È innegabile che le nuove tecnologie abbiano offerto enormi benefici sia nell’ambito industriale che nella vita privata. Un esempio che coglie entrambi gli aspetti è ad esempio la grande diffusione dello smart working, oppure la continua crescita dell’automazione come anche la transizione all’e-commerce di grandi e piccoli business e il relativamente recente e rapido sviluppo dell’IA. Tuttavia, come tutte le grandi innovazioni, nel complesso dei vantaggi vi sono anche alcuni lati negativi e criticità.
Quando sentiamo la parola “inquinamento” la tendenza è quella di pensare subito ai mezzi di trasporto, alle emissioni delle industrie o dei grandi complessi di produzione energetica o anche, specialmente in inverno, ai sistemi di riscaldamento. Forse non tutti sanno che vi è anche un’altra tipologia di inquinamento che sta impattando in misura crescente: l’inquinamento digitale.
L’inquinamento digitale, cos’è e cosa comporta
Si è già molto discusso di quanto tutti i tool digitali siano particolarmente energivori e di come la quantità di energia richiesta sia direttamente proporzionale alla loro potenza e capacità operativa. Quando si parla di inquinamento digitale si fa quindi riferimento a quello relativo al funzionamento e alla produzione dei dispositivi digitali ma anche al funzionamento dei complessi di stoccaggio ed elaborazione dei dati o ai dispositivi di connessione, trasmissione e streaming delle informazioni.
Insomma, dal semplice dispositivo wearable fino ad arrivare al cloud passando per vari tool, lo scenario riguarda tutta la “filiera”. L’intera rete digitale ha quindi un forte impatto, la cosiddetta carbon footprint, l’impronta che tende a diventare gigante nonostante vi siano in atto alcuni provvedimenti per cercare di ridurre l’inquinamento digitale. Tuttavia, vi è da considerare l’aspetto che il comportamento di qualsiasi utente può influire anch’esso positivamente o negativamente.
Adottare una filosofia che preveda di non utilizzare ciò che non sia davvero necessario in quel preciso momento, può portare ad un progressivo cambiamento nella cultura dell’uso dei dispositivi e delle conseguenze positive. Stando a recenti studi che prendono in considerazione la quantità di CO2 riferita all’inquinamento digitale, si raggiunge circa il 4% delle emissioni mondiali annue. Per quanto riguarda l’aspetto energetico, circa il 28% delle emissioni viene prodotto per alimentare il web. Inoltre, le stime per i prossimi anni prevedono un quasi quadruplicamento degli attuali valori.
Queste cifre derivano da vari aspetti come ad esempio il più evidente è l’utilizzo dei combustibili fossili per generare e fornire energia a server, data center, e tutto il sistema che consente di mantenere il mondo connesso. È paradossale il fatto che se da un lato la tecnologia ha consentito di digitalizzare i processi e smaterializzare le informazioni non solo a livello lavorativo ma anche ludico e di svago, dall’altro ha aumentato le emissioni in misura superiore di quanto era necessario per produrre ad esempio carta e supporti fisici su cui conservare i dati.
L‘energia non è mai abbastanza
Come accennato, la grandissima sfida da vincere è quella che riguarda l’aspetto energetico necessaria non solo per la connessione e il funzionamento dei dispositivi connessi, per il mantenimento dei dati ma anche per la produzione dei medesimi. Quest’ultimo aspetto va a toccare anche il discorso di recupero delle terre rare attraverso la rigenerazione dei componenti esausti e ha un’importanza crescente in relazione alla crisi delle materie prime, e qui sarebbe necessario aprire un discorso a parte.
Andiamo brevemente a toccare anche l’ambito dello smaltimento e della rigenerazione dei dispositivi elettronici, tema anch’esso di crescente importanza. Siamo al corrente della crisi delle materie prime e dell’incremento dei costi, sappiamo anche che vi è uno sforzo da parte di molti paesi nell’incentivare la filiera della rigenerazione e nella sensibilizzazione dei consumatori. Per poter arrivare all’obiettivo di una completa rigenerazione dei prodotti esausti è necessario disporre di molta energia con la quale effettuare i processi.
Gli aspetti energetici vanno quindi a sommarsi con quelli discussi nel paragrafo precedente e rendono componenti e digitalizzazione un percorso assai poco sostenibile.
I provvedimenti che possono essere adottati per mitigare l’inquinamento digitale fanno parte di un insieme di regole e best practice complesse, le quali non mirano soltanto ad attenuare il numero di utenze connesse o la riduzione dei relativi tempi di utilizzo. Proviamo a considerare un “pacchetto” di temi che tutti insieme possono influire in modo significativo:
- Riduzione del consumo dei dispositivi
Rispetto al passato, i requisiti dei dispositivi elettronici hanno subito mutamenti radicali e prevedono al giorno d’oggi l’utilizzo di componentistica che ha raggiunto livelli di consumo energetici estremamente bassi. Questo aspetto è assai importante poiché è proprio da questo punto che ha origine una nuova filiera meno energivora. - Maggiore sfruttamento delle energie green ed energy harvesting
L’utilizzo delle energie rinnovabili è sempre sotto i riflettori, specialmente dopo le vicende geopolitiche che hanno innalzato il prezzo dei gas naturali ultimamente usati in larga misura per la produzione energetica. Inoltre è noto che server e data center convertono parte dell’energia consumata in calore; questo calore che andrebbe altrimenti perso può essere sfruttato per produrre, sebbene in misura minore, altra energia. E in tema di raffreddamento esistono sistemi che non fanno uso di aria condizionata. - Riprogettazione della filiera produttiva
Unitamente all’uso delle energie green e all’energy harvesting va ripensata in modo profondo la filiera produttiva dei dispositivi. Ciò risulta critico e in antitesi con i paradigmi di produzione che finora sono stati utilizzati ma che tuttavia dovrà essere preso in considerazione, anche in relazione alle normative in fatto di emissioni che diventeranno via via sempre più stringenti. Si può ad esempio ipotizzare di fabbriche di componentistica o dispositivi che implementino al loro interno aree per la rigenerazione degli esausti; in questo modo si creerà un “chilometro zero” per le materie prime rigenerate andando a ridurre anche le emissioni per la logistica con i trasporti verso aziende terze non più necessari. - Utilizzo consapevole e responsabile
Tutte le azioni fin qui menzionate sarebbero pressoché inutili se prima non si promuove un cambio netto di mentalità da parte dell’utenza. Si continua a dire che siamo in piena transizione energetica il che prevede tutta una serie di cambiamenti. Tuttavia questi cambiamenti devono avvenire in primis nelle abitudini. Molti anni fa la pubblicità progresso incentivava al risparmio sull’utilizzo dell’illuminazione domestica… Questo criterio non è mutato, sono soltanto variate le circostanze. Ad esempio, i meeting e le videoconferenze la cui frequenza è aumentata vertiginosamente durante la pandemia, sono servizi energivori. L’accorgimento di tenere la telecamera spenta durante l’intera trasmissione, può ridurre l’inquinamento del 96%, oppure spegnere i dispositivi oppure interrompere la connessione se l’utilizzo non è necessario. Questi sono semplici esempi di come può cambiare la cultura energetica di ognuno.
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