiva sui rifiuti da imballaggi del ’94, oggi sostituita dalla nuova direttiva entrata in vigore nel febbraio 2004.

“L’introduzione di standard comuni obbligatori per tutti gli operatori europei – spiega Julian Carroll, direttore dell’organizzazione europea per l’imballaggio e l’ambiente (Europen) – è importante perché rimuove la situazione d’incertezza giuridica esistita finora. Dal gennaio ’98, infatti, solo gli imballaggi conformi alla direttiva potevano essere commercializzati nel mercato unico, ma l’assenza di precise e uniformi specifiche tecniche rende difficile per l’industria introdurre i necessari miglioramenti per adeguarsi alla legislazione europea”. In base a quest’ultima, l’armonizzazione tecnica è stata delegata al Cen (Comitato europeo per la normalizzazione) che ha completato il suo lavoro l’anno scorso.

Il riconoscimento a livello UE degli standard è stato l’ultimo passo da compiere per garantirne la legalità e l’obbligatorietà in tutti gli Stati membri, rimuovendo così l’incertezza per l’industria. I sei standard sono stati sviluppati in seguito alla richiesta della Commissione europea del 2001 di rivedere quelli precedentemente elaborati dal Cen poiché giudicati inadeguati. “La revisione – spiega Carroll – era necessaria per passare da un approccio prettamente quantitativo a un metodo che tenesse conto anche di criteri qualitativi”.

I nuovi standard regolano i seguenti aspetti: fabbricazione e composizione degli imballaggi, riutilizzo degli imballaggi e metodi di recupero e di riciclo, valorizzazione energetica, trasformazione in concime e biodegradabilità.

Infine, il sesto standard (detto “standard-ombrello”) spiega l’approccio ai sistemi di gestione da usare per l’applicazione degli altri cinque. Indica, in pratica, quali requisiti devono essere applicati a ciascun tipo d’imballaggio. Tale approccio fornisce agli operatori un metodo flessibile per dimostrare la loro conformità con le regole UE, ma presenta anche una serie di sfide per le autorità nazionali di controllo che dovranno vigilare sulla loro applicazione.

“Per favorire interpretazione e attuazione degli standard – spiega il direttore di Europen – abbiamo suggerito il lancio di un programma di formazione comune, sostenuto finanziariamente dall’UE, con l’obiettivo di spiegare alle autorità nazionali come funzionano le nuove regole. Finora abbiamo però ricevuto una risposta debole dalla Commissione europea, per cui ci sono stati solo due workshop l’anno scorso, organizzati col supporto di alcuni Stati membri. I seminari si sono rivolti soprattutto ai nuovi dieci Stati membri”.

Il problema principale, secondo Carroll, è che le autorità nazionali non fanno controlli sufficienti: “I controlli sono necessari per dimostrare che il sistema funziona e che non sono necessarie ulteriori misure di prevenzione, sulle quali si dibatte attualmente a Bruxelles. Al momento, tuttavia, solo Regno Unito, Francia, Repubblica Ceca e Svezia garantiscono un’applicazione effettiva della legislazione UE”. In proposito, la Commissione europea si appresta a pubblicare un rapporto sull’attuazione della direttiva (impatto sul mercato interno e l’ambiente) e a proporre eventualmente ulteriori revisioni normative.

Due studi privati, condotti da Eclas/Piras e Parchards, sono già stati pubblicati (vedi www.europen.be/issues), mentre questo mese esce l’attesissimo rapporto dell’Agenzia ambientale europea sui costi e l’efficacia ambientale dei meccanismi di gestione di rifiuti da imballaggi in alcuni Paesi UE, tra cui l’Italia.

Al via il ravvedimento operoso PolieCo
11-05-2005 Poter contare su una base di consenso sempre più allargata e archiviare una volta per tutte quel contenzioso che negli ultimi anni ha in qualche modo condizionato l’attività di PolieCo. È questo l’obiettivo con cui l’Assemblea dei Soci del Consorzio ha deciso di reiterare come ultima opportunità, stante i positivi risultati ottenuti negli anni passati, il ravvedimento operoso PolieCo.

Dal 15 aprile e fino al 15 giugno 2005, il Consorzio obbligatorio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene offre a tutte le aziende, non ancora in regola con gli obblighi consortili, la possibilità di un vero e proprio “ravvedimento operoso”, versando soltanto una percentuale (il 10%) di quanto realmente dovuto.

Per favorire la massima adesione e la regolarizzazione di tutte le situazioni anomale riferite al periodo 1 maggio 1999 – 31 dicembre 2004, il provvedimento interessa non solo gli operatori che, nonostante le previsioni di legge, risultano ancora non iscritti, ma anche tutte quelle aziende che, già associate, siano incorse in irregolarità, quali: mancata presentazione della dichiarazione periodica; mancato versamento dei contributi periodici; dichiarazioni periodiche false o inesatte.

“Per non creare sperequazioni tra i non soci e chi è già iscritto, la sanatoria – commenta il presidente Enrico Bobbio – è diretta anche a questi ultimi, qualora abbiano commesso qualche irregolarità. Per questo invito tutti gli interessati a non perdere assolutamente quest’ultima occasione offerta da PolieCo. Anche nell’eventualità che, a seguito della Legge Delega Ambientale del 15/12/2004, venisse modificato l’assetto dei Consorzi, questa circostanza non cancellerebbe le sanzioni amministrative previste per i fatti finora verificatisi. Ecco perché è importante che tutte le aziende non iscritte e/o non in regola colgano questa ulteriore possibilità di ravvedersi”.

