Edizione N° 3 del 13 aprile 2005

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Edizione N° 3 del 13 aprile 2005


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Rifiuti da imballaggio: verso la biodegradabilità
13-04-2005 L’iniziativa del settore privato rappresenta oggi l’unico strumento possibile per migliorare la gestione e la riciclabilità di tali rifiuti. Attualmente, infatti non esiste una legislazione armonizzata a livello UE e la Commissione non ha ancora previsto di proporre misure coercitive in questo campo.

Il modello che viene preso come riferimento per future azioni spontanee dell’industria è l’impegno assunto di propria iniziativa nel novembre 2004 da un consorzio di industrie del settore degli imballaggi a servirsi di polimeri che rispettano l’ambiente e a garantire così un livello elevato di biodegradabilità per i loro prodotti. Un impegno che dovrebbe iniziare a concretizzarsi in questi mesi con il lancio sul mercato di materie plastiche alternative. Questo tipo di iniziative risponde positivamente alle aspettative della Commissione formulate nelle sue raccomandazioni del luglio 2002 sugli accordi ambientali conclusi a livello comunitario nell’ambito del piano d’azione per la semplificazione e il miglioramento del contesto normativo.

Secondo l’eurocommissario all’industria Gunter Verheugen, si tratta di uno strumento alternativo a una legislazione vincolante per dare attuazione concreta allo standard UE EM13432, adottato nel 2001. Quest’ultimo stabilisce i criteri in base ai quali occorre differenziare i materiali biodegradabili da quelli che non lo sono. I produttori che hanno accettato questo impegno ambientale sono gruppi molto importanti del settore delle plastiche biodegradabili. Si tratta del tedesco Basf, dell’americano Cargill Dow, dell’italiano Novamont e dell’olandese Rodenburg Biopolymers. Il loro impegno sarà posto sotto il controllo dell’associazione internazionale dei polimeri biodegradabili (International Biodegradable Polymers Association & Working Groups, Ibaw), di cui le imprese partecipanti all’accordo sono membri.

“La nostra associazione – spiega Herlad Kaeb, presidente dell’Ibaw – rappresenta una piattaforma di industrie che si impegnano a introdurre materiali diversi dalle plastiche convenzionali e a sensibilizzare i produttori, i settori commerciali che li impiegano come i supermercati e i consumatori finali sulla necessità di assicurarsi che le confezioni messe in circolazione siano effettivamente biodegradabili. Lo sviluppo dei polimeri biodegradabili è un fenomeno recente, per cui ci stiamo impegnando per trovare diversi modi di integrarli negli imballaggi e nella gestione dei rifiuti da imballaggio. Per questo abbiamo spinto fortemente per la sottoscrizione di quest’accordo volontario da parte dei nostri membri”.

L’impegno unilaterale sottoscritto dai quattro operatori è il primo tentativo ufficiale fatto finora dall’industria per garantire il rispetto di una norma tecnica riconosciuta sul piano internazionale per il biodegrado dei polimeri prodotti mediante risorse rinnovabili o fossili. L’iniziativa rappresenta un passo importante verso una sempre maggiore diffusione di imballaggi biodegradabili sul mercato.

“Le quattro imprese che hanno sottoscritto l’accordo – spiega Kaeb – detengono oltre il 90% del mercato europeo e mondiale dei contenitori plastici biodegradabili che ammonta oggi a 40-50mila tonnellate. La quota di mercato interessata dall’iniziativa ammonta a 22 mila tonnellate, ossia il 30-40% dell’intera produzione. Compito della nostra organizzazione non è solo incoraggiare la commercializzazione di un numero crescente di materiali biodegradabili sul mercato, ma anche quello di monitorare l’evoluzione della loro quota di mercato”.

Qualora avesse successo, questo accordo ambientale spingerebbe altri settori ad adottare disposizioni dello stesso tipo. Potrebbe in particolare incoraggiare a sviluppare e ad adoperare nuovi polimeri e, quindi, promuovere l’innovazione e la competitività, prospettare nuove possibilità per la gestione dei rifiuti e il riciclaggio, migliorare la qualità del suolo e dell’acqua, grazie a un composto di qualità superiore, e creare fonti di reddito supplementari per gli agricoltori. Questo accordo prevede anche un programma di omologazione e di etichettatura. Gli utenti e i consumatori di prodotti fabbricati con questi polimeri, di cui il 38% proviene dal settore che produce sacchetti di plastica per la raccolta e il compostaggio dei rifiuti alimentari e dei sacchetti distribuiti nei supermercati, potranno avere quindi la garanzia di un buon livello di qualità ambientali di questi prodotti.

“Nel passato – spiega Kaeb – ci sono stati problemi di abuso, con etichette che spacciavano per biodegradabili prodotti che invece non lo erano perché non esistevano ancora criteri oggettivi per stabilire l’effettivo livello di biodegradabilità delle materie plastiche. Abbiamo pertanto costituito un sistema di controlli per verificare la biodegradibilità degli imballaggi attraverso il nostro network che abbraccia numerosi paesi”.

La prima fase del controllo consiste in un’analisi a priori condotta da organi di certificazione indipendenti. Questi ultimi, attraverso esami scientifici effettuati in laboratorio, testano il comportamento dei prodotti e ne certificano eventualmente la biodegradabilità attraverso il rilascio di un apposito logo.

