Il caso riguarda il risanamento di un’ex area industriale sita a Cengio sulla quale si trova una discarica per terreni inquinati e rifiuti pericolosi. Ai sensi della direttiva 85/337/CE (direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale) i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale rilevante, per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, devono essere sottoposti a una valutazione dell’impatto prima che sia concessa l’autorizzazione. Una valutazione dell’impatto ambientale è obbligatoria per gli impianti di smaltimento destinati a discarica di rifiuti pericolosi. Tuttavia, le autorità italiane hanno autorizzato il progetto di risanamento senza effettuare tale valutazione.
Poiché il sito non è riconosciuto come discarica o discarica risanata, è possibile altresì che non siano stati rispettati nemmeno i requisiti rigorosi previsti dalla direttiva 1999/31/CE (direttiva sulle discariche) a tutela della salute umana e dell’ambiente. Le discariche contenenti rifiuti pericolosi possono essere estremamente nocive per l’ambiente e la salute perché le sostanze chimiche velenose possono penetrare nelle acque sotterranee della zona. Per questo devono essere costruite, gestite e monitorate con estrema attenzione prima e dopo la chiusura, come previsto dalla direttiva sulle discariche.
Il 9 ottobre 2009 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora nella quale sottolineava la necessità di assicurare che progetti di questo tipo, potenzialmente pericolosi, siano autorizzati, eseguiti e monitorati dopo il completamento nel pieno rispetto della direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale e della direttiva sulle discariche. Poiché l’Italia non ha dimostrato in modo convincente alla Commissione di avere ottemperato agli obblighi relativi alla tutela della salute umana e dell’ambiente, la Commissione ha deciso di inviare un parere motivato.
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