In effetti, anche se quanto previsto solo indicativamente nella Legge Delega Ambientale del 15 dicembre 2004 si traducesse in concreto, la pregressa evasione ai danni degli obblighi consortili resterebbe comunque e non verrebbe affatto annullata. “Per di più – aggiunge il presidente – aderendo al ravvedimento operoso, le aziende nei cui confronti il Consorzio abbia già irrogato le sanzioni previste dall’articolo 19 del proprio Regolamento, con delibera assembleare, vedrebbero annullate tali contestazioni”. In altre parole, le aziende che non avevano regolarizzato alcuni periodi, e perciò hanno già ricevuto sanzioni formali, durante il periodo utile per il “ravvedimento operoso” se le vedono sospendere: se l’azienda chiede di aderire al ravvedimento operoso, con delibera assembleare, saranno annullate; se l’azienda non intende aderire alla sanatoria, le sanzioni continueranno a sussistere con gli aggiornamenti per gli ulteriori periodi.

Le domande, formulate su appositi modelli messi a disposizione dal Consorzio e reperibili anche sul sito Internet all’indirizzo www.polieco.it, dovranno essere presentate a partire dal 15 aprile 2005 fino alla scadenza del 15 giugno 2005, complete della ricevuta di avvenuto versamento delle somme dovute.

Per agevolare ulteriormente le aziende i soggetti tenuti al versamento di importi superiori a 2.500 euro e fino a 10.000 euro possono versare tale eccedenza entro e non oltre il 15 settembre 2005; per versamenti eccedenti la somma di 10.000 euro, i soggetti obbligati possono versare tale ulteriore eccedenza entro e non oltre il 31 ottobre 2005.

Sono esclusi dalla sanatoria tutti quei soggetti nei confronti dei quali le violazioni degli obblighi consortili siano già state contestate con un provvedimento dell’Autorità Amministrativa o Giudiziaria, antecedente al 14 aprile 2005; in tal caso potrà essere fatta richiesta di transazione extragiudiziaria.

Ma l’azione positiva di PolieCo nei confronti dei propri iscritti, non si ferma al ravvedimento operoso. Nel corso dell’Assemblea dei Soci, è stata inoltre deliberata una significativa riduzione del contributo obbligatorio, che sarà operativa dal 1 luglio 2005. Per fare un esempio concreto, se fino a oggi il contributo dovuto al Consorzio dalle imprese era di 0,031/kg euro (0,0258/kg euro sulla materia prima e 0,0052/kg euro sulla trasformazione), con questa riduzione, a partire dal 1 luglio 2005, il contributo scenderà ad 0,015/kg euro, poiché quello sulla materia prima sarà di 0,05/ton euro e tutto il contributo graverà sul “trasformatore”: da lì lo spostamento del punto di prelievo.

Di conseguenza al momento della vendita della materia prima si applicherà il contributo di 0,05/ton euro e il produttore che trasforma il manufatto in semilavorato applicherà 0,015/kg euro.
“Sottolineiamo – conclude il presidente – il valore di questo ulteriore sforzo che intendiamo fare nei confronti dei Soci. In un momento in cui tutti gli altri Consorzi raddoppiano il contributo, noi lo dimezziamo”.

Per informazioni: tel. 06/42013567; fax 06/42014978; info@polieco.it.

Notizia pubblicata sulla rivista Inquinamento n. 71 – maggio 2005.

Raccolta carta e cartone, un segno sempre in positivo
11-05-2005 L’analisi presentata il 15 marzo, si pone come fine quello di valutare i costi e i benefici di sei anni di raccolta differenziata dal 1999 al 2004, esaminando diverse macro-aree. In Italia la raccolta differenziata è giunta a ottimi livelli, siamo autosufficienti al punto che abbiamo iniziato a esportare carta da macero.

Alessandro Marangoni, docente dell’università Bocconi di Milano, ha formulato diverse ipotesi basandosi su due scenari: uno definibile “storico”, ovvero ciò che effettivamente si è attualizzato con lo sviluppo della raccolta differenziata, e uno “ipotetico” con un sistema di raccolta indifferenziata e di smaltimento dei rifiuti senza recupero e riciclo dei materiali. Naturalmente l’obiettivo prefissato è di verificare che i costi siano inferiori ai benefici complessivi valutati, sia con criteri contabili sia di convenienza ambientale e sociale.

Il risultato della ricerca evidenzia che il saldo è in attivo per un importo stimato in 610.783.550 euro considerando delle variabili che più si avvicinano al minimo delle potenzialità del sistema, quindi un valore che potrebbe essere più alto, ma che in ultima analisi risulta consentire sempre l’autosufficienza. La cifra di oltre 610 milioni di euro corrisponde in termini di risparmio ambientale pari a tre anni e mezzo di consumo di carta per quotidiani in Italia, ovvero una quantità di carta stimata intorno al milione e 200 mila tonnellate.

Per quanto riguarda le componenti del bilancio tra i costi sono stati esaminati: quelli specifici della raccolta differenziata di carta e cartone composti da personale, attrezzature, automezzi; quelli dalla mancata produzione di energia degli impianti di termovalorizzazione a causa della diminuzione dei rifiuti di carta destinati a incenerimento. Si è avuta una perdita di energia quantificata dal 1999 ad oggi in 1.379 milioni di kwh (stime Apat – Onr).