La seconda fase è invece affidata alla rete di ispettori dell’Ibaw, che si recano nei supermercati e altri punti vendita per compiere due operazioni di verifica: assicurarsi che tutti i prodotti etichettati come biodegradabili presentino il logo apposto da un organo di certificazione riconosciuto e far analizzare i prodotti sospetti corredati da tale logo per individuare eventuali etichettature fraudolente.

“Abbiamo alle spalle 10 anni di esperienza – continua Kaeb – che ci permettono di riconoscere facilmente i materiali non biodegradabili e distinguere invece quelli che lo sono realmente. Al momento cooperiamo con gli organi di certificazione di tre paesi: Dincertco (accreditato in base alle regole europee sulla certificazione) in Germania operativo dal ’99, nonché gli omologhi nel Regno unito e in Olanda. Si comincia a muovere qualcosa anche in Belgio e in Francia, mentre in Italia si attendono ancora delle iniziative in tal senso”.

Il processo di certificazione tiene conto non solo dei criteri formali stabiliti dallo standard UE, ma anche di elementi concreti rilevati caso per caso: tipo di materiale usato, tipo di confezione, natura del contenuto, tipo di etichetta. La certificazione è diversa a seconda che riguardi il materiale plastico di base, l’imballaggio pre-confezionamento o la confezione finale.

“La certificazione della biodegradabilità del materiale – conclude Kaeb – non significa automaticamente che anche la confezione venduta al consumatore finale sia biodegradabile poiché il contenuto può influenzare il comportamento del materiale plastico che lo avvolge. Oggi si contano più o meno 100 prodotti registrati come biodegradabili nel mercato UE, 50 dei quali sono confezioni pronte per la vendita al pubblico, ma il loro numero è destinato ad aumentare rapidamente”.

Stop al trasferimento dei rifiuti di mercurio fuori UE
13-04-2005 La Commissione europea ha definito le misure che l’UE dovrebbe attuare per lottare in modo più efficace contro l’inquinamento da mercurio, sostanza riconosciuta pericolosa per la salute e per l’ambiente (a dosi elevate, il mercurio e i suoi composti possono avere infatti effetti letali).

Novità importante è l’obiettivo di immagazzinare come rifiuto il mercurio una volta che sarà entrato in vigore il divieto d’impiegarlo in alcuni settori dell’industria. Si procederà così allo stoccaggio delle eccedenze di mercurio che risulteranno dallo smantellamento di taluni processi nell’industria del potassio di cloro, sotterrandole o conservandole in depositi.

I nuovi indirizzi dell’esecutivo UE mirano a ridurre progressivamente, in prospettiva di un loro divieto entro il 2011, le esportazioni di mercurio dell’UE verso i paesi terzi. Frutto di una consultazione con tutte le parti interessate, la strategia proposta dalla Commissione è stata sottoposta a uno studio di impatto economico. L’impatto sarà maggiore per l’industria dei cloruri alcalini (1,5 milioni di euro all’anno per lo stoccaggio). Inoltre, mirano a: contribuire all’azione internazionale volta a limitare le emissioni, l’uso e il commercio di questa sostanza; ridurre la domanda di mercurio nell’UE attraverso restrizioni della commercializzazione di strumenti di misura che ne contengono (come i termometri, barometri o gli strumenti scientifici di precisione); effettuare uno studio approfondito sugli altri usi del mercurio (ad esempio negli amalgami dentari); assicurare lo stoccaggio sicuro del mercurio declassato dall’industria; effettuare uno studio approfondito sul mercurio circolante nella società a causa della sua presenza in vecchi prodotti non ancora utilizzati; ridurre le emissioni di mercurio nell’UE; intraprendere uno studio più approfondito dell’esposizione alimentare delle donne in età di procreare e dei bambini; migliorare le conoscenze scientifiche sul mercurio.

Si vuole così promuovere l’uso di prodotti di sostituzione, ogniqualvolta sia possibile. Quando non vi fossero succedanei economicamente validi, verrebbe autorizzato l’uso del mercurio. La legislazione comunitaria in vigore si è certo rivelata efficace: in dieci anni (1990-2000) ha permesso di ridurre del 60% le concentrazioni medie di mercurio. Tuttavia, occorre fare di più perché alcune emissioni non sono sotto controllo.

Con 1.000 tonnellate esportate ogni anno, l’UE è il maggior fornitore nel mercato mondiale del mercurio (3.000 tonnellate all’anno). È un’impresa pubblica spagnola che assicura tutte le esportazioni europee. Quest’ultima ha accettato di fermare la sua produzione dopo il 2003, ma continuerà tuttavia per cinque anni a smaltire le scorte di mercurio che acquista per esportarle.

Il consumo annuale dell’UE è suddiviso come segue: industria del cloro alcalino che produce cloro e soda caustica (120 tonnellate), amalgami dentari (70 tonnellate), strumenti di misura e di controllo (26 tonnellate), illuminazione (21 tonnellate), controllo elettrico (25 tonnellate), batterie (15 tonnellate).

Il pacchetto di orientamenti della Commissione europea rappresenta un contributo utile alla politica di sviluppo sostenibile nonché il contributo dell’UE alla riunione del Consiglio dei governatori del Programma dell’Onu per l’ambiente che, alla fine di febbraio, a Nairobi (Kenya), ha definito gli orientamenti mondiali per limitare l’uso del mercurio. In mancanza di una Convenzione internazionale vincolante, a cui gli Stati Uniti si oppongono, si spera che il progresso tecnologico possa portare, entro il 2020, a una situazione in cui non vi sarà più bisogno di produrre, né di utilizzare mercurio.

