Rome Business School, parte di Planeta Formación y Universidades creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta, ha pubblicato lo studio: “Smart cities e qualità dell’aria. I centri urbani italiani tra crescita sostenibile e buone pratiche di mobilità”. Lo studio fa luce su come la pandemia e l’attuale guerra in Ucraina abbiano accelerato la necessità di implementare le città con soluzioni ecologiche e tecnologiche al fine di mitigare l’inquinamento atmosferico e favorire un’economia sostenibile. È fondamentale per l’Italia avvalersi del supporto proveniente dai finanziamenti europei previsti dal programma Next Generation EU destinati alla ripartenza post-Covid, per proiettare le proprie città verso una pianificazione urbanistica intelligente e sostenibile che non lasci indietro i territori e le fasce sociali più vulnerabili.
La ricerca analizza come l’Italia sia ancora poco green dal punto di vista della qualità dell’aria: secondo le ultime valutazioni annuali dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA 2022) l’Italia deve diminuire drasticamente i livelli di PM10, PM2.5 e il biossido di azoto (NO2) e compiere passi concreti verso una Transizione Ecologica e Smart dei centri urbani, in particolare modo attraverso interventi effettivi sulla mobilità sostenibile e l’uso dello spazio pubblico.
I dati del report ICity Rank 2021 – Smart Cities in Italia di FPA vedono un’Italia divisa in due: le città del nord e centro del Paese si impegnano a portare avanti la prospettiva green dell’UE che mira a rigenerare gli spazi pubblici e far fronte alla crisi climatica; le regioni del sud continuano ad avere un andamento lento nelle performance ambientali quali inquinamento atmosferico, perdite idriche, mobilità, trasporti pubblici, raccolta differenziata, ed evidenziano un netto ritardo nella trasformazione digitale. In cima alla graduatoria delle 107 città smart più avviate troviamo Firenze, Milano, Bologna e Roma Capitale. Ciò nonostante, i livelli di Polveri sottili e di Biossido di azoto delle 102 città analizzate da Legambiente nel report Mal’Aria (2022), per le quali è disponibile il dato, nessuna al momento rientra nei parametri fissati dall’OMS, nemmeno le città più smart. I livelli sono particolarmente preoccupanti nelle zone di Cremona e Venezia, che dovranno ridurre le concentrazioni del 79%, Milano del 74%, Roma 70%, Ferrara 69%, Bologna 66%, per rientrare nei limiti.
Il Nord e centro Italia si riconfermano i territori maggiormente avanzati in progetti green. A dimostrarlo in primis la città di Milano, che nella classificata globale delle città intelligenti (IMD Smart City Index) si posiziona al 22° posto, insieme a Bologna (18°) e Roma (77°); il capoluogo lombardo resta uno degli esempi più dinamici e proiettati verso il futuro del nostro Paese: continua la realizzazione di nuovi chilometri di piste ciclabili, il miglioramento del trasporto pubblico e del verde urbano. Quest’ultimo, in particolare, è fattore chiave nel contenimento dell’inquinamento atmosferico dei centri urbani: il posizionamento strategico degli alberi nelle aree urbane può raffreddare l’aria fino a 8°C, riducendo le esigenze di condizionamento dell’aria del 30%.
Spiccano tra tutte città come Bergamo e Genova, che nella graduatoria complessiva delle smart cities in Italia (ICity Rank 2021) si posizionano rispettivamente al 4° e 15° posto, sempre più attente negli anni alla trasformazione verde e alla realizzazione di progetti innovativi volti alla tutela delle api.
La città metropolitana di Roma Capitale, al 4° posto a pari merito con le città di Modena e Bergamo, offre invece diverse iniziative green tramite progetti startup come per esempio Fondazione Palugica, che sfrutta le biotecnologie per la difesa del decoro urbano e la riqualifica del territorio, con interventi nelle zone più importanti della capitale come il Colosseo, Circo Massimo, Aventino.
La Regione Emilia-Romagna è la più virtuosa in tutta Italia nell’ambito della raccolta differenziata. Con il Piano Regionale dei Rifiuti 2022-2027, la regione si pone l’ambizioso obiettivo di raggiungere l’80% per la raccolta differenziata ed il 66% per il riciclaggio dei rifiuti, e di ridurre il rifiuto urbano pro capite a 120kg per abitante l’anno entro il 2027, così da poter mitigare i danni delle emissioni gas serra dalle discariche, pari al 10% delle emissioni globali.
La recente pandemia ha messo in atto una vera e propria rivoluzione digitale, dimostrando come anche le persone meno avvezze alla tecnologia possano essere positivamente stimolate da nuove forme di engagement, attraverso l’utilizzo di app, chatbot, realtà virtuali. Ciò nonostante, molti sono stati i progetti pilota e le sperimentazioni digitali adottate che non si sono trasformati in servizi ordinari per i cittadini. Tra i motivi: si è trattato di soluzioni verticali su un ambito specifico con scarsi livelli di interoperabilità con gli altri mondi applicativi; legame labile tra singolo progetto e strategia territoriale (es. comunicazione, governo del dato). Se è vero che l’indice Desi 2021 (Digital Economy and Society Index) mostra un’Italia in forte crescita che recupera posizioni e sale dal 25° posto al 20° posto nell’arco di un anno, dall’altra, alla voce “Capitale umano”, quindi competenze digitali: l’Italia ha un punteggio di 35,1 contro una media UE di 47,1 che la pone al 25° posto (è il dato peggiore per l’Italia sull’indice). Alla luce dei dati Raffaele Gareri, tra gli autori dello studio, afferma: “Mai come in questo periodo vi è una diffusa convinzione che occorra tutti insieme convergere su un obbiettivo comune, con risposte differenziate per ciascuna comunità ma all’interno di un programma nazionale ed europeo che veda nella trasformazione digitale dei processi della nostra vita un passaggio essenziale per ridisegnare i nuovi equilibri delle comunità ed i nuovi modelli di sviluppo per le nostre imprese.”