Nei benefici è stato esaminato il valore del macero, che in Italia negli ultimi anni, grazie al grande aumento della raccolta differenziata, viene addirittura esportato. Benefici economici sono stati calcolati considerando il mancato smaltimento e trattamento della carta se fosse confluita nei rifiuti urbani non differenziati nei diversi anni dal 1999 al 2004. Tra le due ultime considerazioni sono stati approfonditi gli aspetti legati alle mancate emissioni e all’aumento dell’occupazione nel settore, quindi gli elementi sociali e ambientali.

Per quantificare economicamente le emissioni si è fatto ricorso ai certificati blu, previsti dal protocollo di Kyoto, i quali forniscono una valutazione monetaria per kilo di CO2 anche se i certificati blu attualmente hanno valori ipotetici in quanto non sono ancora entrati a far parte attivamente del mercato. Secondo diversi Paesi dell’Unione Europea e il Kyotoclub la valutazione ha un range molto ampio e oscilla da 7 euro a tonnellata a un massimo di 77 euro a tonnellate. La scelta mediata è stata quantificata in un valore pari a 22 euro.

I benefici occupazionali sono invece considerati rispetto ai dati Confservizi che ha rilevato un aumento dei dipendenti operanti nel comparto ambientale del 18,7%. Le variabili sono state considerate nella peggiore delle ipotesi con un risultato di un beneficio di 424.968.815 euro, e nella migliore delle ipotesi con un importo pari a 1.042.508.079 euro.

Il futuro della raccolta differenziata è legato alla competitività territoriale, e la prima Regione a muoversi in questo senso con l’adozione di una griglia qualitativa è l’Emilia Romagna. Il 2003 ha visto la raccolta di carta e cartone raggiungere un milione e 810 mila tonnellate mentre nel 2004 Comieco è stata superata la soglia di 2 milioni di tonnellate.

L’obiettivo del 60% introdotto dalla UE per il 2008 è ormai vicinissimo e potrebbe essere raggiunto prima della data prevista. La differenza tra Nord e Sud è ancora molto marcata, fanno eccezione quei comuni sviluppati turisticamente. Da qui nasce un nuovo progetto “qualità” promosso da Comieco e Corepla con 15 comuni italiani per ottimizzare la raccolta differenziata, in base a caratteristiche geografiche e socio economiche spesso eterogenee e che devono essere affrontate con diverse modalità e investire in una efficace localizzazione per ottenere i migliori risultati a livello nazionale.

Notizia pubblicata sulla rivista Inquinamento n. 71 – maggio 2005, a cura di Stefania Vignali.

Rendere possibile una “rivoluzione” rispettosa dell’ambiente
11-05-2005 L’ambiente come area d’intervento ed elemento trasversale per migliorare lo spazio di vivibilità e la qualità della vita stessa. L’intenzione è ben chiara anche per chi si limitasse solo a sfogliare il libro “Una rivoluzione possibile” di Paolo Del Debbio uscito nelle librerie prima delle elezioni per illustrare ai cittadini la filosofia di un programma, le motivazioni degli interventi e gli obiettivi a medio e lungo termine.

“L’attenzione da parte del governo regionale all’ambiente è una delle certezze di cui in questo momento ha bisogno il cittadino – sottolinea Maurizio Bernardo -, sia come singolo sia come rappresentante di categorie produttive. Questo anche ai fini degli investimenti. Nel concreto, quando si chiede partecipazione attiva al progetto, si chiede alle imprese di lavorare secondo un sistema di produzione diverso dal passato, sia in termini di processo, sia di prodotto. L’unico modo che permette di limitare il consumo di materia, di realizzare il riciclo di materia ed energia, di limitare la produzione dei rifiuti, evitando anche il ricorso alla discarica”.

Bernardo pone l’accento su un particolare risvolto: “Di fatto chiediamo di modificare la produzione, per finalizzarla all’immissione sul mercato di prodotti tecnologicamente avanzati e, quindi, non inquinanti. Per esemplificare basta il caso degli autoveicoli e degli impianti per la produzione di energia”. Un know how che potrebbe servire per costruire una presenza anche su altri mercati, in particolare quelli d’oltre confine? “Cina, India, Bulgaria, l’elenco può continuare. In tutti i casi, però, abbiamo promosso una collaborazione fra imprese e soprattutto abbiamo ideato progetti di miglioramento ambientale, organizzazione dei servizi compresa, in cui il nostro modello e le nostre tecnologie sono diventate di riferimento per modernità e possibilità di applicazione. Su tutti, ovviamente, spicca l’accordo di collaborazione con la Cina in tema di applicazione dell’idrogeno”.

Notizia tratta dall’articolo pubblicato sulla rivista Inquinamento n.71 – maggio 2005, a cura di Giliola Verza.

L’Europa dei rifiuti hi-tech
11-05-2005 La missione del gruppo è quella di raccogliere e confrontare più informazioni possibili provenienti dai diversi Paesi per creare e migliorare i livelli di attività dei singoli sistemi. Attraverso un’azione di benchmarking tra quantità di Raee raccolti, costi di gestione e legislazioni, Weee Forum si propone quale ente internazionale di riferimento per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione europea.

L’Olanda è tra i paesi più attivi nella gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici. Nel Paese esistono, infatti, due differenti sistemi di raccolta, Ict Milieu e Nvmp, entrambi costituti da produttori e importatori. Nvmp si occupa della gestione dei beni esausti appartenenti alla filiera del bianco e del bruno (elettrodomestici grandi e piccoli, apparecchiature elettroniche per uso domestico, attrezzi elettrici e attrezzature di ventilazione). Nel 2002, ha raccolto circa 66 mila tonnellate di Raee, pari a 4,13 kg per persona.