Forum sui rifiuti tecnologici
13-04-2005 Un incontro tra domanda e offerta di attività e servizi che nasce dalle esperienze e dalle competenze di Sep (salone internazionale delle ecotecnologie alla sua 20° edizione) e di Fortronic (dal 1983 il riferimento dei fornitori di componenti elettronici).

Sep.Tronic è un “ecotechnology event” per le soluzioni al rifiuto tecnologico, per progettare e produrre nel rispetto dell’ambiente, un’ area espositiva-convegnistica specificatamente dedicata a macchine, attrezzature, lavorazioni, servizi, tecnologie e soluzioni per la produzione elettronica “lead free” e la corretta gestione delle Aee a fine vita.

Un momento per fare il punto sulla situazione su quanto sta cambiando in Italia e in Europa in materia di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. E per entrare in contatto con la eco-community, dai responsabili di enti e istituzioni (Regione Veneto, Regione Lombardia, ministero dell’Ambiente) ai produttori e operatori del fine vita. Un’occasione per avviare nuove sinergie e rapporti di scambio di informazione con tutti i professionisti del settore presente, attraverso tavole rotonde, workshop e network dinner.

Partner dell’evento
• Ecoqual’It (Consorzio nazionale qualità, uso, smaltimento apparecchiature It)
• Certo (Consorzio nazionale ecotrattamento rifiuto tecnologico)
• Assodel (Associazione nazionale fornitori componentistica elettronica)
• Assipe (Associazione nazionale progettazione elettronica)
• Eurotech (Consorzio per lo sviluppo e la promozione internazionale di tecnologie e sistemi di ristrutturazione
• Aim (Association for automatic identification and mobility)
• LonUsers (Associazione per la promozione della tecnologia Lonworks)
• Ais (Associazione italiana strumentazione)
• Idea (International Distribution of Electronics Association)
• Elettrimpex (Imprese consorziate per lo sviluppo dell’esportazione nel settore elettronico).

EcoR’It: la nuova risposta alla gestione dei rifiuti tecnologici
13-04-2005 Per consentire ai propri soci di poter disporre dello strumento operativo collettivo di gestione dei Raee previsto dalle Direttive europee e dalla legislazione italiana in corso di definizione, il Consorzio Ecoqual’It (Consorzio nazionale qualità, uso, smaltimento apparecchiature It) ha realizzato EcoR’It, Sistema consortile per la gestione dei rifiuti elettronici di nuclei domestici e professionali.

Alla data odierna, hanno già aderito a EcoR’It i maggiori player del settore Information Technology, tra cui Brother Office Equipment, Canon Italia, Epson Italia, Fujitsu Italia, Lanier Italia, Lexmark International, Nec Computers Italia, Nrg Italia, Oki Systems, Ricoh Italia, TallyGenicom, Toshiba Tec Italia, Toshiba Europe, Sede secondaria in Italia.

“Grazie a questo progetto – ha dichiarato Giulio Rentocchini, presidente del Consorzio Ecoqual’It – gli aderenti a EcoR’It, si propongono quali ‘soggetti responsabili’ agli effetti e per le conseguenze delle Direttive Raee e RoHS sui produttori, mettendo in moto da subito un progetto pilota che fornirà tutti gli elementi per poter far partire il sistema operativo rispettando le tempistiche di legge.”

Proprio la presentazione ufficiale di EcoR’It sarà al centro del convegno “Direttiva Raee al traguardo: esperienze e soluzioni europee a confronto” previsto per venerdì 22 aprile alle ore 14.30.

Il convegno, che si svolgerà all’interno di Sep.Tronic, a PadovaFiere, raccoglierà le esperienze di alcuni sistemi operativi di gestione dei rifiuti tecnologici già esistenti in altri Paesi europei e porterà a un confronto tra le differenti situazioni legislative nei vari stati membri.

Serre “spray” biodegradabili
13-04-2005 La soluzione acquosa messa a punto dal progetto Life Biocoagri, coordinato da Mario Malinconico dell’Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri (Ictp) del Cnr, si solidifica come uno strato di vernice sotto gli occhi dell’agricoltore e una volta utilizzata, può essere rimossa tra le zolle, senza rischio di inquinamento.

Con questo progetto si è voluta focalizzare l’attenzione sui film per la pacciamatura, cioè su quelle pellicole di colore nero, soprattutto di polietilene (PE) e copolimeri etilene-vinilacetato (EVA), il cui utilizzo è aumentato notevolmente negli ultimi anni. Attualmente per una superficie di 100 mila ettari, il consumo annuale è di circa 65 mila tonnellate. Una volta rimosse, queste pellicole sporche e contaminate da diserbanti e fertilizzanti, non sono economicamente appetibili per operazioni di riciclo e per la maggior parte (circa l’80%) vengono abbandonate sul terreno o bruciate in modo incontrollato, con conseguente immissione di sostanze nocive nell’atmosfera e nel suolo.