Le Smart cities e la trasformazione digitale nei servizi delle città sono oramai fenomeno globale. Tra i principali trend in forte crescita troviamo: l’adozione e il perfezionamento di varie forme di partenariato pubblico-privato per velocizzare la diffusione di servizi innovativi che trasformino la vita nelle comunità urbane (tra le città più virtuose ci sono Copenaghen e Amsterdam); l’open innovation promossa da enti governativi, in Italia ad esempio il Mise sostiene lo sviluppo delle “Case dalle Tecnologie Emergenti” attraverso i progetti approvati e cofinanziati di Matera, Torino, Roma, Bari, Prato e L’Aquila per facilitare l’integrazione tra università, istituzioni, startup e player industriali; data governance e policies data-driven, in questo apripista in Italia il Comune di Trento, che per gestire al meglio il servizio di monopattini elettrici condivisi ha sviluppato una piattaforma ad hoc per raccogliere dati, gestire il servizio e pianificarne l’evoluzione.
La sfida principale dell’Italia, dunque, rimane quella di colmare i gap ancora presenti in termini di politiche green ed efficientamento energetico, sfruttando i finanziamenti del programma Next Generation EU. È necessario pianificare al meglio il processo di riconversione ecologica dell’economia italiana affinché si raggiunga una maturità digitale nazionale, ma anche mitigare il problema combinato dello spostamento dei cittadini dalle aree rurali a quelle urbane, e dunque della mobilità sostenibile, con quello della crescita veloce della popolazione mondiale. In questo senso, si stima che la percentuale dei cittadini residenti nei grandi centri urbani potrebbe aumentare dal 55% ad un netto 68% della popolazione globale entro il 2050 (Un Desa), stressando ancora di più la necessità di un radicale ridisegno dei modelli di business. Inoltre, è chiaro che i centri urbani, responsabili del 70% delle emissioni di gas serra, debbano ridurre drasticamente i livelli attraverso dei servizi intelligenti accessibili a tutti i membri della comunità. Per Valerio Mancini, direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School e coautore della ricerca, “chi pensa ancora a città fantastiche dove la tecnologia sarà il fine per raggiungere l’obiettivo, è fuori da ogni realtà, in quanto non ha capito che le città intelligenti sono create per la società, dove la tecnologia è semplicemente lo strumento che ci aiuterà a raggiungere i risultati sperati e affrontare le sfide future”.
La recente crisi pandemica e l’attuale crisi in Ucraina hanno difatti avuto un impatto diretto sia in termini economici che sociali, accelerando la necessità di una responsabilità collettiva che includa una mobilità più smart e sostenibile; in parallelo, il mercato in continua crescita delle app dedicate alla mobilità green ha accentuato sempre più il bisogno di uno strumento unico, condiviso e accessibile a tutti: il MaaS (Mobility-as-a-Service). Questo, in particolare, rappresenta oggi il mercato di forza dell’Italia per attuare la Transizione Verde e Digitale, con stanziati 40 Milioni di Euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per il suo sviluppo.
È altresì vero che l’Italia dovrà continuare a lavorare di pari passo per mitigare le disuguaglianze socioeconomiche che il processo di riconversione socioeconomica rischia di acuire. Il sud è oggi in forte crescita: Napoli, scala la classifica ICity Rank 2021 di 11 posizioni conquistando il 26° grazie al miglioramento nelle app municipali e alla mobilità green dei comuni limitrofi al centro urbano; Messina sale dall’89° posto del 2020 al 62° di oggi. In sintesi, è necessario che anche i territori e le fasce sociali più distanti e vulnerabili non vengano trascurati, bensì siano il punto di partenza per il raggiungimento di una maturità digitale che renda l’Italia più efficiente e resiliente.
In tal senso, è necessario considerare lo sviluppo e l’implementazione delle città intelligenti come un processo inevitabile per rendere sostenibili le aree urbane in continuo sovraffollamento. Un recente report di MarketsandMarkets stima che il mercato globale delle Smart cities raggiungerà gli 873,7 miliardi di dollari entro il 2026, con un tasso di crescita annuale composta (CAGR) del 13,8% per il periodo previsto. Questo processo transitivo deve essere direttamente correlato all’evoluzione socioeconomica e pertanto tecnologica: fortificare la responsabilità collettiva attraverso progetti sostenibili a breve e lungo termine sarà doveroso per allinearsi agli obiettivi ambiziosi che l’UE si è posta per il 2030 e per il 2050, quali alzare al 50-55% il taglio di emissioni di gas serra e definire una legge Europea per la neutralità climatica. E non solo, poiché la crescita dei servizi nella città passa soprattutto attraverso lo sviluppo delle piattaforme digitali, cresce la necessità che le comunità nazionali e locali pongano sempre maggiore attenzione alla regolamentazione: “le nuove smart cities e communities dovranno presidiare con una ferma e costante azione politica e amministrativa per orientare tutti gli altri ambiti di sviluppo e generare un impatto positivo in termini reali di inclusione, sostenibilità e qualità della vita sociale”, afferma Gareri.