Dal canto suo, Ict Milieu gestisce le apparecchiature Ict da ufficio e quelle di telecomunicazione (filiera del grigio) a fine vita. È un sistema finanziato da circa 160 tra produttori e importatori, senza alcun visibile fee per i consumatori. Nel 2002, il sistema ha raccolto circa 9.500 tonnellate di Raee, pari a 0,59 kg per abitante.

Sempre in Olanda, ma sul fronte degli operatori del fine vita, è nata Eera (European Electronics Recyclers Association), un’organizzazione no-profit volta a promuovere le aziende che svolgono attività di gestione dei Raee in Europa. I membri di Eera trattano ogni anno circa 350 mila tonnellate di Raee, assicurando il totale rispetto di precisi standard di qualità e sicurezza.

Obiettivo principale dell’associazione è quella di intervenire nell’armonizzazione delle regolamentazioni nazionali e internazionali al fine di creare un mercato libero, in cui domanda e offerta di servizi per la gestione dei rifiuti tecnologici trovino il giusto spazio.

Membri del Weee Forum
Austria – Ufh
Belgio – Recupel
Olanda – Nvmp, Ict Milieu
Norvegia – Hvitevareretur, Elektronikkretur
Svezia – El-Kretsen
Svizzera – Sens, Swico
Uk – Repic
Spagna – Ecolec
Lussemburgo – Ecotrel

A Sep.Tronic, un confronto europeo
Lo scorso 22 aprile a Sep.Tronic a Padova, all’interno di Fortronic, gli esperti dei diversi Paesi europei si sono incontrati per fare il punto della situazione sullo stato del recepimento italiano della Direttiva Raee e per un confronto tra esperienze riguardanti la gestione operativa dei rifiuti elettrici ed elettronici.

Il convegno, organizzato dai Consorzi Certo ed Ecoqual’It, dal titolo “Direttiva Raee al traguardo, le soluzioni operative in Europa”, ha presentato la situazione europea nei principali stati membri e la situazione legislativa italiana, portando gli esempi di Ict Milieu, di Ecolec e di Eera e presentando ufficialmente EcoR’It, il sistema consortile promosso da Ecoqual’It per la gestione dei Raee domestici e professionali in Italia.

Tagli illegali del legname, un crimine non solo contro l’ambiente
11-05-2005 Pur considerando la difficoltà di ottenere dati precisi, stime attendibili indicano che la metà delle attività forestali in aree come il bacino amazzonico, l’Africa centrale, il Sud-Est asiatico, l’area balcanica, la Russia e le repubbliche baltiche sono da considerarsi illegali.

Se è evidente che tali pratiche illegali contribuiscono al fenomeno incontrollato della deforestazione e della perdita di biodiversità e di risorse naturali, ben più rilevanti, probabilmente, sono le conseguenze economiche: corruzione, evasione fiscale, privazione di importanti fonti di reddito.

Il fenomeno diventa particolarmente rilevante se si considera che, spesso, coinvolge Paesi in via di sviluppo o in transizione, per i quali la perdita economica è superiore agli investimenti concessi in forme di cooperazione dagli organismi internazionali per promuovere lo sviluppo.

Infine il traffico illegale di prodotti forestali è riconosciuto come uno dei fattori più significativi di minaccia alla sicurezza internazionale, in quanto associato al riciclaggio di denaro, al traffico di armi e ai conflitti armati, alla corruzione dei sistemi politici, alla violazione di diritti umani nei confronto delle popolazioni indigene.

L’Unione Europea costituisce un importante acquirente di legname proveniente dalle aree sopra citate. È inoltre il principale importatore in valore di legname africano in tronchi e segato grezzo e il secondo maggiore mercato di legno asiatico segato.

Il nostro Paese è il primo esportatore mondiale di mobili, ma importa oltre l’80% del legno che utilizza. Nel 2003 l’Italia ha importato legname tropicale per 700 mila metri cubi tra tronchi e segati, oltre la metà dei quali è probabilmente legata a pratiche illegali.

Un recente rapporto preparato per la Commissione europea evidenzia il ruolo del settore legno e dell’industria di distribuzione sostenendo: “Esistono numerose evidenze che l’illegal logging è collegato alle attività della criminalità organizzata. Considerando il fatto che gli acquirenti europei di legname possiedono profonde conoscenze del sistema industriale è lecito concludere che essi siano al corrente delle fonti illegali del legname. Per questo motivo si può affermare con sicurezza che alcuni acquirenti accettino l’illegal logging, a causa della forte concorrenza al fine di ridurre il costo della materia prima”.

È per altro necessario evidenziare che attualmente non esiste in Europa una legge comunitaria che proibisca l’importazione e il commercio di legname e derivati che siano stati raccolti o prodotti infrangendo le leggi nei Paesi d’origine.

Nel maggio 2003, l’Unione Europea ha adottato un piano d’azione per l’applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (Flegt), allo scopo di adottare una serie di misure volte ad affrontare il problema del taglio e del commercio illegale di legname.

A fianco di queste misure, che per altro hanno una carattere volontaristico pur nell’impegno formale degli Stati membri, è possibile e necessario adottare, ai vari livelli, differenti strategie. Tra queste non possono essere dimenticate, per la semplicità e la possibilità di essere già agite a livello di singoli cittadini, imprese ed istituzioni pubbliche, l’utilizzo di legname e di prodotti legnosi di provenienza certificata (che garantiscono la sostenibilità della gestione forestale all’origine e la tracciabilità del prodotto lungo la filiera) e l’adozione di pratiche di Green Public Procurement.