E qui si inserisce il progetto Biocoagri, nato per promuovere un’agricoltura sostenibile. Tra i suoi risultati, la realizzazione di questa soluzione acquosa composta da polisaccaridi naturali, derivanti da alghe, crostacei, mais, patate, pomodori e, in genere, dai residui dell’industria conserviera, tutti disponibili in milioni di tonnellate l’anno. Una volta distribuita sul suolo, la componente acquosa della sostanza evapora, mentre i polisaccaridi si solidificano in una membrana la cui resistenza varia a seconda delle esigenze dell’agricoltore. Questa può essere colorata di nero, per la pacciamatura, o arricchita di fertilizzanti e diserbanti naturali. L’applicazione ha già avuto successo nelle colture di pomodori, asparagi, fragole, patate e fiori, su campi pilota allestiti in Svezia, Germania e in Italia. Il materiale ha bassi costi perché si risparmia sulla materia prima e sul processo di trasformazione che, in questo caso, avviene direttamente sul terreno.

Oltre il made in Italy: il remade in Italy
13-04-2005 L’Assessore alle Risorse Idriche e Pubbliche Utilità, Maurizio Bernardo, ha avviato il primo progetto in Italia a sostegno delle piccole e medie imprese nel mercato dei “prodotti verdi”. I prodotti verranno presentati in occasione di mostre e manifestazioni a Shanghai il prossimo giugno e a Mosca per la fine dell’anno.

Al progetto, battezzato Remade in Italy, comparteciperanno i consorzi nazionali Comieco, Corepla e Cial. Il coordinamento generale del progetto è stato affidato a Cestec, una società regionale per lo sviluppo tecnologico e produttivo dell’artigianato e delle piccole imprese, mentre il coordinamento tecnico e il design a Capellini Design & Consultino, già promotore di Matrec, la prima banca dati completamente gratuita sui materiali e prodotti riciclati.

Remade in Italy permetterà ad alcune aziende lombarde di realizzare prodotti di design in materiale riciclato e di presentarli in anteprima durante il Salone del Mobile 2005 e 2006 al Museo Bagatti Valsecchi di Milano.

La prima parte del progetto prevede la realizzazione di un Ecotool, un manuale gratuito in formato elettronico, che sarà distribuito alle imprese lombarde e potrà anche essere scaricato dal sito della Regione Lombardia.

La scelta di incentivare i “prodotti verdi” è nata con l’adozione in Italia del decreto ministeriale 203 del 2003, che prevede acquisti verdi nella pubblica amministrazione in una percentuale pari al 30%, perché gli enti pubblici facciano da apri pista per incentivare il mercato. In Lombardia la legge regionale ha addirittura aumentato la percentuale al 35%.

Dal Veneto un modello per gli Ato
13-04-2005 Un buon punto di partenza: il piano regionale del Veneto per la realizzazione degli Ambiti territoriali ottimali (Ato) in ambito provinciale per la gestione del ciclo dei rifiuti pone le basi per la costruzione di un nuovo e più proficuo rapporto tra i cittadini e i gestori dei servizi di raccolta e smaltimento.

È questa la valutazione emersa dal convegno “Problematiche connesse alla definizione degli Ato in Veneto” promosso a Padova da Federambiente, Anci Veneto e Confservizi Veneto. Nel corso dell’incontro – al quale hanno partecipato, oltre a rappresentanti delle imprese di Federambiente e del sistema Confservizi, gli assessori all’Ambiente delle Province di Padova e di Venezia e alcuni sindaci di Comuni della regione – sono state presentate, oltre allo studio di Federambiente sugli Ato, le esperienze del piano regionale dell’Emilia-Romagna e degli Ato di Modena e di Siena.

“Particolare interesse – ha sottolineato il presidente di Federambiente, Guido Berro – ha suscitato la scelta dell’Emilia-Romagna di creare un’autorità unica per acqua e rifiuti che si potrebbe provare ad applicare anche al Veneto, pur tenendo conto delle oggettive difficoltà, a cominciare dalla non coincidenza degli ambiti territoriali”.

Federambiente propone anche di sviluppare il trasferimento della privativa dei servizi d’igiene ambientale dai Comuni agli Ato, individuando i servizi minimi che devono essere uguali per tutti i Comuni dell’Ambito, lasciando alle amministrazioni locali la facoltà di offrire servizi aggiuntivi. La tariffa che il cittadino deve pagare avrebbe quindi una base uguale per tutti e una quota differenziata comune per comune commisurata all’eventuale offerta aggiuntiva.

A Monaco cinque giorni di aria, fuoco, acqua e terra
13-04-2005 Con cadenza triennale, Ifat torna a ricoprire il suo ruolo di fiera internazionale della gestione ambientale; si tratta infatti di una vetrina internazionale su tecnologie e strumenti di protezione ambientale, soluzioni di trattamento di tutti i tipi di rifiuti dai comunali solidi e liquidi agli industriali e pericolosi, riciclo e riutilizzo, recupero in tutte le sue forme, energia rinnovabile e altro.

La prima edizione ha avuto luogo nel 1966 richiamando quasi 200 espositori; all’ultima edizione, Ifat 2002, hanno partecipato più di 2.000 espositori di cui un quarto provenienti dall’estero.
L’Italia si è presentata come il primo paese straniero dal punto di vista del numero dei partecipanti con 98 aziende, seguito da Austria con 69 presenze, Svizzera con 52 presenze, Olanda con 49 e Gran Bretagna con 31 espositori. Il numero complessivo dei visitatori ha raggiunto quasi 100 mila persone di cui un terzo rappresentato da ospiti stranieri.

