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Ventilazione degli ambienti chiusi per contrastare Covid-19ERT

A seguito dell’approvazione del nuovo decreto Draghi “riaperture Bis”, diversi esercizi commerciali hanno iniziato ad accogliere i Clienti in spazi indoor. La graduale riapertura di palestre, piscine, centri commerciali e la possibilità di consumare anche all’interno di bar e ristoranti, pone nuovamente l’attenzione sul tema della trasmissione del Sars-CoV-2 negli ambienti confinati. Ne parliamo con Andrea Casa, Chairman dell’International Affairs Committee e membro del Consiglio di Amministrazione di Nadca (National Air Duct Cleaners Association) e Presidente Emerito di Aiisa (Associazione Italiana Igienisti Sistemi Aeraulici).

“Vista l’importanza della ventilazione, quale strumento primario per ridurre la concentrazione di eventuali carichi virali in ambienti confinati, mi interrogo sulla motivazione per cui tra i numerosi Bonus messi a disposizione per sostenere la ripresa, dalla mobilità all’edilizia, non siano stati contemplati incentivi che, indipendentemente da aspetti legati al solo risparmio energetico, possano favorire l’acquisto di impianti di ventilazione, l’ammodernamento di quelli esistenti o laddove necessario, strumenti di depurazione dell’aria, anche da parte di attività aperte al pubblico” commenta Andrea Casa, che continua “Ora più che mai, infatti, oltre alle prestazioni energetiche, occorre prendere in considerazione la reale capacità dell’impianto di assicurare le migliori condizioni in termini di salubrità dell’aria e come potenziarla, qualora queste risultino inadeguate”.

“Se vogliamo evitare gli errori del passato e riaprire in via definitiva, è necessario ripensare il concetto di controllo della qualità dell’aria indoor, a favore di un cambio di paradigma, per l’affermazione di buone prassi in termini di Indoor Air Quality, quale modalità preventiva per mitigare la trasmissione di malattie infettive. Un argomento su cui, peraltro, si sono recentemente espressi 39 scienziati di tutto il mondo sulla rivista Science.” prosegue Andrea Casa “Abbiamo ormai le evidenze di come l’incidenza del virus risulti notevolmente depotenziata all’esterno o in presenza di adeguate fonti di aerazione. Tra le ultime prove concrete vi sono i dati emersi sul maxi-assembramento dei tifosi interisti in Piazza Duomo a Milano, a seguito del quale non è avvenuto l’aumento dei casi che tutti temevano. Possiamo considerarlo come una sorta di “esperimento scientifico” che invita a riflettere sulle dinamiche di contenimento della trasmissione anche nei luoghi confinati. Come? Attraverso un impianto privo di circuiti di ricircolo e dotato di un adeguato tasso di ventilazione è possibile eliminare le particelle virali al 99%. I numeri parlano da sé: aumentandone la frequenza, tale percentuale viene raggiunta in 35 minuti con 8 ricambi d’aria all’ora, in 28 minuti con 10 e in 23 minuti con 12”.

Un documento recentemente pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, Roadmap to improve and ensure good indoor ventilation in the context of Covid-19, parte proprio da questo punto e illustra come gli ambienti affollati e confinati siano i luoghi ideali per incrementare la catena di trasmissione. Ecco perché, continua la guida, servono adeguati sistemi di ventilazione, che comunque non esimono dalle misure preventive ormai note.