Notizia tratta dall’editoriale pubblicato sulla rivista Inquinamento n. 71 – maggio 2005, a cura di Enrico Calvo – Dip. dei Servizi al Territorio Rurale e alle Foreste (Ersaf)

Water and Wastewater Europe
11-05-2005 L’industria idrica europea sta vivendo un momento elettrizzante e l’edizione 2005 della mostra-convegno Water and Wastewater Europe che si terrà a Milano lo riflette. In contemporanea con Power-Gen Europe, l’evento presenterà i più recenti sviluppi tecnologici e strategici del mercato.

Nel corso della Sessione inaugurale alle 10:30, di martedì 28 giugno, sarà possibile conoscere i pensieri e le opinioni delle persone che guidano e forgiano il mercato. Quest’anno interverranno Roberto Zocchi, Ceo di LaboratoR I – Gruppo e John K Banyard consulente di Obe, FREng,.

Gli argomenti inclusi nel track strategico comprendono: il mercato idrico europeo, un aggiornamento sugli sviluppi Ppp, le opportunità e le sfide degli investimenti, la gestione della catena di fornitura e la gestione dei progetti nel settore idrico, la gestione delle acque piovane, la problematica del cambiamento climatico e l’asset management delle infrastrutture.

Gli argomenti discussi nel track tecnico comprendono: piccoli impianti di trattamento delle acque nere, qualità chimica dell’acqua e delle acque reflue (monitoraggio, campionatura e analisi), sistemi a membrana per il trattamento e il riutilizzo delle acque reflue, e trattamento delle acque reflue/dei fanghi.

Water & Wastewater Europe 2005 si tiene negli stessi locali in contemporanea con Power-Gen Europe, la più grande mostra-convegno europea nel settore della generazione di energia elettrica. L’interesse incrociato sarà quindi elevato, particolarmente nel settore del trattamento dell’acqua, dei sistemi di raffreddamento dell’acqua, delle membrane filtranti ecc.

Milano è l’ospite perfetta della terza mostra Water & Wastewater Europe 2005 in quanto la partecipazione alle mostre europee di PennWell è sempre stata numerosissima a Milano e l’edizione di quest’anno non farà eccezione. L’industria idrica italiana deve affrontare molte sfide interessanti e questo è il momento ideale per allestire questo evento in Italia. I principali esponenti del mercato saranno a Milano per condividere le loro opinioni, incontrare i visitatori, reperire fornitori e stabilire rapporti commerciali.

Nel 2005, il mercato globale delle apparecchiature, i processi e i servizi per il trattamento dell’acqua e delle acque reflue si prevede in espansione dai 287 miliardi di dollari del 2004 a 303 miliardi e salirà ulteriormente a 412,4 miliardi entro il 2010. Questo aumento rappresenta una straordinaria finestra di opportunità per le aziende europee che forniscono prodotti e servizi a questo mercato.

Tre giornate dedicate all’ambiente
11-05-2005 L’evento è frutto della collaborazione tra la Confartigianato di Brindisi ed Ecodialogando, marchio di comunicazione ambientale nato nel ’95 in Brianza, un connubio che nasce dall’incontro di uno studente del Sud e il suo docente del Nord, dall’acquisto di Trulli e alla presa di coscienza che vi è in Puglia una grande voglia di emergere, di restaurare borghi antichi, rispettando la cultura locale con nuove tecnologie, di conoscere e realizzare proposte innovative.

Durante la tre giorni di Brindisi si svolgerannovari incontri che riguarderanno la carta, l’albergo come luogo di benessere e costruire secondo natura.

Nella prima giornata sarà affrontato il tema su quali ricerche si stanno facendo nel settore della carta e come mai l’amministrazione pubblica è attenta all’acquisto e al suo riutilizzo. La tematica sarà approntata in collaborazione con Comico, Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli imballaggi a base Cellulosica. Il Consorzio ha come compito istituzionale il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva 94/62 CE e recepiti dalla legislazione nazionale. A Comico aderiscono circa 3.500 imprese della filiera cartaria. Per realizzare questi obiettivi il Consorzio ha sottoscritto 640 convenzioni sulla raccolta differenziata che coinvolgono 5.603 Comuni e oltre 47 milioni di italiani (dati aggiornati al 31 dicembre 2004).

Sempre giovedì 19 maggio, alle ore 14,30, presso la Sede della Confartigianato di Brindisi, si svolgerà l’incontro con gli operatori turistici sul tema: l’albergo come luogo del benessere. Ci sarà la presentazione del marchio Bio-Ok messo a punto dall’architetto Carlo Zanella, a garanzia della qualità ambientale in alberghi e strutture alberghiere. Si parlerà di nuove richieste da parte dei clienti, ma verrà anche presentata una camera d’albergo dove saranno proposti interventi con esposizione di materiali e tecniche realizzative.

Venerdì 19 e sabato 20 maggio sarà la volta di due giornate dedicate alla formazione, dove i docenti Maria Elisa Villa, Massimo Duroni e Carlo Zanella tratteranno argomenti legati alla sostenibilità ambientale; dai materiali edili alle tecnologie costruttive, ai problemi dell’elettrosmog e delle geopatie, all’arredo ecosostenibile.