Va ricordato il grande successo registrato dalla fiera Ifat svoltasi lo scorso anno in Cina. La manifestazione ha richiamato 252 espositori di 17 Paesi, tra i quali molti italiani e 9.500 visitatori da 69 Paesi. L’Ifat 2005 attende una forte presenza di ospiti cinesi anche se, nel giugno del 2006, si terrà a Shanghai una nuova edizione della Ifat Cina presso il Shanghai New International Expo Centre.

Anche quest’anno verrà posto un forte accento sui Paesi New Comer (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Estonia, Lettonia, Lituania) per i quali è previsto un finanziamento per lo sviluppo della gestione ambientale di quasi 70 miliardi di euro dal 2010 al 2015, di cui 40 miliardi solo per la Polonia).

Le opportunità di proporre a questi Paesi il know-how vigente in occidente diventano spesso una sfida; vari sono i settori di particolare interesse: energia e protezione del clima, gestione rifiuti, acqua e scarichi idrici, qualità dell’ambiente. Per ognuna di queste tematiche sono previste sia delle priorità sia delle scadenze lungo tutto il periodo di transizione nel cammino di adeguamento normativo e tecnologico.

Molte imprese occidentali, nel caso specifico della Polonia si tratta per ovvi motivi di vicinanza geografica delle aziende tedesche, hanno saputo cogliere l’opportunità di investimenti e di allargamento del mercato verso l’Est. Un esempio concreto è quello della Remondis, un’impresa tedesca di servizi ambientali che oggi offre i propri servizi a un bacino di utenza di oltre 4 milioni di persone nel mondo.

Una mattina tra energia, ambiente e innovazione
13-04-2005 Presso l’Auditorium Santa Margherita dell’Università Ca’ Foscari, Daniel G. Nocera, docente di Energia presso il Massachusetts Institute of Technology, in Italia per ricevere il Premio Italgas Energia & Ambiente, ha illustrato in anteprima a Venezia il contenuto delle sue ricerche per la produzione di idrogeno utilizzando due degli elementi largamente disponibili in natura: la luce del sole e l’acqua. “Una enorme sfida, come l’ha definita lui stesso, basata sulla cattura dell’energia solare e la sua conversione in energia chimica”.

A seguire, un incontro dedicato al più vasto tema della “Ricerca scientifica e futuro energetico” al quale parteciperanno Pier Francesco Ghetti, Rettore dell’Università Ca’ Foscari, Pietro Tundo, docente di Ca’ Foscari e Presidente del Consorzio Interuniversitario “La Chimica per l’Ambiente”, David Marks del Massachusetts Institute of Technology, Sergio Carrà del Politecnico di Milano e Alberto Meomartini, Presidente Italgas.

Importazione di gas dall’Algeria
13-04-2005 Edison ha sottoscritto una lettera di intenti con Sonatrach, la compagnia petrolifera di stato algerina, per la fornitura di gas naturale. Contestualmente, Sonatrach ha firmato lettere d’intenti con altri 11 operatori italiani, tra cui la Regione Sardegna.

Alla firma erano presenti Chakib Kheli, Ministro algerino dell’energia, Giovanni Dell’Elce, Sottosegretario del Ministero delle attività produttive, Mohamed Meziane, presidente di Sonatrach, Renato Soru, presidente della Regione Sardegna e Giulio Del Ninno, amministratore delegato di Edison.

Per la realizzazione dello studio di fattibilità del metanodotto, nel novembre 2002 era stata costituita una società chiamata Galsi, a cui partecipano Sonatrach (con il 36% del capitale), Edison (18%), Enel (13,5%), Wintershall (13,5%), Hera Trading (9%), Sfirz (5%) e Progemisa (5%).

Il metanodotto si svilupperà per circa 900 km e in una prima fase avrà una capacità di trasporto pari a 10 miliardi di m3 all’anno, di cui 2 miliardi sono destinati alla metanizzazione della Sardegna. La quota restante dovrebbe essere immessa nella rete nazionale di trasporto del gas in corrispondenza della Toscana e sarà destinata non solo al mercato italiano ma anche a quello europeo. L’infrastruttura dovrebbe essere completata entro il decennio e in una seconda fase la capacità del gasdotto potrà essere portata a 18 miliardi di m3.

Polistirene espanso nel mercato italiano
13-04-2005 Secondo i dati raccolti, il consumo del prodotto lo scorso anno ha raggiunto 138.800 tonnellate con un incremento di circa il 4% rispetto al 2003. Nonostante il persistere d’un generale andamento economico fiacco, caratterizzato da debole produzione industriale e da consumi stagnanti, il polistirene espanso continua a dare positivi segnali di sviluppo: in sei anni i consumi italiani sono aumentati di circa il 33,5%, registrando un tasso medio annuo di crescita del 5,6%.

La performance dell’Eps è stata la migliore registrata nel settore delle materie plastiche il quale, stando ai dati forniti a fine anno da Federchimica, ha fatto registrare una lieve crescita dello 0,8%, con le principali commodities in aumento dell’1,6%. Il maggior incremento di consumi si è verificato nel settore dell’edilizia che, passando da 66.000 a 71.100 t, ha registrato un aumento del 7,7%. Le cause sono da ricercare sia nel positivo andamento del comparto delle costruzioni, da alcuni anni crescita, sia nel maggior utilizzo dell’Eps nell’isolamento termico e acustico degli edifici.

