La sostenibilità è un obbligo o un’opportunità di sviluppo? È un punto di vista critico e costruttivo quello offerto dalle due tavole rotonde su “50 anni di sostenibilità e l’esigenza di concretezza” e “Driver e responsabilità di un obiettivo comune”. Nel corso del webinar organizzato da Arthur D. Little, società di consulenza strategica e direzionale, autorevoli esponenti dell’industria, del mondo finanziario, di organizzazioni di settore e rappresentanti del governo italiano e della Commissione Europea si sono confrontati sullo stato dell’arte nel nostro Paese in tema di sostenibilità.
È un quadro completo e variegato quello emerso dai diversi settori che condividono un’esigenza: un deciso cambio di paradigma da parte delle aziende e delle istituzioni finanziarie italiane.
Una prima risposta a questa difficile domanda arriva dalla Survey lanciata globalmente da Arthur D. Little che evidenzia una certa criticità: la sostenibilità non è ancora realmente integrata nelle procedure delle organizzazioni e nei modelli di business aziendali.
“Solo il 25% dei rispondenti alla Survey ritiene che la strategia di sostenibilità sia pienamente condivisa e compresa dall’organizzazione e ancor meno, il 10%, ritiene che la strategia di sostenibilità abbia impatti sul business model. Non c’è dubbio che oggi siamo in mezzo al guado: si deve andare avanti” ha dichiarato Saverio Caldani, Managing Partner di Arthur D. Little Italia e Spagna. “La sostenibilità” ha poi aggiunto Stefano Milanese, Partner Sustainability & Risk di Arthur D. Little “è tenuta poco in considerazione negli incentivi al senior management (il 63% dei rispondenti non ha legato tali incentivi alle performance di sostenibilità). Sebbene si parli molto di obiettivi di medio-lungo periodo in relazione agli SDG delle Nazioni Unite e dell’Agenda 2030, meno del 20% dei rispondenti alla Survey ha definito piani e roadmap per la loro implementazione. Insomma, la strada da fare è ancora lunga e serve un cambio di rotta deciso e un approccio ecosistemico essendo i problemi che la nostra società si trova ad affrontare troppo grandi per essere risolti da un singolo attore”.
Se è fuor di dubbio il progresso della cultura aziendale è anche vero che la rendicontazione finanziaria ha tuttora il sopravvento: sarà importante osservare l’evoluzione della governance alla luce delle recenti indicazioni di settore che raccomandano l’istituzione di Comitati di sostenibilità con ruoli e responsabilità ben definite.
Intenso l’impegno verso lo sviluppo sostenibile – dalla decarbonizzazione, all’intermodalità, all’economia circolare – di Aeroporti di Roma, testimoniato da Veronica Pamio, Vice president relazioni istituzionali e sostenibilità. Secondo Pamio, la sfida che il settore aeroportuale dovrà affrontare è a tutto tondo e renderà necessario creare una rete e instaurare nuove sinergie tra le aziende del trasporto aereo, i supplier di carburanti e le comunità locali.
Claudia Cattani, responsabile per il Lazio della Fondazione Bellisario, Presidente del Collegio Sindacale di BNL e di Findomestic Banca, è ottimista: si sta passando da una struttura dedicata alla sostenibilità alla creazione di comitati interfunzionali che affiancano la sostenibilità alla decisione di business. Il prossimo passaggio è quello di portare la sostenibilità nella decisione del board incidendo sul cuore dell’organizzazione aziendale e sulla formazione. Il ruolo delle banche è fondamentale: l’esclusione di settori non sostenibili e l’incentivazione per le aziende che hanno raggiunto gli obiettivi di sostenibilità attraverso i positive loan.
Pierluigi Stefanini, Presidente e Portavoce ASviS, l’orizzonte di attuazione temporale degli obiettivi di sostenibilità è molto lungo e in alcuni casi andrà oltre il timing dell’Agenda 2030, arrivando addirittura al 2050. Il Rapporto Asvis presentato a settembre ha messo in evidenza luci e ombre, ponendo l’accento sulla necessità di accelerare i processi decisionali relativi alle tematiche di sostenibilità, sennò non sarà possibile raggiungere entro il 2030 gli obiettivi proposti dall’Agenda dell’ONU.
Per Ermete Realacci, Presidente di Symbola, l’economia globale è destinata a cambiare. Ci sarà una partita attivissima che si aprirà, e l’Europa metterà barriere nei confronti dei prodotti che entreranno nel continente e che non rispettano l’ambiente. La nostra economia sarà più forte, ma questo in realtà sta già accadendo. Un terzo delle imprese italiane stanno attualmente investendo sull’ambiente e lo fanno perché quelle imprese sono quelle che innovano di più ed esportano di più.
Giulia Genuardi, Head of Sustainabily Planning del Gruppo Enel, afferma che nella sostenibilità dobbiamo cogliere i segnali deboli per poterli gestire in futuro. La sostenibilità. è molto più un tema di investimenti che di costi e ricavi, è un tema di rischio. Se investo avrò la possibilità di ridurre i rischi. Investo oggi per vedere risultati dopo. Enel ha raccontato la sua strategia ma l’ha calata nel senso pratico. Dobbiamo giocarci la partita da professionisti, all’inizio è una spinta etica, ma ora è da gestire a livello aziendale.
Sul collegamento tra sostenibilità e PNRR Marcello Mentini, responsabile del Programma PNRR di Intesa Sanpaolo ha ricordato il ruolo che la Banca già svolge in ambito “green” attraverso il suo plafond circular economy, gli S-loan per le PMI e l’emissione di green bond. Ha poi indicato che grazie al PNRR si potranno accelerare la messa a terra di molte progettualità e l’esecuzione di programmi di finanziamento con il diretto contributo di Intesa Sanpaolo. La Banca metterà a disposizione, nell’arco di piano, oltre 70 miliardi di euro per finanziamenti destinati alla Missione 2 (Rivoluzione verde e Transizione Ecologica) come già indicato dal CEO Carlo Messina.
Secondo Michele Ziosi, Vice President Institutional Relations di CNH Industrial l’impegno e i risultati pagano. Ne è esempio raggiunti per la sostenibilità di CNH Industrial trovano conferma nell’ inserimento del Gruppo in alcuni dei più prestigiosi indici azionari del mondo, come il Dow Jones Sustainability Index World e Europe. Quattro priorità definite: carbon footprint, sicurezza sul lavoro, valutazione del ciclo di vita e coinvolgimento degli stakeholders, innovazione digitale.
È stata Patty L’Abbate, Capogruppo Commissione Territorio, Ambiente, Beni ambientali a porre l’accento sull’esigenza di creare una vera cultura e investire sulla formazione: la PA e le aziende devono formare green manager in grado di definire parametri e valutare le azioni per raggiungere gli obietti di sostenibilità. Il climate change è collegato a molte problematiche: serve un approccio sistemico e globale.
Interessante il punto di vista di Massimo Gaudina, Capo della Rappresentanza della Commissione Europea in Italia, il quale ha affermato che è vero che il costo della non transizione ecologica è altissimo, ma al contempo il rischio è devastante e lo vediamo anche nelle nostre regioni e non solo nei paesi del terzo mondo. È necessario mitigare gli effetti dell’impatto climatico e poi lavorare sull’adattamento, non solo ridurre le emissioni ma anche per preparare l’industria agli effetti negativi futuri, alcuni dei quali sono già visibili.