Energia controcorrente
11-05-2005 Il comune di Cusago è stato recentemente teatro di una conferenza che ha affrontato alcuni dei temi di maggior interesse nell’ambito delle energie rinnovabili; l’evento si è presentato con il titolo: “Cusago comune delle nuove energie – Una nuova scienza per una nuova energia”. Un titolo che è stato un’anticipazione dei contenuti della conferenza, caratterizzati da spunti e argomenti innovativi e a tratti critici dell’attuale modo di intendere la ricerca e lo sviluppo in campo energetico. La fusione nucleare a temperatura ambiente, le tecnologie dell’idrogeno come vettore energetico per l’autotrazione e la produzione di energia (e combustibile) da residui organici sono alcuni dei temi di maggiore interesse, dal punto di vista ambientale ed energetico, affrontati a Cusago. L’evento è stato organizzato dall’Onne, l’Osservatorio Nazionale Nuove Energie, che attraverso il suo coordinatore delle attività, Andrea Rosetti, ha presentato la serata.

Il primo intervento ha visto il fisico Roberto Germano, di Promete (spin-off dell’istituto Nazionale per la Fisica della Materia), impegnato nell’illustrare i progressi che in questi anni hanno interessato lo studio dei fenomeni di fusione nucleare alle basse temperature.

La conferenza di Cusago ha visto anche l’intervento di Michele Principe di Faam. Principe ha illustrato alcuni progetti di utilizzo dell’idrogeno come vettore energetico per i mezzi di trasporto, attraverso la produzione dell’energia liberata da una reazione (questa volta di tipo chimico, un’ossidazione) all’interno di celle a combustibile.

Infine il progetto illustrato a Cusago da Gennaro Papa di Proteg, riguarda il recupero di scarti della lavorazione delle carni. Le macellazioni danno un residuo di carni e di grassi che fino a qualche anno fa era trasformato in farine animali, queste venivano utilizzate come mangime o, nella migliore delle ipotesi, i residui erano usati come concimi. Il progetto di Proteg si propone di utilizzare questi scarti per produrre energia, trattando i grassi con oli esausti e trasformandoli in biodiesel.

Notizia tratta da un articolo pubblicato sulla rivista Inquinamento n. 71 – maggio 2005, a cura di Jacopo Di Blasio

Fabbisogni formativi e opportunità: l’Industria incontra l’Università
11-05-2005 Un confronto tra mondo dell’industria e mondo della scienza e dell’alta formazione; discutere esigenze e problemi; sviluppare azioni comuni e concrete di intervento. Sono stati questi i temi trattati al Convegno “Fabbisogni formativi e opportunità nella chimica: l’Industria incontra l’Università” organizzato da Federchimica, insieme ai coordinatori dei corsi di laurea in discipline chimiche. Oltre un centinaio di rappresentanti del mondo accademico e industriale.

Nell’ultimo anno Federchimica ha dato particolare priorità ai temi della formazione, sviluppando progetti e strumenti per promuovere le vocazioni scientifiche e favorire il passaggio dei giovani dall’Università al mondo del lavoro. Fra le iniziative lanciate dalla Federazione: il Progetto Stage, con la previsione di attivare presso le aziende oltre 250 stage; un Rapporto sui fabbisogni formativi delle Imprese Chimiche; due guide destinate agli studenti universitari e agli studenti delle scuole superiori e in diffusione in migliaia di copie presso licei e università di tutta Italia.

Progetti volti a far collaborare sempre più strettamente Industria e Università: con questi Federchimica si propone di riflettere insieme al mondo accademico sulle necessità dell’industria chimica in termini di risorse umane, sulle informazioni che un giovane chimico deve possedere entrando in azienda, sui cambiamenti già avvenuti o in divenire nei mestieri del chimico, sulle nuove esigenze e competenze richieste (ad esempio di natura gestionale).

“Vogliamo soprattutto – ha commentato il presidente di Federchimica Diana Bracco – superare quegli stereotipi sbagliati che da un lato scoraggiano le vocazioni chimiche, dall’altro rischiano di creare profili formativi non adatti alle nostre esigenze. Con queste nuove iniziative, Federchimica vuole rendere collettivo uno sforzo che deve essere proprio di ciascuna azienda per il ruolo centrale che le risorse umane rivestono per noi imprenditori. Il mercato globale sta lanciando sfide importanti e la scienza ha un ruolo centrale nella competitività dell’impresa chimica. La risposta della chimica deve essere una risposta di sistema: di un sistema chimico italiano fatto di imprese e di chimici, di manager e di professori, di ricercatori pubblici e ricercatori privati, di giovani e meno giovani chimici bravi ed entusiasti della loro professione”.

Nel corso dei lavori sono emerse importanti riflessioni sulla responsabilità e il ruolo attivo del mondo industriale per la formazione degli studenti:
· gli stage: oltre 100 imprese di Federchimica già sono impegnate nel Progetto Federchimica Stage, ma si è ancora molto lontani da una cultura diffusa dello stage nel nostro Paese;
· le tesi di laurea: le imprese chiedono che le tesi siano su temi di interesse industriale ma occorre un maggiore impegno nell’assistenza ai tesisti;
· i master: se le imprese vogliono che i master aiutino a formare giovani più adatti alle proprie esigenze, occorre che sostengano quelli più interessanti con risorse economiche, stage e docenze;
· i dottorati di ricerca: la dimensione dell’impresa chimica italiana raramente giustifica l’inserimento di un dottore di ricerca. Tuttavia, per essere competitivi in un mercato in continua evoluzione, è fondamentale poter fare vera ricerca e avere al proprio interno ricercatori formati nel modo migliore.