Nel settore dell’imballaggio invece i consumi sono in pratica rimasti stabili, passando da 63.500 a 62.700 tonnellate: una tendenza che, anche se in misura inferiore, ricalca quanto sta avvenendo sul mercato europeo, toccato anche da un leggero calo produttivo causato da trasferimenti di unità verso i paesi dell’Est. Nel business del packaging in Eps, il nostro Paese detiene la più alta quota di mercato e risulta il maggior produttore continentale seguito dalla Francia, dalla Spagna e dall’Inghilterra.

A livello di consumi globali di Eps, il mercato italiano si consolida come il secondo a livello europeo, mostrando ancora buone capacità di crescita. Vi operano un centinaio di piccole e medie aziende che per la maggior parte (90%) aderiscono all’Aipe e trasformano le 138.800 tonnellate di prodotto, utilizzate per il 51,23% dall’edilizia, per il 45,17% dall’imballaggio e per il 3,6% come applicazioni varie.

L’ozono cattivo
13-04-2005 Il meccanismo di formazione è complicato e alcuni studiosi americani ne hanno identificato l’origine nei composti organici volatili (Cov) che si liberano in tutti i processi di combustione, ma anche in seguito all’impiego di sostanze chimiche nei solventi, vernici, materie plastiche. Queste sostanze reagiscono con i radicali R-OH in presenza di ossigeno con formazione di composti tipo R-O2 nei quali l’atomo di idrogeno è sostituito con un atomo di ossigeno. A questo punto interviene l’ossido di azoto NO, anch’esso presente fra gli agenti inquinanti, che si trasforma in ossido nitrico NO2. Quest’ultimo subisce fotolisi e si trasforma in NO e in ossigeno atomico che reagisce con l’ossigeno O2 dando luogo alla formazione di ozono O3 il quale è responsabile di irritazione ai polmoni e aggrava l’asma.

Quando si parla di inquinamento urbano l’attenzione viene rivolta in genere alla concentrazione delle pm10, le particelle di diametro inferiore a 10 micrometri. Ma esistono norme europee che fissano la concentrazione massima di ozono che non dovrebbe superare i 180 microgrammi per m3, un valore indicato come soglia “di informazione”; se la concentrazione supera i 240 microgrammi/m3 si raggiunge la soglia “di allarme”. Il tutto è contenuto nella direttiva 2002/3/CE integrata dalla “decisione” del 19 marzo 2004; entrambi i documenti si trovano nel sito www.nonsoloaria.com. E i documenti europei impongono che in futuro la concentrazione sia dell’ozono sia dei precursori Cov e NO2 venga misurata continuamente, il che offre occasione di lavoro per un bel po’ di chimici.

Da cercare in futuro
13-04-2005 Si tratta degli agenti inquinanti organici “persistenti” (Pop, Persistent Organic Pollutants) di cui si occupano addirittura norme internazionali. Una rassegna è contenuta nell’articolo di Pasquale Spezzano (Energia Ambiente Innovazione, 2004, 50, 30). Si tratta di pesticidi clorurati (il fenomeno della dispersione planetaria e persistenza è stato scoperto proprio col primo composto di questa classe,il Ddt, nei primi anni Cinquanta del Novecento) e poi delle “diossine”, dei bifenili policlorurati (Pcb). Di alcuni è stato vietato o diminuito l’uso, per legge, ma le grandi quantità di Pop immesse nell’ambiente impongono che nei prossimi anni e decenni venga tenuta sotto controllo la loro concentrazione praticamente in tutto il mondo.

A solo titolo di esempio: sono stati immessi nell’ambiente, dal momento della loro commercializzazione, 2,6 milioni di tonnellate di Ddt, 1,7 milioni di tonnellate di Pcb, 1,3 milioni di tonnellate di esaclorocicloesano e quantità indeterminate di “diossine” e di idrocarburi aromatici policiclici cancerogeni. La provenienza è la più varia; a livello globale le “diossine” vengono immesse nell’ambiente in ragione di oltre 7.000 g all’anno dall’incenerimento dei rifiuti, quasi 2000 g/anno dalla lavorazione dei metalli, poi da altre fonti per un totale di oltre 10.000 g/anno. Questi pochi dati mostrano che ci sarà una crescente domanda di raffinate tecniche e analisi per tenere sotto controllo questi Pop, la cui identificazione e misura, spesso in bassissime concentrazioni, quelle a cui tuttavia essi sono nocivi, comporta delicati metodi analitici, in parte ancora da raffinare.

Biotecnologie e bioingegneria in mostra
13-04-2005 Biotecnologie e bioingegneria saranno protagoniste a Padova in occasione della prossima edizione di Bionova, la fiera delle Biotecnologie e Bioingegneria, in programma dal 20 al 22 aprile prossimi presso l’area espositiva di PadovaFiere.

Sulla scia di una significativa crescita registrata nel corso delle precedenti edizioni, che hanno contato 40 espositori nel 1999, 80 nel 2001, 136 e oltre 6.500 visitatori provenienti da tutta Europa nel 2003, la manifestazione quest’anno si presenta con una nuova immagine.

La nuova formula prevede cinque grandi aree espositive: quella chimico-farmaceutica, quella diagnostica, quella relativa all’ambiente, quella agro-alimentare e infine quella riguardante la bioingegneria.

I protagonisti di Bionova 2005 sono: l’industria biotecnologica, le Pmi operanti nel settore biotecnologico e nella ricerca avanzata, le aziende produttrici e fornitrici di apparecchiature e strumentazione da laboratorio e per biotecnologie, le aziende produttrici e fornitrici di tecnologie biomediche, i Centri di Ricerca e Parchi Scientifici, i Centri di Eccellenza, gli Investitori e le Banche di Affari, l’Industria farmaceutica, alimentare, agro-chimica, tessile, conciaria, edile, cosmetica, cartaria, la Protezione Ambientale, la società di consulenza finanziaria e brevettuale, le aziende ospedaliere pubbliche e private, istituzioni e associazioni e infine gli operatori specialisti.

Lo spazio espositivo della manifestazione sarà arricchito da eventi specifici collegati, che vedranno l’intervento di esperti italiani e internazionali del mondo industriale, accademico e della ricerca. Convegni e workshop offriranno l’occasione per approfondire temi, proposte, risultati e prospettive riguardanti lo sviluppo e la realizzazione dei processi biotecnologici e bioingegneristici, applicabili all’industria avanzata nei diversi campi.

La parte convegnistica quest’anno sarà favorita dal lay out della manifestazione. Lo spazio dedicato a eventi e conferenze sarà infatti posizionato al centro dell’area espositiva. Sono inoltre previsti dei Meeting Point, collocati in spazi strategici, a disposizione degli espositori per presentazioni, dimostrazioni pratiche, corsi di aggiornamento e di training.

Sempre all’interno degli spazi espositivi sarà infine collocata una International Meeting Area, riservata agli operatori internazionali. Grazie alla collaborazione con l’Istituto per il Commercio Estero (Ice) sono infatti attese missioni di operatori, provenienti da diversi Paesi europei e da Bionova Usa. Bionova 2005 è organizzata da PadovaFiere, Cnbb, Assobiotec, Farmindustria, con la partecipazione e il coinvolgimento dell’Unione Europea.

Accreditamento gravimetrico
13-04-2005 Il Laboratorio di Ricerca Siad ha deciso di ampliare la gamma dei propri prodotti e, nel maggio 2004, il Sit ha approvato l’estensione dell’accreditamento gravimetrico del Centro per la grandezza “quantità di sostanza”, accertandone la competenza tecnica ad effettuare tarature nei campi dove la riferibilità metrologica a campioni gassosi nazionali e internazionali è essenziale.

Grazie a tale estensione dell’accreditamento, la gamma dei prodotti offerti dal Centro Sit n.° 143 Siad ora include: miscele utilizzate nelle analisi degli inquinanti dell’aria atmosferica, quali miscele con ppb di benzene (C6H6) e di ossido di azoto (NO); miscele con basse concentrazioni di metano (CH4), propano (C3H8), ossido di carbonio (CO); miscele impiegate nel campo dell’analisi delle emissioni dei camini, quali miscele contenenti anidride solforosa (SO2) e biossido di azoto (NO2); miscele per le analisi nelle sale operatorie negli ospedali, quali miscele contenenti protossido di azoto (N2O). L’estensione dell’accreditamento gravimetrico comprende, inoltre, la possibilità di preparare miscele gassose multicomponente tarate con emissione del certificato Sit.

Il Centro Sit n.° 143 Siad è, in Italia, il primo ed unico Centro di Taratura accreditato Sit per la preparazione gravimetrica di miscele gassose, ma da febbraio 2005 esso è anche il primo e unico Centro di Taratura accreditato Sit per la taratura di miscele gassose con metodo analitico.
Si tratta di una nuova classe di miscele gassose riferibili che, come quelle preparate per via gravimetrica, sono equivalenti, da un punto di vista metrologico, a quelle prodotte dagli Istituti Metrologici Primari Nazionali o Internazionali. Anche le miscele gassose tarate con metodo analitico sono riferibili ai campioni nazionali di massa, ma la riferibilità della misura è ottenuta rispettando idonei requisiti tecnici (norma Iso 6143) e impiegando esclusivamente miscele gassose riferibili prodotte dal Centro o da Istituti Metrologici. La gamma di miscele gassose tarate con metodo analitico è equivalente a quella delle miscele gassose preparate per via gravimetrica, ma è caratterizzata da livelli d’incertezza estesa relativa maggiori.

Un programma per il rispetto della direttiva RoHS
13-04-2005 Underwriters Laboratories (UL) ha realizzato un nuovo programma, destinato ai produttori di apparecchiature elettroniche, per supportare le aziende nel rispetto della severa direttiva RoHS (Restriction of Hazardous Substances in Electrical and Electronic Equipment), la cui entrata in vigore è prevista per luglio 2006.

Il programma Rscs (Restricted Substances Compliance Solutions) prevede l’esecuzione di attività di test e monitoraggio sulle sei sostanze oggetto della direttiva e aiuta pertanto le aziende nella certificazione della conformità dei propri prodotti. “Il mancato rispetto della direttiva RoHS – dichiara Terenzio Facchinetti, responsabile del programma Rscs in Europa – può comportare per le aziende gravi conseguenze. Oltre alle potenziali perdite commerciali derivanti dalla mancata conformità dei prodotti, queste aziende si espongono al rischio di gravi responsabilità civili e penali”.