Mercato del biotec italiano: quale interesse per gli investitori istituzionali
11-05-2005 Si è svolta a Milano la presentazione dello studio ”Il Mercato del Biotech Italiano: Quale interesse per gli investitori istituzionali” realizzato da Blossom Associati in collaborazione con Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica.

L’analisi approfondisce la percezione del comparto biotecnologico del nostro Paese da parte delle società di Private Equity europee, facendo emergere gli elementi da valorizzare per garantire una maggiore attrattività e visibilità del comparto sulla scena internazionale.

Lo studio include 96 società che rappresentano i Private Equity europei più fortemente interessati al settore delle biotecnologie e con maggiore competenza a riguardo. Il 42% degli intervistati si è dichiarato fortemente interessato a valutare opportunità di investimento sul mercato del biotech italiano. Soprattutto i Private Equity geograficamente più vicini all’Italia, gli Svizzeri in special modo, hanno dimostrato un interesse particolare. Il 63% degli intervistati si dichiara interessato a partecipazioni di minoranza in sindacato con altri Private Equity, possibilmente locali.

Il dato rilevante che emerge dall’analisi è che il 53% degli intervistati, pur operando all’interno del settore del biotech, denuncia una scarsa conoscenza del mercato, delle aziende e delle opportunità di investimento in Italia. Inoltre, l’atteggiamento generale dei Private Equity è di attesa, con oltre il 70% degli intervistati che preferisce attendere per valutare l’evoluzione del contesto organizzativo, legislativo e fiscale nazionale.

Flavio Terruzzi presidente di PlasticsEurope Italia
11-05-2005 Presidente dell’Associazione, per il biennio 2005/2006, è stato eletto Flavio Terruzzi (Dow Italia, Equipolymers) che succede a Piero Raffaelli (Polimeri Europa).

Flavio Terruzzi, 50 anni, sposato, due figli, è entrato in Dow nell’ottobre 1984 e ha ricoperto importanti posizioni di business e di general management in Italia e all’estero.

È presidente e CEO di Equipolymers BV, joint venture costituita da The Dow Chemical Company e da Petrochemical Industry Corporation del Kuwait nel giugno 2004. È inoltre presidente e amministratore delegato di Dow Italia e di Equipolymers ed è membro del Consiglio di Amministrazione di Equipolymers Global GmbH e di Dow Poliuretani Italia. È componente della Giunta di Federchimica dall’ottobre 2000 e presidente di Assobase/Federchimica dal 2002.

Successo per il perfluoroelastomero Tecnoflon PFR45HT
11-05-2005 Solvay Solexis ha annunciato che ha iniziato la fornitura di una nuovo tipo di perfluoroelastomero creato grazie alla tecnologia di polimerizzazione chiamata “Branching & Pseudoliving”, che può generare prodotti con proprietà che non possono essere ottenuti da tecniche convenzionali di produzione. Questi materiali ad alto valore aggiunto, frutto di un lungo e continuativo lavoro di R&D, appartengono al top della gamma dei polimeri e sono studiati per soluzioni di tenuta in condizioni estreme. Le loro performance, non riscontrabili da altri materiali, li posizionano nella stessa categoria di valore di certi prodotti farmaceutici e metalli preziosi.

Tecnoflon PFR45HT permette l’isolamento a elevate temperature, migliora la resistenza al vapore e presenta un’eccellente resistenza globale ai prodotti chimici. Questa eccezionale affidabilità è di fondamentale importanza nei sistemi produttivi delle industrie chimiche e di trasformazione, che operano in condizioni estreme e dove ogni imperfezione di tenuta può causare gravi danni. Inoltre le applicazioni nelle quali questi nuovi materiali vengono usati permettono una semplificazione dell’aspetto del manufatto, una prolungata durata in esercizio degli stessi con conseguente migliorata sicurezza ambientale, diminuzione dei tempi di fermata e conseguente riduzione dei costi di manutenzione.

Il perfluoroelastomero Tecnoflon PFR45 HT è stato sviluppato come soluzione su misura per specifiche esigenze applicative. La tecnologia “Branching & Pseudoliving” consente la creazione di strutture macromolecolari controllate e complesse. Mentre la normale polimerizzazione consiste nella riproduzione, una tappa alla volta, di una molecola di monomero di base per creare una struttura lineare semplice, la tecnica “Branching & Pseudoliving” è un procedimento di costruzione molecolare che può essere comparato allo sviluppo delle cellule in organismi viventi.

Nuovo comitato consultivo scientifico per Novagali Pharma
11-05-2005 Per dare maggiore impulso alla ricerca e allo sviluppo di nuove attività, Novagali ha eletto i seguenti membri del SAB:

· Simon Benita (Israele): presidente del SAB e cofondatore di Novagali Pharma, professore all’istituto di farmacia di Gerusalemme specialista in terapia farmacologica, nanotecnolgie e tecnologia di emulsione:

· Penny Asbell (USA): professore di oftalmologia al Mount Sinai Hospital di New York, direttore del centro cornee e chirurgia rifrattiva, specialista in secchezza oculare e chirurgia rifrattiva;

· Christophe Baudouin (Francia) professore di oftalmologia al Quinze-Vingt Hospital di Parigi, codirettore del laboratorio Inserm U598 all’università di Parigi V che si occupa di innovazioni terapeutiche nel settore della fisiopatologia delle malattie oculari, con specializzazione in malattie e chirurgia della retina;

· Patrick Couvrer (Francia) professore della facoltà di farmacia all’università di Parigi XI, membro del comitato delle scienze farmaceutiche, con specializzazione in terapia farmacologica e nanotecnologie.