I settori merceologici interessati dalla direttiva RoHS sono quelli delle apparecchiature e componenti elettrici, dell’elettronica di consumo, dell’Information Technology, delle telecomunicazioni, delle materie plastiche, dei fili e cavi e grazie al programma Rscs, gli Oem (Original Equipment Manufacturers) possono agevolmente monitorare la conformità dei partner che intervengono nella supply chain, ridurre gli investimenti destinati alle politiche interne di conformità e identificare le possibili soluzioni di conformità alternative.

La collaborazione dei fornitori con UL offre molteplici vantaggi. Il programma contribuisce a semplificare il processo di creazione dei report mettendo a disposizione delle aziende un singolo rapporto online, che permette di ridurre i costi e semplificare la collaborazione. I fornitori che aderiscono al programma Rscs, inoltre, sono considerati più affidabili da parte degli Oem, poiché dimostrano un impegno proattivo nella gestione delle politiche di conformità attraverso la collaborazione con un partner riconosciuto in tutto il mondo come UL.

Nuovo assetto Bayer
13-04-2005 Il Gruppo Bayer ha fronteggiato gli effetti negativi del quadro macro-economico, registrando nel 2004 un andamento positivo in buona parte dei mercati di riferimento e consolidando la leadership dell’azienda in molte aree di primaria importanza. Il volume d’affari di Bayer in Italia nell’esercizio 2004 ha registrato un incremento significativo rispetto ai 1.930 milioni di euro dell’esercizio precedente.

Risultati particolarmente brillanti sono stati ottenuti dai nuovi prodotti della più recente ricerca Bayer, affermatisi con un successo superiore alle stesse aspettative. Tra essi figurano Flector, Baycox, Advantix, Kogenate Fattore VIII ricombinante, Cardioaspirin, Ciproxin, Avalox.

Il 2004 è stato per Bayer un altro anno di intenso lavoro interno, teso a completare il grande progetto di riorganizzazione dell’azienda, per creare una struttura orientata ai settori in cui l’innovazione è la forza propulsiva, capace di anticipare l’evoluzione e le sfide dei mercati e con forte focalizzazione, flessibilità d’azione e spiccata competitività.

In quest’ottica – e in linea con il Gruppo a livello mondiale – nel 2004 Bayer in Italia ha attuato nuove variazioni organizzative strategiche, la principale delle quali è la nascita di Lanxess, operativa dal 1° luglio. In essa sono confluite quasi interamente le attività di business della chimica e una parte del ramo polimeri, creando così una società autonoma già forte di un portafoglio prodotti di alta qualità e ben radicata nel mercato. Lanxess AG è stata quotata in borsa all’inizio del 2005.

A seguito dello scorporo della nuova società Lanxess, Bayer può concentrare tutte le proprie risorse sulle tre macro aree della salute, della nutrizione e dei materiali innovativi. Nell’area HealthCare, è stata definita a livello mondiale l’acquisizione delle attività Consumer Health (Otc) di Roche, diventata effettiva dal 1° gennaio 2005. Grazie al nuovo portafoglio prodotti ricco e diversificato, Bayer può puntare a entrare in nuovi mercati Otc coprendone i principali segmenti. Bayer in Italia ha confermato nel 2004 un andamento complessivamente soddisfacente dei volumi prodotti.

Operazione sicurezza
13-04-2005 Air Liquide ha fornito ininterrottamente, per quattro giorni, a Weatherford, società di servizi per l’industria petrolifera, circa 500 mila metri cubi di azoto per il Purging (l’operazione che elimina l’ossigeno presente nella condotta al fine di rendere quest’ultima inerte) e l’inertizzazione del gasdotto, denominato GreenStream, che collega Mellitah, sulla costa libica, a Gela, in Sicilia. L’esecuzione dell’operazione ha segnato un importante successo per Air Liquide sia in termini di risultati che di servizi offerti al cliente.

Weatherford è stato il main contractor di Saipem nei lavori di fornitura di aria compressa e azoto per le fasi di pre-commissioning del gasdotto assegnato a Saipem da GreenStream B.V., società compartecipata dalla compagnia di stato libica Noc e da Eni. Saipem ha eseguito i lavori di posa del gasdotto avvalendosi della nave di posa semisommergibile “Castoro Sei”. La profondità massima raggiunta nelle operazioni di posa è stata di 1.127 metri, al largo della costa maltese.

Il Purging e l’inertizzazione finale della condotta con azoto fanno riferimento a una fase molto delicata del lavoro, l’ultima prima della messa in funzione del gasdotto, lungo 520 chilometri e dal diametro di 32 pollici. I lavori hanno avuto una durata complessiva di un anno e mezzo circa.

Joint venture in Cina
13-04-2005 Una joint venture per lo sviluppo, la produzione e il marketing di compound Halogen Free Flame Retardant (Hffr) termoplastici e reticolabili per irraggiamento. Entrambi i partner possederanno il 50% della joint venture.

La joint venture, che ha già ottenuto le necessarie approvazioni dalle autorità competenti della Repubblica Popolare Cinese, è operativa, dall’inizio di febbraio 2005, con il nome inglese Padanaplast Original Advanced Compounds (Shanghai). La joint venture, che è ubicata in Shanghai e che essenzialmente fornirà il mercato cinese, avrà una capacità produttiva iniziale di 5.000 tonnellate all’anno. La dimensione della società potrà essere in seguito estesa secondo gli sviluppi della domanda del mercato.