· José-Alain Sahel (Francia): primario del reparto di oftalmologia al Quinze-Vingt Hospital di Parigi, direttore del laboratorio Inserm U592, ricercatore di fisiopatologia molecolare e cellulare o della retina;

· Tsubota (Giappone): preside della facoltà di Keio a Tokio, specialista in malattia della cornea, secchezza oculare e chirurgia rifrattiva.

Le mele con le macchie spariranno dal mercato
11-05-2005 “Mele resistenti, che non ammuffiscono, che risultano indenni da quelle antiestetiche macchioline nere che si formano in superficie e le rendono non commerciabili. Oggi è possibile grazie alle scienza che ha permesso – come spiega il professor Silviero Sansavini, professore ordinario nel Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Bologna – di produrre una generazione di mele super resistenti a quella che gli esperti del settore chiamano “ticchiolatura”.

Cosa sono quelle antiestetiche macchioline nere che rendono le mele invendibili? “Possiamo usare la parola “scabbia” che non si usa in italiano, ma rende bene l’aspetto sintomatologico: si tratta di una serie di macchie nerastre che intaccano la superficie del frutto (deturpandolo) e delle foglie che perdono l’efficienza fotosintetica e poi seccano e/o cadono anzitempo”.

Questo crea danni anche economici? “I danni sono enormi e si cura con un certo numero di trattamenti fungicidi, o più semplicemente anticrittogamici. I frutti colpiti non sono certo appetibili al mercato, che li rifiuta. Per evitare accumulo di residui oltre i limiti consentiti dalla legge, i coltivatori usano due o più principi attivi, fra loro complementari. Anche la melicoltura biologica richiede un gran numero di trattamenti a base di ossicloruro di rame, zolfo o polisolfuro di calcio per proteggere foglie e frutti”.

Anche le mele biologiche? “Anche quelle devono essere adeguatamente protette con un elevato numero di trattamenti, specialmente se la coltivazione si trova in zona a forte rischio malattia (per esempio nel Trentino si fanno anche 15 e più trattamenti annui). I residui dei suddetti prodotti però non sono considerati pericolosi, ma rovinano la lucentezza del frutto”.

In che modo l’ingegneria genetica potrebbe aiutare i coltivatori di mele? “Ci sono diversi gruppi di ricerca nel mondo che si stanno cimentando su questa strada: alcuni (Francia e USA) utilizzano geni eterologhi (cioè derivati da batteri o da altre piante) codificanti per proteine che abbassano la suscettibilità a questa e ad altre malattie (come si trattasse di antibiotici). Ma non danno la resistenza totale, che è invece conseguente al transgene Vf (in quanto resistenza di tipo monogenico). Il gruppo italo – svizzero (coordinato rispettivamente da me e da Cesare Gessler del Politecnico di Zurigo), ha invece utilizzato un gene omologo di melo (isolato da una specie selvatica, Malus f1oribunda 821), cioè una sequenza del gene Vf che è poi stata trasferita al melo coltivato Gala con la tecnologia del DNA ricombinante”.

Sono mele che si trovano in commercio? “Assolutamente no. L’esperimento è completamente riuscito, ma le piante di Gala trasformate non potranno essere provate in campo fintanto che non avremo ottenuto un apposito permesso ministeriale. Ancor più difficile sarà l’eventuale autorizzazione alla coltivazione, fra qualche anno, anche se le numerose prove e controlli programmati dovessero andare bene (per fare i quali accorreranno ancora diversi anni)”.

Si tratta comunque di una applicazione interessante. “L’autorevole rivista americana PNAS ha pubblicato l’articolo, frutto di sette anni di lavoro interdisciplinare (genetisti, patologi, biologi, molecolaristi e pomologi) perché è la prima volta che si persegue una strada di “terapia genica”, usando un gene familiare allo stesso melo e facendo cosi cadere una parte delle critiche – i rischi della lontananza genetica – di coloro che avversano gli OGM. Purtroppo, attraverso il metodo tradizionale dell’incrocio e successiva selezione, non si può avere lo stesso risultato conseguibile con tecnica OGM, perché ogni volta vengono rimescolati, nelle progenie, tutti gli altri geni portati dai due gameti (ci sono circa 50.000 geni, nella pianta), cosicché la selezione avviene poi a livello degli individui resistenti, che saranno molto diversi gli uni dagli altri, ma differiranno anche per tutti gli altri caratteri che si vorrebbero invece mantenere”.

Carta in crisi? Arriva il super pioppo
11-05-2005 Trecento ettari di pioppi che non vengono attaccati da Limantra e Ifantria, organismi che ne minano la crescita: piante che riescono a diventare adulte senza venirne intaccate e possono così essere utilizzate per il florido mercato della cellulosa.

Gli “alberi invincibili” sono nati grazie alla collaborazione tra due gruppi di lavoro, quello cinese del National Institute of foresty di Pechino, diretto dalla dottoressa Han Yifan e quello italiano dell’Università di Milano, diretto dal professor Sala.

Per rispettare la biodiversità e quindi per non creare problemi agli insetti presenti nel territorio si è deciso di adottare una coltura a file alterne: a un filare di pioppi geneticamente modificati ne viene alternato un altro di piante tradizionali.

La Cina è fortemente impegnata in questo programma, nel Paese la coltivazione dei pioppi è infatti largamente estesa: oltre 6 milioni di ettari di piante tradizionali che vanno ad alimentare il mercato della cellulosa. In Italia il “super pioppo” non è stato ancora introdotto, ma potrà con il tempo rappresentare una buona opportunità per i coltivatori.